Osservazione attiva e passiva [A150-soma25]

Lo scopo delle ultime cose dette non è solamente quello di mostrarvi un metodo per cercare di risolvere i vostri somatismi, ma anche, e principalmente, quello di dare una base logico-razionale all’osservazione di voi stessi.

Non sto parlando di quella che è stata definita osservazione passiva, ovvero quella che attua continuamente e spontaneamente il corpo akasico, bensì di quella che può essere definita come “osservazione attiva”, cioè quella che compite in continuazione adoperando i parametri veicolati dal vostro Io.

Come dovrebbe risultare evidente a ognuno di voi, questo tipo di osservazione di se stessi difficilmente può essere veramente obiettiva: l’Io che la sostiene, infatti, sotto la spinta dei riflessi delle incomprensioni dell’individuo che si manifestano sfociando in quelle applicazioni pratiche della base caratteriale dell’individuo che sono peculiari dell’Io, porta sempre con il tentativo di assecondare la costante spinta a cercare di influire sull’andamento del vostro relazionarvi con la vita che state vivendo.

Non per questo si può affermare che l’osservazione attiva sia un processo inutile anzi, tutt’altro, dal momento che essa, comunque, offre la possibilità all’individuo incarnato, che cerca di esplorare la sua reale interiorità, di prendere coscienza di quali siano i processi che senza sosta lo attraversano e che influenzano con continuità il suo modo di essere e di reagire alle esperienze che si trova di volta in volta a dover affrontare.

In questa prospettiva l’osservazione attiva e l’osservazione passiva si intrecciano e, spesso, si sfumano, fin quasi ad arrivare a confondersi l’una nell’altra, dal momento che vi sono dei punti in comune tra i due processi in questione, pur esplicitandosi in prospettive senza dubbio differenti.

Ogni processo, per essere veramente tale, deve avere uno stimolo che lo avvia e un risultato, uno scopo, che deriva dalla sua esistenza e dal suo svilupparsi nell’ambiente in cui viene a manifestarsi. Osserviamo brevemente questo aspetto dal punto di vista del circolo akasico/fisico dell’individuo.

Lo stimolo di avvio del processo di osservazione passiva, per il corpo akasico, proviene dalla sua spinta innata a comprendere e lo scopo del processo che viene avviato, concludendo un circolo vibrazionale, tende a uniformarsi con lo stimolo di partenza tendendo, infatti, a cercare di precisare in maniera sempre più accurata la comprensione richiesta.

Spostando la nostra attenzione sulla prospettiva che fa capo all’Io (che, non dimentichiamolo, è a sua volta il manifestarsi di un processo che lo porta a costituirsi come risultante delle dinamiche che agiscono all’interno dei corpi transitori), è possibile rendersi conto che anche per quello che riguarda l’osservazione attiva che esso mette in atto si può affermare che stimolo e scopo sono, in fondo, gli stessi presenti nel corpo akasico (e, d’altra parte, come potrebbe essere altrimenti, visto l’unitarietà dell’individuo?): lo stimolo che alimenta l’osservazione da parte dell’Io del suo relazionarsi e reagire con l’esperienza sul piano fisico è quello di comprendere cos’è che turba il suo equilibrio e lo scopo diventa quello di trovare la maniera per far sì che tale disequilibrio venga, se non annullato, quanto meno compensato e attenuato, di pari passo con l’ampliamento della comprensione che segue sempre al suo continuo porre in relazione ciò che gli è interno con ciò che, invece, gli è esterno.

Ci troviamo, così, di fronte a due diverse possibilità di osservazione dispiegate di fronte all’individuo che cerca di indagare la sua realtà interiore, entrambe mosse dallo stesso stimolo e dirette verso lo stesso scopo anche se differenti sono i percorsi possibili.

Apparentemente i due tipi di osservazione sembrano essere molto diversi l’uno dall’altro, ma vi è una considerazione da fare che fa comprendere come, ancora una volta, ci si trovi di fronte a qualcosa di più complesso e interagente di quello che potrebbe sembrare a prima vista. Per comprendere meglio quanto stiamo cercando di portare alla vostra attenzione, facciamo qualche altra breve considerazione. Vito

Un saggio di tanti secoli fa (chissà, magari un’incarnazione più raffinata del nostro comune amico Urzuk!) affermava che osservando un granello di sabbia si può arrivare a comprendere l’Assoluto. Ma osservandolo come, in quale maniera?

