Tu sei il bene e sei il male, l’odio e la dolcezza

Ma io, chi sono in realtà io?
Io sono l’uomo che al mattino sale sull’autobus e si irrita allorché sente gli altri uomini che lo pressano, che lo spingono, che lo urtano inavvertitamente; o sono l’uomo che vede un posto vuoto e preferisce restare in piedi accanto ad esso, pensando che altri abbiano più bisogno di lui di accomodarvi le membra?

Io sono l’uomo che è scontento del proprio lavoro, che vive le sue giornate lavorative in continua tensione con i colleghi, che sorride soltanto allorché stringe tra le mani la busta paga; o sono l’uomo che nel momento stesso in cui si trova solo, nel momento stesso in cui nessuno lo sta controllando, lo sta osservando, si sente pienamente responsabile di ciò che fa, ed opera come se non una, ma mille persone stessero controllando il suo operato?

Io sono l’uomo che si spazientisce con i propri figli perché gli rubano dieci minuti preziosi del suo rilassamento, perché lo aggrediscono al suo arrivo dopo una giornata di estenuante lavoro, e non riescono a comprendere che può essere stanco, nervoso, affaticato; oppure sono l’uomo che sa andare oltre la propria stanchezza, al proprio nervosismo, ai propri bisogni per ascoltare le frasi, magari senza senso, che un proprio figlio gli rivolge per attirare la sua attenzione?

Chi sono dunque io?
Io mi osservo e non mi riconosco.
Io cerco di osservarmi, di ascoltarmi, di essere il più possibile sensibile a me stesso, e faccio fatica, veramente fatica a far luce dentro di me. Federico

Tu sei l’uomo che scopre il suo egoismo e proprio nel momento stesso in cui lo scopre, in cui si rende conto di quanto grande esso sia, si comporta in modo altruista, dimostrando che attraverso la sua scoperta, ciò che egli ha trovato dentro di può venire cambiato, può venire modificato, anche se lentamente.

Tu sei l’uomo che si comporta in modo insensibile verso chi ama, che tende ad appagare più i propri bisogni che quelli di coloro che più gli stanno accanto, eppure contemporaneamente sei l’uomo che in un attimo soltanto riscatta questa sua insensibilità, riuscendo a versare una lacrima per un sorriso in più che gli viene rivolto.

Tu sei l’uomo che cerca di sfuggire le proprie responsabilità, che si dibatte molte volte come un pesce preso all’amo, cercando di scansarle, di evitarle, di demandarle ad altri, di fare tutto fuorché ciò che intimamente sente andrebbe fatto; eppure nel contempo sei lo stesso uomo che, posto davanti ad una situazione cruciale, posto davanti ad un dolore, ad una sofferenza, ad una tragedia, ad un bisogno veramente pressante, si fa carico dell’intera responsabilità del mondo.

Tutto questo tu sei, uomo: tu sei il bene e sei il male, l’odio e la dolcezza, la gioia e la tristezza, ed è proprio da questo tuo essere una dicotomia di sentimenti che puoi trarre la spinta ad essere diverso, che puoi arrivare a comprendere ciò che veramente sei, affinando la tua sensibilità.

Perché ricorda uomo, ricorda figlio mio, ricorda fratello mio che l’Assoluto non è fatto soltanto d’amore, non è fatto soltanto di gioia ma, proprio per il fatto di essere Assoluto, comprende tutto ciò che esiste e siccome tu, uomo, non sei altro che la sua ripetizione, non sei altro che un microcosmo nel macrocosmo, anche in te è normale e giusto che esistano queste diverse tendenze ed anzi sono proprio queste diverse tendenze (così spesso contrastanti e spaventose allorché vengono scoperte) che ti offrono la spinta del dubbio, della sofferenza ed infine della comprensione, fino al raggiungimento di quella vera comprensione che, sola, può farti veramente sentire parte indissolubile del Tutto. Moti

In un giorno lontano ho aperto gli occhi al mondo, ho osservato, ho vissuto, ho goduto le cose che avevo attorno a me, le ho fatte mie, le ho donate agli altri, le ho accettate e le ho rifiutate, le ho desiderate, le ho volute ed ho fatto di tutto per averle.
Le ho guardate, ma non potevo, ma non riuscivo a rendermi conto della mia cecità; esse rappresentavano la forza, la potenza, la volontà d’essere nel mondo; esse rappresentavano la fama, la gloria, il plauso degli altri, il riconoscimento; esse rappresentavano il mio orgoglio, la mia vanità.
Ho chiuso gli occhi, mi sono allontanato dal mondo, non ho più visto cose intorno a me, non le ho più toccate, non le ho più vissute, non le ho più godute, ma mi sono reso conto che nel momento in cui chiudevo gli occhi prendevo coscienza e consapevolezza di non essere più cieco. Romeo

Io vorrei vedere le mie creature felici,
io vorrei che i miei figli avessero, nel corso delle loro esistenze, attimi di vera unione con me
e vorrei che riuscissero a sentire veramente la mia presenza.

