Una ricapitolazione dei temi dell’insegnamento [IF83.4focus]

[…] Ma il nostro scopo non è quello di dirvi «Le cose stanno così perché le diciamo noi!»: una posizione di questo tipo è troppo comoda e facilmente strumentalizzabile al fine di ottenere, mantenere e, possibilmente, perpetuare l’acquisizione di potere sulla mente delle masse. 

Noi vogliamo, più semplicemente, che voi accettiate le nostre proposte filosofiche anche perché le sentite vere, logiche e possibili, non solamente perché esse fanno vibrare dentro di voi quelle corde che parlano alla vostra speranza, alla vostra solitudine, al vostro desiderio di giustizia in un mondo, spesso, apparentemente ingiusto negli accadimenti. 

Se un ipotetico e, abbiamo detto, irraggiungibile e inconoscibile Assoluto costituisce la base dell’esistente, è comunque forse possibile ipotizzare in maniera accettabile la sua esistenza per altre vie e con altri elementi che non siano semplicemente basati su dogmi ma che, quanto meno, tutti voi possiate in qualche maniera verificare come possibili e reali per vostra esperienza intima e personale costituita, certamente, anche da un atto di fede ma non solo: costituita anche da elementi logici raggiungibili, concatenabili e, come tali, razionalizzabili. […] Vito

Come vi ha detto chi mi ha preceduto, non abbiamo mai voluto che voi credeste semplicemente per fede, ma siamo sempre stati piuttosto attenti a cercare di fornirvi agganci alla vostra realtà, dati che potevano essere percepiti come oggettivi nella vostra mente, talvolta facendolo in maniera diretta, talaltra in maniera più indiretta. 
Riesaminiamo i vari concetti assieme. 

Il concetto di Io, pur essendo costituito da una sorta di duplicità (illusorio perché fittizio, reale perché vissuto come tale) è facilmente riscontrabile: basta osservare se stessi per rendersi conto che spesso si reagisce agli avvenimenti della vita in maniera da dare un’immagine di che non è veritiera. Il fatto che questo sia, alla lunga e quasi sempre, fonte di problemi e di dolori per l’individuo, è il motivo per cui abbiamo puntato il dito su di esso cercando di farvelo riconoscere, dal momento che riconoscere la fonte del proprio dolore è già un buon passo avanti nell’arrivare ad attenuarlo, se non a eliminarlo nel tempo o, quanto meno, a farlo durare meno a lungo. 

Sul concetto di evoluzione non mi sembra sia il caso di spendere poi molte parole affinché voi possiate avere degli elementi logici, razionali per comprenderlo e accettarlo. 
Un esempio su tutti, immediato e comprensibile a chiunque: osservando il voi stessi di oggi e paragonandolo al voi stessi di vent’anni fa il cambiamento non può che essere evidente in maniera incontestabile. 

È lapalissiano che il vostro corpo sia mutato: se non bastasse il cambiamento visivo del vostro corpo (per esempio qualche chilo di troppo o qualche migliaio di capelli che mancano all’appello) tanti altri piccoli segni vi indicano il mutamento rispetto a vent’anni prima a un livello meno visivo ma, tuttavia, nettamente percepibile e indicativo di nascosti mutamenti interni operanti a livello fisiologico: una minore resistenza alla fatica, un diverso senso dell’appetito, mutate esigenze sessuali… 

Se è evidente il cambiamento fisico-fisiologico, lo è altrettanto quello emotivo. Spesso l’individuo non se ne rende conto perché aggiorna continuamente l’immagine che egli ha di sé e non pone attenzione ai propri mutamenti a meno che non incontri degli ostacoli ai suoi bisogni e, quindi, della sofferenza, eppure anche la vostra emotività è cambiata nel tempo: ciò che un tempo vi divertiva adesso vi è magari indifferente, il tipo di musica che vi coinvolgeva dandovi emozioni è diverso, siete diventati magari più facili alle lacrime o più colpiti dal dolore degli altri o più rattristati o rallegrati dalle vicende di chi incontrate.

