Riepilogo sulla funzione dei sensi di colpa [A212-sdc30]

Quanto abbiamo detto fin qui costituisce la base teorica che sottende il tema del piccolo corso (neanche poi tanto piccolo, in verità) che abbiamo affrontato e che ha avuto come argomento principale i somatismi.

Resta da rispondere alla domanda che di tutto questo “filosofeggiare” è una logica conseguenza, ovvero in che maniera l’individuo incarnato (e, ovviamente, il suo Io) deve rapportarsi, nella pratica di tutti i giorni, con i suoi sensi di colpa nel corso della sua vita incarnativa.

Dal momento che essi scaturiscono in primo luogo dal corpo della coscienza dell’individuo si può dire che risultano essere, al loro formarsi, interamente inconsci e che l’individuo, di conseguenza, non ne ha la minima consapevolezza.

La prima cosa da fare, quindi, è quella di aiutare il senso di colpa, con l’ausilio dell’osservazione, a compiere il percorso che va dalla conoscenza alla comprensione, portandoli a essere riconosciuti dall’Io come elementi reali, che gli appartengono e sui quali, quindi, si trova in condizione di poter agire.

Nel corso della vostra osservazione incorrerete spesso nell’individuazione di particolari vostre azioni o reazioni a cui non sapete dare alcuna giustificazione accettabile, trovandovi a combattere col tentativo del vostro Io di mascherare le sue manchevolezze fermandosi alle prime risposte che riesce a darsi e che, solitamente, sono quelle che più lo gratificano. 

Se, per esempio, vi trovate di fronte a una situazione in cui dovreste fare qualcosa ma non lo fate, il vostro Io cercherà di convincersi che la risposta più giusta per il suo non agire è semplicemente che non ha voglia di fare quella particolare cosa.

Ma se lo spingete ad andare un po’ più in profondità, chiedendovi magari il perché, e poi il perché del perché e avanti così, come se foste dei bambini che continuano a rivolgere domande a raffica spinti dal desiderio di comprendere ciò che li circonda e che per loro è tanto inesplorato quanto sorprendentemente meraviglioso, il vostro Io finirà col doversi rendere conto che la risposta non era così semplice come avrebbe voluto. 

In fondo, questo semplice esempio non significa altro che ognuno di voi ha bisogno di indirizzare il proprio Io verso il sentiero che porta dalla conoscenza alla comprensione passando attraverso la consapevolezza, aiutandolo a non disperdere la sua attenzione in altre direzioni che al momento risultano essere meno prioritarie e che corrono il rischio di distoglierla da ciò che veramente, in quel momento, necessita e ha la possibilità di comprendere.

Risulta, dunque, indispensabile riconoscere come tali i propri sensi di colpa senza limitarsi a giustificare i propri comportamenti come la semplice conseguenza dell’influenza che l’esterno esercita su di voi, tenendo ben a mente che la relazione tra voi e ciò che a voi è esterno non è a senso unico ma appartiene a un processo di cui siete parte attiva e nel quale avete, sempre e comunque, un qualche tipo di responsabilità.

Il concetto di responsabilità viene spesso vissuto dall’Io come una grande limitazione alla sua libertà, come un estremo ridimensionamento del suo raggio di azione, rifiutandosi spesso, di conseguenza, di accettarlo, con la conseguenza inevitabile che non solo i sensi di colpa già esistenti si rafforzino ma anche che ne nascano degli altri, accessori, complicando così considerevolmente il groviglio interiore dell’individuo e rendendo più difficoltosa la sua capacità di osservazione di se stesso. 

Risulta anche estremamente necessario sfrondare la vostra osservazione dei sensi di colpa dall’attribuzione di negatività che pone in essere il vostro Io cercando di giustificare se stesso e le sue reazioni attuando i vari meccanismi di difesa che gli sono propri. In particolare mettete da parte la vostra sensazione di essere delle vittime della vita: se siete vittime lo siete solo di voi stessi e i vostri sensi di colpa sono tali perché siete voi, e non l’esistenza, ad avere dei sensi di colpa in conseguenza del fatto che ci sono ancora delle cose che voi, e non altri, non avete compreso.

Impeditevi di far nascere in voi un senso di colpa che deriva dal fatto di sentirvi in colpa: sembra uno scioglilingua, eppure è una cosa che fate spesso, col solo risultato di finire col rendere ancora più pesante e difficile da affrontare quello che state vivendo.

È necessario, infine, che cerchiate di vivere i vostri sensi di colpa in maniera positiva: per prima cosa accettatene l’esistenza al vostro interno senza nasconderne la presenza ai vostri stessi occhi e, una volta che li avete accolti e accettati, adoperatevi per modificare voi stessi e la vostra reattività nei confronti di voi stessi e del mondo esterno a voi: inizialmente magari dovrete anche esercitare una certa coercizione su voi stessi ma, col proseguire dell’esperienza, aggiungerete frammenti di comprensione al vostro sentire e questo vi porterà, inevitabilmente, a comprendere e sciogliere i vostri senso di colpa, riducendo l’intensità dei vostri somatismi fino ad arrivare al loro completo annullamento e a poter affermare (Scifo):

Padre mio,
io sono vittima e carnefice,
imputato e giudice,
colpevole e innocente,
condannato e assolto,
attore dalle molte maschere
e dai mille perché da scoprire e riconoscere
nel gioco di ruolo della mia incarnazione,
dove ogni parte che recito
rappresenta un mio aspetto
e in cui vincerò solamente
quando riuscirò a scorgere
il vero fine del gioco.
E allora non sarò più né vinto né vincitore,
né spettatore né attore,
ma come una candela che brilla nella notte
fonderò me stesso col buio che sto rischiarando,
diventando con esso
una parte unica e inseparabile del Tutto. Labrys

Ciclo sul senso di colpa

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