Affidandoci all’osservazione passiva del corpo della coscienza o applicando l’osservazione attiva messa in atto dall’Io? Probabilmente il nostro saggio non si poneva le stesse domande che ci stiamo ponendo noi e, certamente, si basava su prospettive alquanto diverse, ma bisogna proprio dire che, anche a distanza di secoli, la Verità finisce col risultare veramente universale!

Forse il nostro saggio era riuscito a comprendere nella maniera  più semplice e diretta la connessione tra ogni componente della Realtà o, forse, essa era da lui intuita ma non riusciva veramente a esprimerla e a comunicarla. Il nostro cammino ci permette di arrivare alla stessa Verità, forse più adeguata alle possibilità di un uomo più avanti di diversi secoli lungo il percorso evolutivo, aiutando l’intuizione con la logica e la razionalità.

Il fatto è che l’osservazione passiva e l’osservazione attiva sono indispensabili l’una all’altra: come potrebbe il corpo akasico mettere in atto l’osservazione passiva se l’Io non applicasse in continuazione e, spesso, senza rendersene neppure conto, l’osservazione attiva?

Infatti, come sappiamo, il corpo akasico per aumentare il suo sentire ha la necessità di fare esperienza all’interno del piano fisico. Di conseguenza ha la necessità che l’Io esista e che interagisca con le vicissitudini che deve via via affrontare. Questo significa che, inevitabilmente, l’intensità delle esperienze con cui l’individuo si trova a interagire induce nell’Io, attraverso il meccanismo della sofferenza ma anche, per esempio, quello del piacere o della soddisfazione o della gratificazione e via dicendo, l’avviarsi del processo di osservazione attiva, grazie al quale l’Io arriva a porsi delle domande su se stesso, domande che sono la diretta conseguenza del suo essere in continuazione esposto agli stimoli dell’esistenza.

Tirando le somme possiamo, allora, arrivare a ritenere che quelli che avevamo ritenuto due processi diversi sono, alla resa dei conti, un processo unico e unitario che sembra differenziarsi solamente in relazione al diverso punto di vista da cui può venire osservato.

Ma questa, in fondo, non è altro che la più intima essenza della Realtà, nella quale anche le cose più apparentemente lontane tra loro per natura e sviluppo, alla fine arrivano a risultare intimamente collegate e inevitabilmente necessarie l’una all’altra, dal momento che nulla, nel Cosmo, è a sé stante ma tutto ha una ragion d’essere che giustifica e dà vita, esistenza e continuità all’inestricabile ciclo vibratorio che permette al Cosmo stesso di esistere all’interno della manifestazione dell’Assoluto. Scifo

Da quanto abbiamo detto fino a questo punto risulta lampante che, affinché il processo evolutivo dell’individuo sia continuo e senza interruzioni, è necessario e indispensabile che, al suo interno, operino sempre e comunque entrambi i tipi di osservazione, dal momento che è solamente coinvolgendo tutte le componenti dell’individualità incarnata che il flusso circolare delle energie all’interno dei molteplici corpi che appartengono all’individualità, può portare le sue informazioni a ogni più piccola parte di materia che le appartiene. 

E se questo non avvenisse? Se, per ipotesi – per altro assurda visto le osservazioni precedenti che abbiamo fatto – venisse applicata solamente l’osservazione attiva?

L’osservazione attiva, per intenderci, è quella che ognuno di voi applica quando osserva se stesso nella sua vita di relazione con il mondo esterno in cui si trova ad agire. È quella, per esempio, che voi mettete in atto quando ragionate su voi stessi e i vostri perché sulla scorta delle poche o tante conoscenze che avete della teoria psicoanalitica.

Vi abbiamo detto, anche di recente, che questo modo di osservare voi stessi diventa spesso talmente farraginoso e poco chiaro che, al termine della vostra osservazione, finite con il ritrovarvi alla fin fine con più domande di quelle che avevate in partenza e con risposte solo superficiali e parziali che, la maggior parte delle volte, non fanno altro che portare a ulteriori domande, alimentando un circolo basato sull’osservazione delle vostre pulsioni emotive o razionali, e di quali sono le spinte che vi portano a reagire in un certo modo e non in un altro all’inquietudine e all’insoddisfazione che così spesso sembrano diventare compagne fedeli ma scomode della vostra vita, dando vita a un circolo vibrazionale che si autoalimenta e che sembra non poter essere spezzato.