La vostra emotività, senza ombra di dubbio, non è più la stessa di vent’anni fa (che sia migliore o peggiore, è un non senso chiederselo): la vostra emotività è conseguente ai bisogni che avete, quindi è quella più adatta – epoca per epoca, se non addirittura momento per momento – alle esperienze che dovete attraversare. 

E il vostro modo di pensare? Molto spesso pensate o vi viene detto che siete sempre gli stessi e la pensate sempre allo stesso modo. Niente di meno vero: la manifestazione può anche, apparentemente, essere la stessa dal momento che è armonizzata con la vostra base caratteriale fornita da imprinting e istinto, ma in realtà il vostro modo di pensare, di ragionare, è comunque ben diverso da quello di vent’anni prima, perché le esperienze attraversate vi hanno fornito nuove sfumature, ulteriori prospettive, più complessa capacità di ragionamento. In fondo, anche solo il fatto di avere usato per vent’anni il vostro pensiero non può che, come minimo, avervi insegnato a maneggiarlo in maniera migliore. 

Ma attenzione: non si tratta di cambiamenti a sé stanti, bensì del risultato di tanti piccoli cambiamenti graduali che vi hanno trasformato fino a farvi essere ciò che attualmente siete. E questa, se ci pensate bene, non è altro che la definizione del concetto di evoluzione. 

Un po’ più difficile è, secondo me, fornirvi una prova tangibile dell’esistenza della reincarnazione

Alcuni tra voi possono avere avuto l’esperienza diretta d’immagini improvvise che sono balenate alla coscienza e che sono estranee alla vostra vita attuale. Altri si sono trovati improvvisamente e inspiegabilmente attratti da persone sconosciute senza un motivo apparente, oppure hanno provato una subitanea repulsione verso determinate persone senza elementi oggettivi a cui fare riferimento.

Altri ancora si sono trovati in posti che sentivano di conoscere come se vi avessero trascorsi lunghi anni senza, in realtà, esservi mai stati: tutti elementi indicativi di altre esistenze, di altri rapporti con altre persone e luoghi che, se pure talvolta possono avere altre spiegazioni di tipo prettamente psicologico, molte volte sono, invece, brevi affioramenti alla coscienza di ciò che si è vissuto in precedenti esistenze. 

Per chi non ha mai avuto questo tipo di sensazioni (ma penso che le abbiate avute tutti, solo che, spesso, fanno un po’ paura e, quindi, si tende a cancellarle dalla memoria) non resta che la via della logica: il dolore che c’è nel mondo, la disparità di vita tra un individuo e un altro (uno ricco, uno povero, uno felice, uno disperato…) possono essere razionalmente (e non per dogma: troppo spesso la religione se l’è cavata dicendo che era Dio che lo voleva, certamente non fornendo a Dio un look molto raccomandabile) comprese e accettate soltanto pensando che si vive più volte e che quello che non si ha avuto in questa vita si ha avuto in una precedente, o si avrà in una successiva. 

L’esistenza dell’imprinting è stata accertata addirittura a livello scientifico (la scienza, nella sua presunzione, molto spesso pensa di sapere e non sa, ma qualche volta – anche – sa e non si rende conto di sapere qualcosa di ancora più importante di quello che pensava, perdendo occasioni d’oro per approfondimenti che sarebbero stati portatori di nuovo sapere): già anni fa Konrad Lorenz ha descritto il meccanismo dell’imprinting partendo dall’osservazione delle oche. Per carità: non pensate che vi abbiamo trattato come oche; semplicemente, dal momento che affermiamo che tutti, nel corso dell’evoluzione passiamo dal regno animale, era logico che l’imprinting riscontrato a livello animale da Lorenz avesse un qualche perché e una qualche influenza anche sull’essere umano! 

Lo stesso ragionamento vale per l’istinto. Non c’è bisogno che ve lo dica la scienza che l’istinto esiste e non appartiene solamente agli animali ma è anche una delle componenti dell’essere umano: provate ad avvicinare una mano al fuoco liberando la mente da qualsiasi pensiero e vedrete che, appunto istintivamente, ritrarrete la mano per non bruciarvi. Voi potreste obiettare: si tratta semplicemente di una reazione al calore dettata dall’esperienza, tant’è vero che il bambino con facilità può bruciarsi, in questi casi l’istinto dov’è finito? 