Io vorrei che fossero liberi,
liberi da ogni costrizione che loro stessi si creano,
liberi dal dolore nel quale molto spesso tendono a crogiolarsi,
a giocare con un senso quasi masochistico e sadico per creare per se stessi e per gli altri nuova sofferenza.

Io vorrei vederli liberi e sicuri nel loro camminare
perché io non dimentico nessuno, e anche se la mia voce non sempre giunge,
io vorrei che i miei figli avessero la certezza che io sono sempre accanto a loro,
anzi, sono dentro di loro, e quindi è chiaramente impossibile il poterli abbandonare.

Io vorrei che le mie creature diventassero degli uomini maturi,
riuscissero a camminare con la testa alta,
riuscissero a non soffrire per delle piccole cose,
riuscissero a minimizzare gli avvenimenti della vita, nell’esistenza che conducono.

Io vorrei vederli sempre sorridenti e andare incontro alla vita
con la certezza di poter fare tanto per poter dare aiuto a tutti gli altri fratelli,
perché questo amore, questo ricordarsi che sono completamente uguali, identici,
per nulla differenti dai loro fratelli
e che non si può dunque attuare una selezione,
non si può scegliere il migliore o dire qual è il peggiore,
perché non vi può essere comparazione,
in quanto le mie creature sono veramente tutte uguali poiché io sono dentro di loro.

Io vorrei ancora, e chissà quanto tempo ancora aspetterò,
udire le mie creature non più alla ricerca di futili cose che scompaiono assieme alla scomparsa del corpo fisico,
ma vorrei vederli alla ricerca di qualcosa di diverso che li aiutasse ancora a crescere.

Io vorrei vedere le mie creature tenersi per mano
e insieme andare incontro al domani con la certezza di avermi dentro di loro. Michel

E quando avrai compreso che le parole che io mando a te
non devono restare soltanto per te delle semplici parole.
E quando avrai compreso che nelle parole che io mando a te
non v’è soltanto un significato,
ma migliaia di significati che tu potrai scoprire.
Quando avrai compreso tutto questo, figlio mio amatissimo,
potrai finalmente alzare gli occhi e cercarmi,
e potrai pure star certo che allora mi troverai!
Florian


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Samuele

“l’Assoluto non è fatto soltanto d’amore”. Dopo decenni di smaronamento, di introiezione del fatto che Dio è amore, questa frase sortisce un duplice effetto: da un lato grande liberazione per sentire legittimate anche le parti di te più “raglianti” e per respirare un Dio non costretto nella categoria riduttiva della bontà e quindi respirarlo più vero. Dall’altro un senso di ribellione di fronte a Dio per la tanta, troppa sofferenza che c’è nel mondo. Non sulla mia persona a cui sinora sono state comminate pene sopportabili ma penso agli innumerevoli agonizzanti, terrorizzati, ecc. Lì marco il mio limite di comprensione e registro ribellione, protesta. Le accolgo, le osservo come energie da incanalare, confidando si rivelino foriere di nuove comprensioni. Grazie.

Alessandro

Nell’ultima invocazione di Florian, la certezza di trovare l’Unità in me vacilla.
Ho lasciato perdere dopo un periodo di vita in cui era così forte questo anelito che non c’era mattino in cui mi svegliassi o notte in cui mi addormentassi che non fosse il primo e l’ultimo pensiero.
Oggi sbarco il lunario come posso.
Se ci penso, come questo post mi induce a fare, non so darmi una risposta, se è un errore quello di non alzare più gli occhi o invece non è una età matura in cui ho lasciato perdere tutto questo non senso di cercare l’Unità, queste fantasie da circo.
Autenticamente sento che l’Uno posso trovarlo solo nelle pieghe del quotidiano quando questo sembra insignificante e routinario, ma nello stesso tempo mi piacerebbe anche che ci sintonizzassimo tutti insieme verso quelle frequenze che aiutano a ricordare, quando siamo soli nel nostro quotidiano, che c’è molto altro.

natascia

Svanisce ogni mania di perfezione, se per perfezione intendo l’essere giusta, amorevole, accogliente. È nella dicotomia che ho la possibilità di apprendere. Oscillando dall’uno all’altro stato del divenire, mi scopro e mi conosco. Posso pian piano accogliere le parti di me che ritenevo sbagliate, per riconoscerle utili alla comprensione che mi porterà all’unità. Col tempo, la pretesa del dimostrare a se stessi e agli altri il proprio valore viene meno. Non siamo noi giudici di nessuno. Mano a mano che demolisco tutta l’impalcatura dell’apparire, per cercare di scendere nella profondità dell’essere, posso lasciare spazio all’espressione della gioia, della rabbia, del dolore, della paura, della stanchezza e dell’energia, perché riconosco che è solo una parte di me, fa parte della rappresentazione. C’è molto altro ed è ciò che mi fa alzare gli occhi al cielo ogni giorno.

