Parlavate con vivacità della connotazione dello psicosomatismo, ovvero dello psicosomatismo negativo e dello psicosomatismo positivo, in quanto la mia domanda vi aveva sollecitato un esempio di psicosomatismo positivo.
Ora cerchiamo di arrivarci un attimo assieme: lo psicosomatismo che voi oggi avete definito (direi abbastanza bene, nell’insieme) a cosa si riferisce, alla fin fine?
Chi è che psicosomatizza? (per usare un bruttissimo verbo che, però, è insostituibile in questo caso!)
D – L’akasico.
Tutti d’accordo? Direi proprio di sì, in base a quello che abbiamo detto, in quanto avevamo affermato che la somatizzazione, l’espressione sul corpo fisico, nel corpo fisico, dello psicosomatismo è qualcosa che proviene direttamente da una non comprensione da parte del corpo akasico. Giusto?
Il quale, per questa non comprensione, ha una situazione di disequilibrio che cerca in qualche modo di equilibrare attraverso una comprensione che pianifichi, che regolarizzi le vibrazioni interne.
Quindi, in realtà, lo psicosomatismo non è altro che uno strumento, un mezzo del corpo akasico per acquisire questo equilibrio, questa comprensione; giusto?
Ma allora, se la vediamo in questi termini, creature care, non ha senso parlare né di negativo né di positivo in quanto lo psicosomatismo senza dubbio, sempre, non può essere altro che positivo, in quanto porta poi alla comprensione. Giusto?
Chiarito questo, ci si può chiedere allora in che senso si può parlare di psicosomatismo positivo o negativo? Per chi è positivo o negativo lo psicosomatismo?
D – Per l’Io!
Certamente: la connotazione di negativo o positivo è attribuibile soltanto a come l’Io vive questa situazione che gli si presenta, quindi soltanto allorché essa viene proiettata direttamente all’interno della percezione soggettiva, della relatività dell’individuo.
Bene, su questo non c’è alcun dubbio. Ma, allora, visto che siete così sicuri, fate qualche domanda!
Io avevo detto – se il corpo mentale che ho costruito appositamente per poter venire a parlare con voi funziona correttamente! – che questo pensare sullo psicosomatismo positivo o negativo avrebbe potuto portare a qualcosa di interessante, di importante. Lo ricordate? Vediamo se, dopo quanto abbiamo detto potete arrivare a percepire, a comprendere dove può essere la cosa interessante. Non credo che vi arriverete, comunque vi lascio il beneficio del dubbio.
D – E’ necessario che avvenga lo psicosomatismo perché è l’unica valvola che ha l’akasico per far capire?
Direi di no, perché non è l’unica valvola che ha l’akasico.
[…] Intanto – poiché non voglio farvi spremere le meningi oltre il dovuto – noi abbiamo detto, sempre di recente, che il vostro Io non è altro che uno specchio di quello che è il corpo akasico, dei bisogni, delle necessità di comprensione che il corpo akasico possiede. Ricordate? Questo significa che, senza ombra di dubbio, proprio perché in qualche modo collegati direttamente alla comprensione del corpo akasico, anche gli psicosomatismi sono un evidente rapporto, un evidente filo logico per arrivare a comprendere come si è veramente. D’accordo?
Ma un’altra cosa importante che forse – sotto un certo punto di vista – può farvi meditare sulla positività, è quanto ho affermato a proposito dello psicosomatismo positivo o negativo in rapporto proprio all’Io; ovvero, che si può parlare di negatività o di positività se viene raffrontata questa possibilità alla relatività ed alla soggettività dell’individuo.
Ora, senza dubbio, il fatto che nel corpo si manifesti un sintomo psicosomatico, questo, indubbiamente, per l’Io non è altro che un effetto negativo.
Certamente non sarà mai contento – tranne in casi particolari e patologici – di star male, di soffrire per qualche motivo. Allora, se è vero come è vero che esiste la legge dell’ambivalenza essa non può essere applicata là dove non vi è più la dualità e la relatività, ma dovete applicarla all’interno del mondo soggettivo, della percezione soggettiva della realtà; è lì che esiste la dualità, non dove vi è l’Eterno Presente.
