L’uomo ha la tendenza a osservare la realtà a compartimenti stagni, spesso slegati tra di loro, senza riuscire facilmente a trovare il collegamento esistente tra i vari settori di esperienza che si trova a dover sperimentare nel corso della sua permanenza all’interno del piano fisico.
Questo accade anche per quanto riguarda le nostre parole; infatti, difficilmente riuscite a integrare l’insegnamento filosofico e l’insegnamento etico/morale, ma tendete a vivere queste due prospettive di osservazione della vostra realtà corrente come due strade parallele che difficilmente si toccano tra di loro, mentre esse si sovrappongono e si completano vicendevolmente, tracciando una strada unica che conduce da un sentire ad un sentire più ampio.
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Prendiamo, come esempio, i due concetti su cui ci siamo soffermati recentemente, ovvero il concetto di “strumento” e quello di “processo”: certamente li avrete catalogati come insegnamento filosofico – e, dal punto di vista concettuale, posso anche essere d’accordo su tale catalogazione – tuttavia, in virtù di quanto vi ho appena detto, essi non sono affatto scollegati da quella che è la vostra vita pratica di tutti i giorni, anzi rivestono una certa importanza per comprenderla meglio e, di conseguenza, per aiutarvi ad affrontare in maniera più utile per il vostro avanzamento interiore gli avvenimenti in cui vi trovate immersi.
È evidente che la società in cui vi trovate a vivere nel corso di questa esistenza sta chiaramente vivendo una fase difficile sia dal punto di vista etico che da quello meramente pratico, e questo avviene (aldilà dell’evoluzione del sentire dei singoli individui) proprio perché è stata attuata un’errata interpretazione dei concetti in questione.
Voi sapete che uno strumento è qualcosa che si possiede per venire adoperato al fine di influire, modificare, indirizzare lo sviluppo della realtà all’interno, per esempio, del piano fisico. Questo significa che ogni strumento è il punto di innesco di un processo: riprendendo l’esempio del martello, è la sua esistenza che permette di avviare il processo che porta alle azioni il cui risultato finirà con l’essere, per esempio, l’inserimento di un chiodo in una parete per poter appendere ad esso un quadro. L’individuo incarnato ha a sua disposizione una quantità notevole di strumenti da poter adoperare per dare il via alla molteplicità di processi che costellano il percorso della sua incarnazione: dal corpo fisico a quello mentale, dal linguaggio alla parola, dal carattere alla scrittura e via dicendo.
Certamente, come abbiamo osservato in precedenza, si tratta di strumenti temporanei che possono anche cambiare grandemente nel corso delle molteplici incarnazioni e, in concomitanza con essi, anche i processi che vengono innescati da questi strumenti temporanei danno vita alla formazione di processi altrettanto temporanei che, pur innescandosi in un particolare momento dell’evoluzione dell’individuo e della società, protrarranno spesso i loro effetti nel tempo anche oltre al periodo temporale in cui vengono usati, contribuendo a quella catena di causa-effetto che costituisce il filo di unione del percorso evolutivo della razza umana.
A questo protrarsi nel tempo dei processi che scaturiscono dall’uso degli strumenti contribuisce, indubbiamente, la formazione degli archetipi transitori che estendono la loro esistenza per più o meno ampi periodi di tempo, dal momento che la loro formazione ed esistenza è strettamente collegata alla necessità di sperimentazione di qualche particolare aspetto delle aggregazioni di sentire che ne determinano la costituzione influendo, di conseguenza, non solamente sul percorso di sviluppo individuale di ogni sentire che all’archetipo transitorio è collegato ma anche – e in maniera decisamente importante – sui percorsi di sviluppo sociale all’interno della storia dell’uomo parallelamente con il dipanarsi della sperimentazione degli archetipi transitori.
La scorretta interpretazione del rapporto tra strumenti e processi nell’epoca attuale
Vi chiederete certamente per quale motivo ci stiamo dilungando su questo argomento in apparenza secondario; il fatto è che la crisi attuale che sta vivendo l’intera umanità può essere rapportata a un concetto relativamente semplice, ovvero il fatto che essa è scaturita dalla scorretta interpretazione del rapporto che vi è tra ogni “strumento” e i “processi” che ne derivano.
Per cercare di non riferirci soltanto a concetti teorici vediamo se riusciamo a chiarire quello che sto tentando di trasmettervi parlando di qualcosa di apparentemente meno “filosofico” e più pratico. Uno degli strumenti temporanei che l’uomo ha creato per gestire la proprietà e l’economia nel corso dei millenni è il denaro (che sia esso cartaceo, metallico, costituito da conchiglie o altro).
Questo strumento – indubbiamente collegato all’archetipo del potere, in quanto la sua maggiore o minore quantità definisce quasi sempre i rapporti del vivere sociale – ha finito per vedere modificata la sua percezione di strumento e, quindi, di mezzo, per apparire sempre più simile, invece, ad un processo, che, non dimentichiamolo, non è fine a se stesso ma tende sempre al raggiungimento di un particolare fine.
