Una definizione di ‘sentire’ e di ‘coscienza’ [A66]

D – Ma è davvero possibile capire cosa sia il sentire semplicemente ragionandoci su?
Ragionare sul sentire può aiutare a fornire concatenazioni logiche e suggerire intuizioni che, magari, sfuggirebbero.

Tuttavia non dimentichiamoci che il sentire è al di là del corpo mentale, di cui fa uso per ottenere comprensione ma che non ha, in realtà, la possibilità di comprendere veramente qualcosa che sfugge alle possibilità dei suoi schemi mentali. È come ragionare su Dio: il ragionamento ci può avvicinare alla percezione dell’Assoluto, ma non può certamente fornircene la comprensione. Ciò non toglie che è giusto provare a usare la dotazione che ci è stata concessa alla nascita, e il corpo mentale è una di queste dotazioni.

D – Qual è il collegamento tra il sentire e i comportamenti altruistici? Questi sono sempre tali, quindi sono sempre espressioni del proprio sentire?

Come dicono spesso le Guide, bisogna per lo meno fare un distinguo tra il comportamento altruistico come effetto e come azione in se stessa e il comportamento altruistico dal punto di vista dell’intenzione con cui si compie l’azione.

Ora, è chiaro che la ricaduta all’esterno dell’azione altruistica è quasi sempre benefica e di aiuto per chi la riceve, e dico quasi sempre perché talvolta accade che l’azione altruistica finisca con il portare inaspettate e indesiderate conseguenze negative.

Ma se si osserva l’azione altruistica in base all’intenzione che l’ha smossa, cosa di pertinenza dell’individuo che la compie, prescindendo dalle conseguenze cui dà vita, allora risulta evidente il suo collegamento col sentire. Però, a un’analisi approfondita e obiettiva, altrettanto evidentemente può risultare che l’azione compiuta non era davvero e semplicemente altruistica, ma possedeva molte connotazioni individuali di egoismo (che so io, l’aiutare l’altro per evitare le ricadute del suo malessere su di noi, per esempio).

Fino a quando si è incarnati e si possiede un’Io, credo che non possa esistere un comportamento veramente altruistico, tranne, forse, nei rari casi in cui esso viene messo in atto con tale impulsività che l’Io non riesce a modularlo secondo i propri bisogni. Invece si tende a considerare il comportamento altruistico come un’espressione del sentire, dimenticando che il sentire difficilmente arriva a manifestarsi in maniera “pura” all’interno del piano fisico attraverso le nostre azioni. Se fosse davvero così non ci sarebbe alcuna necessità dell’incarnazione.

Più precisamente alla domanda io risponderei sinteticamente che ogni azione altruistica è in parte l’espressione del sentire dell’individuo che la effettua ma non la sua vera e totale espressione.

D – Come si possono distinguere elementi che tendiamo a considerare simili, come “sentire”, “coscienza” e “corpo akasico”? E può essere utile cercare di fare questa distinzione?

Le definizioni possono e debbono aiutare nello scambio di informazioni con se stessi e con le altre persone: trovare definizioni comuni sulle quali impostare un processo logico è necessario e indispensabile per collaborare alla crescita comune.

L’importante penso che sia mantenersi costantemente consapevoli che sono definizioni di comodo che non fotografano esattamente la realtà di termini che tendono a essere influenzati non soltanto dalla percezione soggettiva ma anche, per esempio, dall’ambiente in cui si vive e dagli archetipi transitori cui si è collegati. Per comprendere come ciò sia vero basta pensare alle diverse interpretazioni che son state date al termine “coscienza” a seconda dell’epoca e dell’area sociale in cui veniva esaminato.

Secondo l’insegnamento io direi che le definizioni più semplici da poter adottare siano:

Sentire: proprietà caratteristica del corpo akasico dell’individuo, senso percettivo tipico di questo corpo, così come, per esempio, l’udito è un senso tipico del corpo fisico. Quindi uno strumento che permette certe caratteristiche funzionali del corpo akasico.

Corpo akasico: insieme strutturato di materia akasica collegata all’individuo incarnato che funge da ricettore degli elementi provenienti dall’esperienza sul piano fisico dirigendone le spinte alla ricerca della comprensione.

Coscienza: area del corpo akasico in cui si va strutturando la comprensione via via conseguita attraverso le esperienze sperimentate nel corso di più vite.

D – Il processo di comprensione che appartiene al corpo akasico passa attraverso due tappe intermedie: la conoscenza e la consapevolezza. Dove si possono situare i loro rispettivi campi d’azione?

La conoscenza è in massima parte collegata a uno dei tre corpi transitori in particolare, anche se vi sono delle risonanze con gli altri due corpi. Ad esempio la conoscenza del proprio corpo che è legata essenzialmente al corpo fisico e ai suoi sensi, ma che viene a strutturarsi anche grazie alle emozioni che suscita e alle riflessioni che, di conseguenza, vengono messe in atto.

La consapevolezza appartiene a tutti i corpi inferiori, espletandosi in vari gradi: dalla consapevolezza del proprio corpo fisico, a quella delle proprie emozioni, a quella razionale e intellettiva. È quasi sempre data da elementi trasversali dei vari corpi, intendendo con ciò affermare che essa si acuisce e amplia traendo la sintesi delle risultanze fisiche, astrali e mentali. Di conseguenza il suo campo di azione è ancora legato all’Io.

Non vi è dubbio, invece, che la comprensione è di pertinenza del solo corpo akasico, anche se le conseguenze del suo graduale ampliamento si riflettono sugli altri corpi dell’individuo e possono manifestarsi sul piano fisico attraverso le azioni e le scelte che l’individuo compie.

D – Le Guide una volta hanno detto: “La vostra responsabilità più grande di individui incarnati è quella di manifestare il vostro sentire acquisito”. Ma se questa è la mia responsabilità più grande, e non ho la minima idea di quello che sia il mio sentire, come la mettiamo?

Non è necessario sapere come e quale sia il proprio sentire per poterlo manifestare. La responsabilità che tutti si acquisisce quando si è incarnati è quella di cercare di facilitare la manifestazione del nostro sentire costruendogli percorsi che facilitino la sua manifestazione, e di cercare di rendere questi percorsi il più “scorrevoli” possibile, in maniera tale che esso possa manifestarsi nella maniera più “pulita”.
In quest’ottica è stato portato il concetto di “superamento dell’Io” e quello di “osservazione di se stessi”, oltre all’inossidabile “conosci te stesso”.

D – Che differenza c’è tra l’esprimere il proprio sentire e il lasciarlo fluire?

Direi nessuna: se si impedisce al proprio sentire di fluire non avviene la sua espressione o, per lo meno, la si diversifica da com’è veramente.

[…] D – Il ritorno del sentire dall’akasico verso l’individuo incarnato, per poter modificare la manifestazione dell’Io va a modificare la costituzione dei corpi inferiori o, più semplicemente, ne armonizza le vibrazioni?

Più che modificare la costituzione dei corpi inferiori o armonizzarne le vibrazioni, io direi che il passaggio della vibrazione del sentire orienta le vibrazioni dei vari corpi fornendo nuovo ordine e nuovi schemi vibratori che tengano conto delle nuove sfumature raggiunte e che permettano a queste nuove sfumature di ampliare il campo di azione e di reazione dell’individuo all’interno delle esperienze che affronta. Vito

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Luciana

Un post che fa chiarezza su argomenti di non facile e immediata comprensione. Grazie!

Leonardo

Letto. Questa serie di domande e risposte se in apparenza non aggiunge nulla di nuovo, chiarifica parecchi concetti. Grazie

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