E’ lì, allora, da questo punto di vista, che si può andare a ricercare la positività o la negatività di uno psicosomatismo. La negatività l’abbiamo vista; la positività quale può essere, creature? In questo ambito, in qualche modo deve esservi una positività dello psicosomatismo, una condizione psicosomatica positiva… ed è talmente semplice, talmente ovvia che, certamente, non vi verrà in mente!
D – Non può essere semplicemente quando non ho male da nessuna parte?
Oh, eccola, finalmente! La condizione fisica ottimale è quella che esprime la condizione di psicosomatismo positivo, in quanto riflette una situazione di stabilità del corpo akasico che viene proiettata sul corpo fisico e, proprio perché – per il momento – non vi sono energie disarmoniche in attività all’interno del corpo akasico, ecco che il corpo fisico non subisce particolari processi vibratori degenerativi o fattori di sofferenza.
Quindi lo psicosomatismo positivo è la condizione normale in cui ognuno di voi, fisicamente, non avverte nessuno stimolo di sofferenza per il proprio corpo fisico. Sentiamo un attimo l’opinione dei nostri medici su questa definizione un po’ desueta, direi.
D – E’ quella che in termini medici si chiama cenestesi, senso di benessere, senso di star bene normalmente. Mi sembra giusto. Il che andrebbe d’accordo con quel senso di diffusione dell’armonia, della vibrazione armonica di cui parlavamo nel corso della discussione.
Senza dubbio, in quanto le vibrazioni che provengono dal corpo akasico arrivano a manifestarsi sul piano fisico senza essere sottoposte a tutti i processi di repressione e via dicendo che opera l’inconscio dell’individuo; quindi fluiscono tranquillamente, non trovano barriere, ed ecco così che, non trovando vibrazioni disturbanti, si diffondono con tranquillità e serenità.
Ma qual è il punto interessante e piacevole a cui volevo arrivare? Ditemelo voi, voi che soffrite, o dite di soffrire, così tanto per i vostri mali fisici, fisiologici, psicofisici, e via e via e via…
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D – Forse che alla base dell’esistenza umana c’è un disequilibrio tra quella che è la nostra consapevolezza e il fatto che l’akasico non è ancora del tutto sviluppato per cui questo disequilibrio di consapevolezza è un motore che ci porta sempre a cadere in questi alti e bassi.
Il nostro amico scopre che l’acqua è bagnata, dopo un’attenta analisi dei fatti! La cosa importante e interessante è che in realtà – se ci pensate bene – nel corso della vostra vita lo psicosomatismo positivo è di gran lunga preponderante su quello negativo. C’è qualcuno contrario: sentiamo…
D – Forse perché avendo vissuto questo periodo che sto ancora vivendo di alti e di bassi in cui i bassi sono stati molto di più degli alti…
Quanti anni hai, figlio mio?
D – Ne ho 33, ma ci sono persone…
D’accordo. Quanto sta durando questo periodo?
D – Da un anno circa.
E quindi sei d’accordo con me che è una parte minima rispetto alla tua esistenza. Questo anno di cui stai parlando è fatto tutto di momenti difficili?
D – No, diciamo 80% negativo e 20% positivo.
Quindi si tratta di 8 mesi in un anno. Quindi sei d’accordo con me che è una parte piccolissima rispetto a tutto il corso della tua vita.
D – Sì. Ma volevo chiedere: l’equilibrio si può raggiungere ma avrà sempre delle variazioni, degli alti e bassi, non può durare per tutta una vita.
Ma certamente non può durare! Per forza non può durare: perché se durasse vi sarebbe la fine delle incarnazioni; la persona che trova l’equilibrio totale alla fine non ha più nessuna necessità di esperire nella materia, e quello è abbastanza evidente.
C’è, piuttosto, da chiedersi perché, ad esempio, una vita è così altalenante sempre nelle stesse direzioni: significa chiaramente che gli input inviati dal corpo akasico vengono mal trasmessi, mal compresi, mal codificati, mal vissuti da parte dell’individuo sul piano fisico e, quindi, il corpo akasico continua a non ricavare la giusta comprensione dall’esperienza che cerca di fare sul piano fisico.
