D – La mente è praticamente al servizio dell’Io, per cui mi chiedo: quando si parla della conoscenza di se stessi che può passare attraverso l’analisi delle proprie emozioni, questa analisi non viene sempre fatta attraverso la mente? Cioè è il mio Io che va ad analizzare le emozioni…
Sì, hai ragione, potrebbe essere così; anzi, molte volte è così e abbiamo anche detto che il «conosci te stesso» può essere usato, poi, alla fin fine, per diventare un modo per non guardare dentro di sé, una scusa per non guardare dentro di sé nel modo giusto.
Però, vedi, l’analisi delle proprie emozioni – come dici tu – è fatta certamente, finché si è sul piano fisico, attraverso l’ausilio della propria mente, ma voi vi riferite solamente alla parte cosciente della vostra mente.
Tutto quello che elabora la vostra mente non vi arriva alla coscienza (consapevolezza, ndr); voi non vi rendete conto di tutti i pensieri, di tutte le cose che pensate, ma soltanto delle parti che, di volta in volta, il vostro Io lascia trasparire per l’esecuzione degli atti che ritiene utili nel corso della vita che state vivendo.
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Vi è, invece, tutto un retroterra di pensieri della vostra mente che analizza l’esperienza, la sensazione, l’emozione, il desiderio e via dicendo in maniera molto più complessa ed è tutto questo insieme di elementi, quelli più inconsci e quelli più consci, che portano dati al corpo akasico; non soltanto, dunque, ciò che è cosciente nella vostra mente di un Io incarnato sul piano fisico.
Ecco, quindi, che il lavorio è molto più complesso e se la vostra mente è abituata, è allenata a osservare con una certa critica, un certo giudizio quelle che sono le vostre reazioni alle esperienze, al vostro corpo akasico arriveranno più dati e sarà poi il corpo akasico che riuscirà a percepire quali sono quelli giusti, che si incastrano al posto giusto, e a rimandare indietro quelli che invece non hanno nessuna importanza, nessuna influenza nuova, nessun dato nuovo da portare alla sua comprensione.
[…] D – Dicevi prima che la comprensione non sempre avviene a livello mentale e, riportandomi alla mia esperienza, quando penso di aver capito delle cose a livello mentale, però poi queste cose non passano, non le riesco a vivere, allora io mi chiedo: quand’è che questa comprensione diventa parte del mio sentire e quindi veramente sentirò, comprenderò quello che capisco mentalmente? Mi sembra spesso di essere sempre ferma a dei livelli mentali e che poi queste comprensioni non passino nel mio sentire, quindi non producano una modificazione nel mio modo di stare nelle cose.
Vedi, una delle cose più rigide nelle componenti dell’individuo è la concezione che ha l’Io di se stesso. L’Io dell’individuo ritiene, in partenza, se stesso meglio di tutti gli altri, ritiene se stesso al di sopra: concezione rigida, che deve essere immodificabile perché meglio di così non può essere. Chiaramente è una concezione sbagliata perché voi siete diversi sempre, attimo dopo attimo.
Ora, questa posizione dell’Io però agisce sui vostri corpi inferiori e agisce su quella parte di corpo mentale, di cui parlavo prima, che è quella che elabora i vostri pensieri coscienti. Certamente la comprensione di un determinato comportamento che provoca dei problemi, ad esempio, può apparire compresa in qualche modo attraverso i meccanismi dell’Io a livello cosciente, però quando si continuano a fare gli stessi errori questo significa che questa comprensione non è completa.
Significa che, certamente, la parte cosciente ha elaborato magari qualche punto anche importante di quello che si sta sbagliando, ma vi sono ancora, tuttavia, delle sfumature, dei punti particolari che non sono stati compresi e, non essendo stata compresa l’esperienza nella sua totalità il cambiamento ancora non è quello che ci si attende.
Vi è, quindi, una sorta di stallo, quella che noi poi definiamo «cristallizzazione», per cui l’esperienza continua a ripetersi, a ripetersi, a ripetersi fino a quando non ci si riesce a svincolare da questa posizione un po’ rigida dell’Io e a trovare l’aggancio con queste comprensioni di piccole sfumature che possono portare alla comprensione vera e propria di quell’avvenimento particolare, di quel modo di essere particolare.
È in quel momento che la comprensione si iscrive nell’akasico e allora la situazione magari si ripeterà ancora ma sarà una verifica, questa volta, di quello che si è compreso; ci si comporterà in modo diverso.
Il problema è che molte volte voi non ve ne accorgete, ma la vostra comprensione, ormai acquisita, vi fa comportare in modo diverso; è soltanto che non ve ne rendete conto!
Voi pensate a volte: «Mi capita più volte quest’esperienza con un certo tipo di persone e io mi comporto sempre nello stesso modo, faccio gli stessi errori», ma non è sempre vero questo; molte volte sì, quando veramente non avete compreso, ma molte volte, invece, il vostro comportamento si è andato via via modificando un po’ alla volta.
Questo perché una parte di comprensione è riuscita a passare e l’esperienza continua a riproporsi perché, evidentemente, ci sono ancora delle sfumature che non avete compreso e, quindi, quest’esperienza si presenta apposta per farvi sistemare queste ultime cose.
Come ha detto giustamente una delle Guide negli ultimi incontri, il modo migliore per pregare è quello di assaporare la vita, ma non intendeva di darsi ai baccanali o cose del genere, intendeva «assaporare» nel senso di gustare anche nei particolari quello che si sta vivendo, perché è dai particolari – quando si arriva a un certo tipo di evoluzione – che si riesce a trarre nuovo sentire, non più dai fatti grossi.
Non è più dal fatto di non rubare, ad esempio, che voi potete acquisire «sentire» perché non è il «non rubare» che dovete imparare, quello ormai l’avete compreso; è il fatto che magari ci sono particolari momenti in cui quel «non rubare» deve essere applicato in maniera particolare e quindi dovete comprendere quelle sfumature ancora. Georgei
Secoli e secoli di identificazione tra processo attivo e soggetto ha indotto a pensare che fuori dallo stretto cerchio della consapevolezza attuale ci sia affatto attività.
Questo tipo di antropologia non tiene conto di come nella mente siano presenti dei sottopiani e che quindi l’attività psichica e molto più complessa di quello che immaginiamo e, del resto, tale antropologia non tiene conto neanche del corpo della coscienza, dove in definitiva tutto viene “processato” e all’oscuro della nostra consapevolezza mentale.
In questa prospettiva il ruolo del soggetto come autore di riflessioni da cui scaturiscono comprensioni sembra del tutto marginale.
Interessante, grazie.
Sicuramente questa è una pedagogia semplificata, per facilitare concetti complessi e articolati. Gratitudine per questo difficile lavoro che parte dall’espressione delle Guide e atttraverso vari passaggi, giunge a noi in questo sito.
Vero che non conosciamo tutto il funzionamento della mente anche se la usiamo per analizzare, comparare, osservare, decidere e via e via. Se ne conoscessimo interamente il modo di operare capiremo anche quali comprensioni hanno causato la scomparsa di nostri psicosomatismi.
Invece non è così. Almeno questa e
la mia esperienza