Bravi, se avete fatto quest’osservazione, avete adoperato bene il vostro corpo mentale, perché, senza dubbio, questo fatto sembrerebbe una contraddizione. 

In realtà non è così. È noto che, mettendo un neonato nell’acqua profonda senza nessun sostegno, la piccola creatura immediatamente (e quasi sempre senza spaventarsi) trattiene il respiro e abbozza i movimenti del nuoto. Questo è inoppugnabilmente la prova che viene messo in atto un istinto che agisce al di là della consapevolezza cosciente del neonato. 

Resta inspiegato perché il bambino non sempre reagisca spesso altrettanto istintivamente al fuoco o al calore bruciandosi. I motivi possono essere diversi ma uno, secondo me, è essenziale: tutti abbiamo avuto qualche esperienza animale in corpi che vivevano nell’acqua, ma non è detto che tutti possiamo essere stati animali venuti a contatto con il fuoco, dal momento che il fuoco in natura non è una condizione così facile da incontrare. 

Ed eccoci, infine, agli archetipi. Che gli archetipi transitori esistano direi che non avreste motivo per dubitarne. La vostra società è costituita su di essi: ogni idea o modello a cui fa riferimento un gruppo di essere umani per dare un indirizzo a certi aspetti della sua vita può essere considerato un archetipo transitorio. 

È evidente che, come vi abbiamo detto, essi si modificano nel tempo (il modello fornito dalla religione cattolica che, ancora oggi, influenza e indirizza la vita di molte persone, non è certamente lo stesso proposto dalla religione cristiana delle origini da cui afferma di discendere), così come è evidente che uno stesso individuo può aderire alle vibrazioni di diversi archetipi transitori contemporaneamente e da questo fatto è ovvio che si abbia la spiegazione della varietà di situazioni sociali che possano presentarsi.
Tutto, insomma, ben evidente sotto gli occhi di chi voglia non solo osservare ma anche capire. 

Un maggior grado di difficoltà può comportare darvi qualche elemento palpabile che vi faccia comprendere in concreto l’esistenza degli archetipi permanenti
Questi sono idee o modelli vibratori più ampi, dalle qualità vibratorie tali che influiscono, agiscono, indirizzano non gruppi più o meno grandi di persone ma l’intera razza umana. 

Vi siete mai chiesti perché ci sono persone che sacrificano la propria vita, nell’impulso irrefrenabile di un attimo, per salvare, che so, la persona che sta finendo sotto un treno? Errore nell’istinto di conservazione? Inconscio istinto di morte portato alle estreme conseguenze? Mitizzazione del concetto di eroe? 

Vi garantisco che se fossero questi i motivi sarebbe ben difficile per l’individuo scavalcare l’istinto di vita, forse l’istinto più forte che l’individuo acquisisce nelle varie incarnazioni. Tanto più che, trattandosi di azioni seguite a impulsi improvvisi, sono soggette proprio per questo più di altre alle reazioni istintive. 

Si tratta, perciò, di reazioni sì, apparentemente istintive, ma che devono risalire a qualche cosa di più del semplice istinto. Quel qualcosa di più è ciò che proviene dalla coscienza, dal corpo akasico dell’individuo, che, a sua volta, è quello più direttamente in grado di reagire (nel momento in cui, per evoluzione raggiunta, è in grado di comprenderli) ai dettami provenienti dagli archetipi permanenti.

In questo caso l’archetipo permanente dell’amore per le altre creature diventa più forte di qualsiasi istinto l’individuo abbia al suo interno, scavalcando la sua razionalità, la sua emotività e, spesso, anche i limiti fisici della persona stessa che, infatti, di frequente, dimostra una forza che sarebbe stata inimmaginabile. 

Ecco, creature, questo è un buon esempio dell’influenza degli archetipi permanenti e, nel contempo, un buon esempio di come essi possano agire sul singolo individuo pur esistendo per agire sull’intera razza. Scifo

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Leonardo

Ottimo ripasso che dà la possibilità di focalizzare l’attenzione su quanto di più importante fin pubblicato. Grazie.

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