Ci ritroviamo al cospetto di un concetto che vi avevamo già presentato diversi anni fa, allorché avevamo parlato delle organizzazioni, sottolineando che le organizzazioni, anche quelle basate su avanzati concetti spirituali, finiscono col diventare non più degli strumenti per perseguire il fine annunciato, bensì il fine stesso, col risultato di rendere l’organizzazione uno strumento il cui processo principale diventa la sopravvivenza di se stesso, in questo caso dell’organizzazione, perdendo di vista il vero processo di partenza.
È quello che è accaduto, per esempio, in questi due millenni al cristianesimo: esso aveva come strumento il Vangelo (talvolta non correttamente interpretato o con errori di traduzione nel passaggio dalla tradizione orale a quella scritta ma, pur tuttavia, con un corpus di insegnamento etico-morale molto ampio e universalmente valido, sia ai tempi in cui il Cristo predicava, sia ai giorni vostri).
Dall’uso dello strumento Vangelo sono scaturiti i processi che hanno portato alla costituzione, nei secoli, delle varie correnti cristiane, ognuna delle quali ha adoperato la costituzione di un altro strumento temporaneo (l’organizzazione delle varie Chiese) pensato come il mezzo necessario per espandere e portare all’intera umanità le parole del Cristo. Solo che, un po’ alla volta, lo strumento primario, cioè il Vangelo, ha perso la sua centralità nella concezione religiosa cristiana, centralità che ha finito con l’essere attribuita alla sopravvivenza delle organizzazioni ecclesiastiche, col risultato che il messaggio del Vangelo ha finito col restare in ombra e che lo strumento temporaneo “Chiesa” è diventato contemporaneamente strumento, processo e fine.
Sembra che, attualmente, il papato (2013, Bergoglio, ndr) stia ritornando sui suoi passi, cercando di riportare al centro dell’attenzione lo strumento Vangelo e io che sono sempre stato spiccatamente anticlericale perché ho sempre pensato che non vi debbano essere intermediari di alcun tipo nel rapporto tra l’individuo e l’Assoluto, se non la coscienza, il sentire della singola persona – devo dire che ho apprezzato la citazione di San Francesco: “Andate e diffondete il Vangelo, se è il caso persino con le parole” sottolineando con queste poche parole che il modo migliore per farlo era il proprio comportamento e l’esempio che esso fornisce agli altri che osservano.
Ritornando a quanto stavamo dicendo, le stesse osservazioni possono essere fatte a proposito dello strumento “denaro”: esso doveva essere un mezzo per aiutare i rapporti sociali, per universalizzare il benessere permettendo ad ogni individuo di gestire la propria vita e i propri percorsi avviando i processi che gli erano necessari di volta in volta per conseguire maggiore evoluzione e maggiore comprensione.
Ma, anche in questo caso, il denaro da strumento è diventato processo che tende a un fine che è riconducibile, ancora una volta, al conseguimento dello strumento stesso, fornendo il più classico esempio del serpente che si morde la coda in un circolo sempre più vincolante e difficile da spezzare.
Questa confusione dei concetti ha dato origine a gran parte dei problemi sociali che attraversano trasversalmente l’intera umanità attuale: dalle guerre per il petrolio agli atti terroristici, dallo scriteriato depauperamento delle risorse al degrado ambientale, dall’inaridimento dei rapporti personali e sociali alle lotte tra poveri, in una spirale che, se non interrotta (e, purtroppo, è probabile che ciò possa avvenire solamente in maniera dolorosa, dal momento che l’esistenza è una severa maestra) condurrà a processi di faticosa percorrenza. Gli strumenti, in se stessi, non hanno alcuna valenza etica: essa è presente, però, nella maniera in cui viene adoperato ogni strumento.
E questo ci riporta al concetto di responsabilità individuale, dal momento che ogni individuo incarnato possiede una dotazione di strumenti atti a vivere la sua vita: sta ad ogni uomo, singolarmente, farne il migliore uso che gli è consentito dalla sua evoluzione e dal suo sentire.
Questo, in fondo, non è altro che il concetto di dono che vi abbiamo presentato di recente e che si rifà, com’è evidente, alla parabola dei talenti: i vostri talenti non sono importanti in quanto tali, ma diventa estremamente importante la maniera in cui essi vengono adoperati per creare unione, pace, uguaglianza, libertà, giustizia e fraternità e non, come deriva dall’identificazione dello strumento con il fine, prevaricazione, ingiustizia, oppressione, distruzione, violenza e asservimento.
È venuto il tempo, per ogni uomo che si interroga sul suo futuro e su quello delle persone che ama, di incominciare a cambiare lui, personalmente, la sua sperimentazione dei processi esistenziali che percorre. Per citare noi stessi e, in particolare il fratello Scifo, “se volete cambiare la vostra vita, cambiatela!” perché cambiare la vostra vita significa mettere in moto un’onda di cambiamento che toccherà non solo coloro che vi sono più vicini, ma l’intera società di cui fate parte. Moti
Sento ogni parola di questo testo e cerco, nel mio piccolo di metterlo in pratica. Non mancano errori, limiti di comprensione, avvilimento a volte. Ma altro non posso fare se non cercare di mettere in pratica ciò che sento coerente con la mia coscienza.