D – Si può parlare di equilibrio sul piano fisico e, se si può, che differenza c’è con l’equilibrio sul piano akasico?
L’equilibrio fisico esiste, certamente ed è derivato da un equilibrio tra i tre corpi inferiori (non solo del corpo fisico, naturalmente) ma è un equilibrio che è in via di sviluppo, è dinamico; o meglio: vi sono delle tappe da raggiungere, al raggiungimento delle quali si ottiene un momentaneo equilibrio che poi, naturalmente, deve essere superato per arrivare ad un equilibrio superiore.
Non è che, di punto in bianco, uno trova tutto l’equilibrio, certamente no: sarebbe impossibile, assurdo e, se fosse così, non occorrerebbero tutte le vite che, invece, occorrono.
D – Hai detto che questo equilibrio lo notiamo solo in due direzioni, cioè piacevole e doloroso, ma ci sono altre direzioni in cui dovremmo orientarci?
No, è che dovreste arrivare ad essere consapevoli che la vostra vita all’interno del piano fisico non è fatta soltanto di piacere o di dolore, ma è fatta di tutta la parte centrale di cui non siete quasi mai consapevoli: non siete consapevoli di star bene, di vivere tranquillamente, di essere sereni, di essere amati, di avere amici e via e via e via. Insomma voi non tenete conto dei momenti in cui tutto rientra nella vostra normalità, ma soltanto di quelli in cui soffrite o gioite.
Sto parlando di quei momenti in cui dite: “Tutto sta andando troppo bene, allora vuol dire che deve succedere qualcosa di negativo!”.
D – C’è una tendenza a non accontentarci della serenità…
Ma non può accontentarvi: non può accontentarvi, finché siete nella ruota delle nascite e delle morti, perché avete sempre la necessità di fare delle esperienze e, quindi, di avere disequilibri che vi spingano ad andare avanti nel vostro cammino.
D – Però c’è un fatto strano: quando l’uomo è sereno teme la sua serenità…
No: nel momento in cui teme la sua serenità vuol dire che quella serenità è fasulla: se fosse vera serenità certamente non ne avrebbe paura; se si ha paura, ciò vuol dire che quella è una felicità imposta, per qualche motivo, da se stessi a se stessi. Diciamo che in questi casi non è “sentita” veramente.
Una delle frasi preferite dai vari Maestri è: “Siate caldi o freddi, ma non tiepidi”. Direi che si adatta benissimo a quanto stiamo dicendo, in quanto essere caldi o freddi significa essere in movimento, quindi fare esperienza, soffrire o essere felici, pur tuttavia avere lo stimolo per raggiungere un’altra meta, mentre l’essere tiepidi significa sì non avere grosse sofferenze o grossi piaceri ma significa anche tendere ad essere statici in una situazione, quindi a rallentare il proprio cammino. (…)
D – Voi avete detto parecchie volte che non è necessario soffrire: c’è un’altra via per ridurre l’Io?
Non c’è un’altra via: c’è una sola via, e questa via è la comprensione. Nel momento in cui non vuoi comprendere, allora soffri.
Si può comprendere soffrendo solo il minimo indispensabile; invece voi amate tanto soffrire!
D – Cos’è che spinge a voler soffrire?
Tutto quello che abbiamo definito Io, cioè desiderio di possesso, di voler primeggiare, di voler fare bella figura, di voler accaparrare il mondo intorno a sé; il tentativo di espansione dell’Io per inglobare la realtà e diventare non più l’Io ma il Dio della situazione, e via e via e via.
Il che, poi, in ultima analisi, non è altro che la non comprensione da parte del corpo akasico.
D – Allora una persona potrebbe avere una malattia perché questa la deve far comprendere e anche un karma positivo che gliela farà guarire? Non capisco.
Può esserci il karma positivo e il karma negativo che, senza dubbio, a volte possono compensarsi e, a volte, manifestarsi in situazioni diverse e, quindi, toccarsi solo marginalmente senza compensarsi l’un l’altro.
D’altra parte, forse, quello che non avete ancora capito è che il karma negativo e quello positivo, ancora una volta, si possono far risalire alla comprensione.