I limiti dell’osservazione attiva

Questo accade perché l’osservazione attiva è, per sua stessa costituzione, governata essenzialmente dall’Io e, pur riflettendo le incomprensioni che provengono dall’incompleto e frammentario stato di coscienza del vostro corpo akasico, non riesce a raggiungere, a precisare veramente quello che attiene la vostra coscienza.

Questo governo dell’Io può certamente, di conseguenza, fornire una spinta verso la ricerca dei propri perché e, talvolta, può anche individuarli, ma, non riuscendo veramente a toccare il nucleo delle sue incomprensioni, dal momento che il circolo messo in moto dall’Io sfiora soltanto l’essenza del corpo akasico, arriva magari a conoscerle ma non a comprenderle per davvero, tanto più che l’Io, per sua natura, ha la tendenza ad attribuire la nascita di tali cause a ciò che è esterno a lui, nel tentativo di non farsi carico delle sue responsabilità.

Ecco, così, che l’osservazione attiva, sovente, individua le cause di quanto sta alla base dei suoi comportamenti, dell’espressione della sua personalità all’interno del mondo fisico, in avvenimenti della sua vita dai quali, apparentemente, è scaturita la problematica individuale che l’osservazione attiva può avere identificato.

E, allora, l’Io attribuisce a essi la responsabilità dei suoi comportamenti: “non sono capace di amare chi mi sta a fianco perché non ho ricevuto amore nella mia infanzia”; oppure: “mi esprimo violentemente perché la società è piena di ingiustizia e solo con la violenza posso cercare di contrastarla”; o ancora: “la mia ossessione per l’esteriorità che mi porta fino al punto da alterare chirurgicamente il mio corpo, deriva dai modelli di bellezza o di perfezione che mi sono stati inculcati all’interno dell’ambiente che frequento”. Tutti aspetti che, certamente hanno avuto un’influenza sull’espressione caratteriale dell’individuo ma che, alla resa dei conti, sono solo elementi che favoriscono l’espressione della personalità, non le cause che la rendono attiva.

La funzione dell’osservazione passiva

Se, contemporaneamente, non ci fosse l’azione dell’osservazione passiva effettuata dall’akasico, il circolo delle energie nei corpi inferiori finirebbe per restare confinato all’interno di essi e l’idea che non sono gli influssi esterni il fattore dominante dell’espressione della propria personalità ma che essa deriva sempre, invece, da qualche elemento di incomprensione che appartiene all’individuo, non riuscirebbe a farsi largo al suo interno, portandolo all’impossibilità di andare oltre all’apparenza illusoria applicata dall’Io e a quella di inserirsi nel corretto flusso di informazioni che appartiene alla totalità delle materie dell’individuo.

È in questa prospettiva che il lavoro che ultimamente stiamo cercando di insegnarvi si sta sviluppando, suggerendovi in continuazione l’idea che la vera causa dei vostri momenti più travagliati può essere ricercata e trovata soltanto ampliando l’orizzonte della vostra osservazione e cercando di trovare quel tratto di unione tra osservazione attiva e osservazione passiva che, solo, può condurvi a individuare i vostri veri perché, ovvero le vostre più o meno piccole incomprensioni.

In fondo non si tratta altro che di una ripetizione in termini logici, razionali e consequenziali di quanto già in passato vi era stato detto parlando di insegnamento etico: allora l’accento era stato posto principalmente sulla sfera emotiva che entrava in gioco, attualmente stiamo ponendo l’attenzione, invece, in maniera particolareggiata su quella che è la vostra sfera mentale, fornendovi la possibilità, con questo ulteriore percorso, di perfezionare al vostro interno quell’equilibrio di interazione tra le vostre componenti che, solo, vi può portare ad andare al di là della soggettiva interpretazione della Realtà messa in atto dal vostro Io. Rodolfo

A te che guardi la mano che accende la candela 
sembra che essa sia la causa 
che sprigiona in essa la fiamma
ma la candela non si accenderebbe 
se non avesse già dentro di sé
la capacità di dar vita alla luce. Labrys

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Leonardo P.

grazie

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