Catia Belacchi

Questo post dice chiaramente che non esistono il bene e il male, ma solo gradi diversi di comprensione. I nostri limiti rappresentano il non compreso, perciò sono un vero pungolo per il nostro lavoro quotidiano. Certamente ci sconcerta il perché la comprensione debba avvenire attraverso il dolore e la troppa sofferenza che si vede nel mondo, come dice Samuele. Per usare una metafora, o meglio il mito, se l’uomo fosse rimasto nel Paradiso terreste, ignaro e inconsapevole, non avrebbe mai saputo chi in effetti è, avrebbe continuato a vivere come un automa, senza rendersi conto di essere un tutt’uno col Creatore e le creature. Il ciclo delle rinascite, ha dato a me la risposta del perché del dolore e della sofferenza. Oggi guardo con più fiducia e serenità agli accadimenti del mondo.

Roberto D’Errico

Grazie per questi brani . Da ragazzo ero alla ricerca della perfezione attraverso la rinuncia e la lontananza dalle occasioni di “peccato” . Questo mi ha dato per un certo tempo l’illusione di viaggiare alla velocità della luce in campo spirituale . C’era un Dio che castigava per i nostri errori e a cui rivolgersi per essere purificati attraverso la confessione . Ora so che la perfezione non esiste secondo i criteri umani , che la mente crea le categorie , che non c’è alcun Dio che ti punisce per ciò che fai o non fai , che il male ed il bene nel mondo non sono castighi o concessioni divine ma fatti , fatti che ci interrogano , che non esistono limiti se non quelli che tu riconosci e che quando ne diventi consapevole sei tenuto per te stesso a superare , che senza l’altro non puoi arrivare a conoscere i tuoi limiti . Grandi passi sono stati fatti . Innumerevoli ancora da farne .

Alessandro

Sarebbe stato più chiaro se avessi messo un ‘per quando siamo soli nel ns quotidiano’.
Intendo dire che se in quelle preziose occasioni in cui siamo fisicamente tutti insieme l’esperienza di un sentire condiviso con una precisa connotazione diventa tangibile, si ricorda con più facilità.
Quella esperienza può tornare utile in un momento ordinario del ns quotidiano, quando magari a tutto pensiamo tranne che a quello.
Quando ciò in me accade, lo stesso bullone arrugginito che sto svitando e che non vuole venire acquista un altro significato.

Domanda tecnica: quando commento mi chiede ogni volta il mio nome e email mentre prima in automatico comparivano. Ho digitato qualcosa inavvertitamente?

Mariella

Questo post mi aiuta a riposizionarmi davanti al nostro paradigma. Certi dubbi però rimangono. Forse dovrei guardare con più indulgenza la mia parte identitaria, accogliere le mie intemperanze, la non accettazione delle frustrazioni, dovrei non soffocare l’impazienza e a volte la presunzione? Pacificarmi con le illusioni sapendole come tali? Perché anche questa sono io. Come posso procedere verso la leggerezza e la libertà da me stessa con questa zavorra che in certi giorni mi tira verso il basso?

Marco Dellisanti

Mi ritrovo nei concetti esposti, che in qualche modo hanno sempre fatto parte di me e che hanno trovato una sistemazione teorica nel paradigma del Sentiero.
In questo momento mi chiedo però più che altro in che modo la lettura di questo e degli altri post possano concretamente aiutarmi ad accettare le parti buie di me, in modo che le parole, come dice il post stesso, non rimangano solo parole…

Anna

Osservazione e’ il concetto che scaturisce dalla lettura, in particolare dal commento di Marco.
E’ attraverso l’osservazione dei nostri comportamenti e delle nostre reazioni su tutti I piani d’ esistenza che troviamo la chiave di lettura della realta’, e’ un lavoro continuo e senza fine che ci modella dolcemente a volte senza rendersene conto ,senza apparente risultato ma ,come si diceva proprio questi giorni, e’ la perseveranza che compie il miracolo.

Nadia

“Tutto questo tu sei, uomo: tu sei il bene e sei il male, l’odio e la dolcezza, la gioia e la tristezza, ed è proprio da questo tuo essere una dicotomia di sentimenti che puoi trarre la spinta ad essere diverso, che puoi arrivare a comprendere ciò che veramente sei, affinando la tua sensibilità.”
Consapevoli di essere un microcosmo…nulla da aggiungere…

Sandra

Nell’Assoluto gli opposti si uniscono e nel divenire viviamo gli opposti per comprenderne lo spirito unico, parole che regalano profonda libertà e non perché autorizzano un’ignorante identità a fare ciò che vuole, ma perché mostrano che attraverso il vivere, comprendere e accogliere gli opposti è la strada unica per andare oltre il proprio minuscolo ombelico.

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