Un karma positivo inizia da una comprensione avuta in un determinato momento e che ha portato a fare un’azione giusta, così come un karma negativo risale a una non-comprensione che ha portato a mettere in atto un’azione sbagliata.
Facciamo un esempio.
1- Supponiamo che voi, nel corso di una vita abbiate accumulato un karma negativo a causa di qualcosa che non avete compreso, karma negativo che verrà fuori nella vita successiva.
2- Cosa succede? Succede che questa non comprensione in qualche modo si fissa, dà un segnale nel corpo akasico: sono vibrazioni perturbanti che l’akasico trattiene, perché si rende conto che vanno tranquillizzate, modificate in qualche modo, anche se non comprende come.
3- Allo stesso modo compie qualcosa di positivo per un’avvenuta comprensione e allora accade che delle vibrazioni positive si inscrivano nel corpo akasico, mettano a posto alcuni tasselli di questo simbolico corpo che noi abbiamo visto doversi costruire da parte dell’individualità.
4- Alla vita successiva accade che le energie turbolente (quelle negative, solitamente), dal corpo akasico arrivano sul piano fisico e queste vibrazioni fan sì da far vivere all’individuo la situazione karmica negativa.
5- Intanto il corpo akasico – che voi non percepite ma che continua a elaborare, a cercare di comprendere tutto quello che sta succedendo, dalle risultanze di queste energie negative comprende qualche cosa.
6- Allora vibra con le energie del karma positivo che erano trattenute al suo interno e le fa arrivare al piano fisico, ed ecco che la situazione, in qualche modo, si risolve. Scifo
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Finché si è nella ciclo delle nascite e delle morti non ci si può e non ci si deve accontentare. Perché siamo qui per comprendere non per sollazzarci di quello che abbiamo ottenuto, dei risultati di comprensione conseguiti.
Allora sia benedetta l’inquietudine e siano benedetti gli inquieti, che infaticabilmente cercano, tentando sempre il nuovo, alla ricerca di sempre nuovi equilibri. Pieni di ardore per l’esistenza e mai tiepidi.
Grazie per avercelo ricordato una volta di più.
Non pensavo ci fossero psicosomatici positivi perché nel senso comune per psicosomatico intendiamo dei disturbi o delle malattie sul piano fisico/psichico. Concordo con Scifo quando dice che poniamo sempre lo accento su ciò che non va e non ci accorgiamo della serenità che caratterizza la maggior parte delle nostre giornate. Questi momenti di normalità sono preziosi e ci preparano ad affrontare con più fiducicia gli psicosomatici che portare no alle comprensioni.
Potremmo allora dire che un buon stato di salute fisica è indice di assenza di cristallizzazioni? Oppure queste sono presenti anche nel corpo mentale e astrale, pur non riversandosi nel corpo fisico? Le vibrazioni che partono dall’akasico procedono con un ordine di arrivò nei corpi transitori? Eventualmente questo ha un significato?
Le cristallizzazioni non si riflettono sempre sul corpo fisico che può essere in buona salute dal punto fisiologico ma la manifestazione riguarda la sfera psicologica o affettiva. Inoltre le somatizzazioni possono essere di lieve entità e, per questo, passare inosservate.
La manifestazione della cristallizzazione è strettamente legata alle possibilità di comprensione dell’individuo e l’ordine del loro apparire è stabilito dai bisogni di comprensione individuali e dallo stato del sentire, il che crea il circolo vibrazionale conoscenza/comprensione che permette all’individuo di acquisire nuove dati dall’esperienza fornendo elementi utili allo scioglimento del vortice vibrazionale.
Nel leggere è venuta in mente mia madre, donna ancorata al passato e con una gamma quasi infinita di psicosomatismi negativi…
Molte le indicazioni, grazie.
Grazie Gian
Interessante,
in particolare lo psicosomatismo positivo.
Quasi sempre si è portati a parlare della propria condizione di sofferenza, trascurando spesso la condizione di benessere, pur essendo un periodo superiore.
E’ incredibile.
Interessante e sicuramente da rileggere e approfondire con calma
Come fare per non essere tiepidi?
Siamo sempre in movimento alla ricerca di nuovo equilibrio.