La teoria, in fondo, è semplice: un’incomprensione e la conseguente errata interpretazione e decodifica dei dati che il corpo akasico riceve dalle vibrazioni provenienti dalla Vibrazione Prima si riflettono nei corpi transitori, dando luogo a dei blocchi, dei vortici vibratori all’interno di uno dei corpi inferiori dell’individuo incarnato.
Questi vortici creano un impedimento più o meno importante nel fluire delle vibrazioni, arrivando a interessare non il solo corpo in cui il vortice vibratorio si è formato, ma anche la materia degli altri corpi inferiori che ha un collegamento con la porzione di materia in cui il vortice è posizionato.
Il processo akasico/fisico non può venire mai completamente interrotto, altrimenti l’evoluzione dell’individuo non avrebbe alcuna possibilità di continuare, e questo significa che gli effetti del vortice vibratorio, comunque sia, devono arrivare a manifestarsi all’interno del piano fisico, in maniera tale da permettere all’individuo di interagire con l’esperienza che via via gli si presenta e, da questa interazione, trarre elementi utili da riportare al corpo della coscienza sotto forma di informazioni.
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Tale manifestazione non può essere, chiaramente, che una manifestazione attuata dai corpi che danno vita all’ingannevole percezione, da parte dell’individuo, di essere un Io in qualche maniera diverso e separato da ciò che è al di fuori di se stesso, quindi non può essere altro che una manifestazione dell’illusione, cioè dell’Io.
La conseguenza di questo processo interno dell’individuo, come abbiamo osservato in precedenza si concretizza dando luogo a quelli che abbiamo definito somatismi (e questo ragionamento, ovviamente, è valido sia per quanto riguarda i somatismi fisici che per quei somatismi che abbiamo definito comportamentali). I somatismi, per loro stessa genesi, sono l’esteriorizzazione degli effetti vibratori di una incomprensione e, di conseguenza, esaminare il somatismo significa, alla resa dei conti, esaminare la mancata comprensione che sta alla sua base.
Accompagnato a ogni somatismo, avevamo detto, si può trovare sempre un senso di colpa, il quale scaturisce dal raffronto tra il modello presentato all’attenzione del corpo della coscienza come “giusto” in maniera indubitabile per la percezione che esso ne ha, e il comportamento messo in atto dall’individuo nella sua reazione nei confronti dell’esperienza affrontata.
Il primo aggancio con il concreto è, dunque, il somatismo in quanto è la parte dell’intero processo che maggiormente è disponibile all’osservazione messa in atto dall’individuo su se stesso. L’aggancio successivo può non risultare altrettanto evidente all’osservatore ma, partendo dal presupposto della sua esistenza in concorso con il somatismo, può essere ricercato e individuato.
Tale aggancio è il senso di colpa che, scaturendo dal raffronto con i dettami della Vibrazione Prima può portare ad avvicinarsi a quale sia il settore del sentire del proprio corpo akasico che è deficitario come comprensione e che, di conseguenza, ha portato a quell’errata decodifica delle informazioni portate dalle vibrazioni la cui conseguenza finale, all’interno del piano fisico, ha dato origine al somatismo.
Come potete notare, si tratta di una semplice conseguenza logica la quale, tuttavia, traccia un percorso completo cui è possibile fare riferimento per individuare, quanto meno, quale sia la porzione di sentire del corpo akasico che ha bisogno di essere ampliata e maggiormente compresa.
Questo è il cammino dell’osservazione che ognuno di voi può effettuare su se stesso: mi rendo conto di poter risultare noioso e ripetitivo ma ritengo necessario che quanto ho appena riassunto vi risulti chiaro e privo di illogicità (non dimentichiamo mai che la Realtà, per sua natura, non può essere mai né frammentaria né illogica), altrimenti vivrete il nostro parlare come una semplice esercitazione mentale senza una reale possibilità di applicazione nella gestione delle vostre vite, mentre il nostro intento, invece, è proprio quello di farvi arrivare a comprendere che quanto vi stiamo spiegando non è soltanto una teoria filosofica ma ha delle ricadute e delle applicazioni pratiche sulla vostra vita di tutti i giorni.
Supponendo, con il mio consueto ottimismo, che quanto ho detto fin qui vi appaia chiaro, comprensibile e strettamente logico, penso che vi potreste lasciare trasportare da una ventata di soddisfazione pensando: “voilà, il gioco è fatto: il percorso è evidente e si tratta solamente di percorrerlo!”.
Ahimè, creature mie, pur non volendo certamente tarpare le ali alle vostre eventuali sensazioni in merito, non posso che dirvi che le cose non sono così semplici come a prima vista potrebbero apparire e che, come si suol affermare, “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”… Anzi, più giustamente potremmo parafrasare il detto affermando che “tra il dire e il fare c’è di mezzo l’Io”!
Verrebbe proprio da dire che, in verità, l’Io risulta essere veramente un gran rompiscatole e che, se non ci fosse, ogni individuo incarnato avrebbe un cammino più semplice nel perseguire la sua evoluzione.
Potremmo anche dire così, però, diremmo certamente una sciocchezza: se non vi fosse l’Io e l’illusione che esso struttura all’interno dell’individuo, infatti, questi avrebbe delle reazioni molto limitate, se pure non addirittura assenti o sempre identiche, nei confronti delle varie esperienze che gli si presentano. E la conseguenza sarebbe l’instaurarsi di un limitato o assente sviluppo dell’evoluzione non solo individuale ma, addirittura, cosmica. Scifo
Ciclo sul senso di colpa