Osservare l’Io nell’esercizio del potere [A164-pot5]

Riprendiamo il nostro lavoro tendente alla ricerca delle incomprensioni che portano alla manifestazione di molteplici somatismi all’interno della vita di ogni individuo incarnato ripartendo, in particolare, dall’ultimo percorso di ricerca che vi abbiamo suggerito, ovvero l’osservazione dell’Archetipo del Potere.

Ne approfitteremo per richiamare e riportare alla vostra attenzione concetti già espressi che, magari, non avete adeguatamente tenuto in considerazione ma, anche, per cercare di farvi capire come l’analisi del vostro rapporto con il potere possa essere una strada praticabile e di non secondaria importanza per arrivare a risalire dall’espressione del somatismo nel corso della vostra vita a ciò che sta alla sua base, ovvero agli aspetti che il vostro corpo della coscienza non ha ancora ben definito e che, come conseguenza, portano a scompensi vibratori interiori e comportamentali nella vostra sperimentazione del processo incarnativo che state percorrendo.

Come abbiamo visto, l’Archetipo Permanente del Potere (elemento interno alla Vibrazione Prima che risulta essenziale per fornire la spinta evolutiva alla totalità dei Cosmi, in particolare durante la fase di evoluzione della coscienza, date le sue evidenti influenze sulla strutturazione dell’Io e sulle sue reazioni nel rapportarsi con la realtà che gli appare come esterna) si riflette, nell’effettuarsi del processo di evoluzione della coscienza, frammentandosi in diversi archetipi transitori, aventi come base comune il concetto di potere e, di conseguenza, strettamente collegati tra di loro, al punto che si può arrivare ad affermare che da tale Archetipo Permanente prende consistenza un certo numero di archetipi transitori centrati sull’esplorazione e la sperimentazione di singoli aspetti del potere i quali, a ben vedere, finiscono con l’indurre la sperimentazione di un’ampia gamma degli stimoli che l’esistenza fornisce alla coscienza dell’individuo lungo il segmento del suo percorso evolutivo relativo al rapporto dell’individuo con il simbolo “potere”.

L’influenza dell’Archetipo Permanente del Potere è, dunque, talmente ampia e molteplice che non vi è alcun aspetto della vita dell’uomo che non ne venga influenzato. E, affermazione per altro vera per ogni Archetipo Permanente, ha la funzione di definire le primarie linee guida per il processo evolutivo che viene a innescarsi all’interno di ognuno dei molteplici Cosmi, fornendo ad essi gli stimoli, la reattività e gli incontri/scontri nel rapporto tra l’individuo incarnato e l’esistenza che conduce sul piano fisico e che accompagnano e danno movimento al processo evolutivo interno del Cosmo.

Senza dubbio, tale influenza può essere riscontrata nei vari aspetti della realtà che l’individuo incarnato si trova ad affrontare, dall’interazione con la realtà esterna al rapporto con la società in cui egli si trova a fare esperienza, dalla conoscenza scientifica alle varie forme di religione che attraggono la sua attenzione e, non ultimo, all’ampiezza del potere che l’individuo è in grado di esercitare su se stesso ponendo dei limiti a quelle che sono le reazioni che egli mette in atto durante l’esperienza di vita, limiti collegati e stabiliti, ovviamente, all’ampiezza del sentire che egli ha acquisito a quel punto del suo percorso evolutivo.

Esaminare l’influenza che l’Archetipo Permanente del Potere esercita su ogni individuo nel corso del processo evolutivo della sua coscienza, significa esaminare ciò che di esso viene riflesso nei vari archetipi transitori che vengono in essere a mano a mano che la coscienza di più individui si trova nella necessità evolutiva di sperimentarne un particolare aspetto.

È evidente, dal momento che la sperimentazione avviene all’interno del molteplice, che si tratta, in definitiva, di esaminare quelli che sono i rapporti in essere tra il proprio Io e la realtà soggettiva in cui esso si trova ad operare.

È anche altrettanto evidente che, in tale ambito, la creazione dell’Io quale strumento fittizio e temporaneo è assolutamente necessaria e indispensabile per fornire un’interfaccia adeguata che permetta ai bisogni dell’individuo di dare vita a un continuo scambio di informazioni tra la sua interiorità e la sua esteriorità, permettendo, così, il passaggio delle piccole o grandi comprensioni, derivanti dalle esperienze vissute, che via via vengono trasferite come acquisizioni di sentire definitive inscritte all’interno del corpo della coscienza.

Se avessimo la possibilità di sfogliare il dizionario simbolico di base e tradurre in parole e concetti la definizione del termine “potere” troveremmo qualcosa del tipo: “potere” = capacità di mettere in atto una forma di controllo sulla Realtà o su qualche suo particolare aspetto.
Avrei potuto anche formulare tale definizione in maniera apparentemente solo leggermente diversa, e cioè: “potere” = capacità di mettere in atto più o meno consapevolmente una forma di controllo sulla Realtà o su qualche suo particolare aspetto”.

Ma quelle poche parole aggiuntive ci avrebbero portato a sconfinare nel campo della filosofia, mentre stiamo cercando di fornirvi – in vista degli obiettivi da raggiungere – elementi legati essenzialmente all’aspetto più pratico della questione di cui ci stiamo interessando. Questo non significa che, comunque, l’aspetto filosofico inerente il concetto di potere non verrà affrontato successivamente, dal momento che ad esso si possono collegare facilmente questioni filosofiche di una certa rilevanza, quali il concetto di volontà e di libero arbitrio.

Nella prospettiva con cui stiamo affrontando questo nostro “lavoro” non dobbiamo perdere di vista il fatto che il metodo che vi stiamo proponendo è collegato essenzialmente a quella che abbiamo definito osservazione attiva, ovvero l’osservazione compiuta dall’individuo incarnato e, di conseguenza, strettamente dipendente dall’Io.

Che l’Io sia fortemente collegato al concetto di potere risulta evidente dalle varie descrizioni che di esso vi sono state fornite nel tempo: la sua stessa natura intrinseca (ad esempio quello che abbiamo definito come “processo di espansione dell’Io”) è evidentemente centrata sul tentativo da parte dell’Io di acquisire potere sulla realtà soggettiva in cui si trova ad essere operante. Che si tratti di un’illusione dovuta alle incomprensioni che gli appartengono non cambia in alcun modo questa prospettiva, dal momento che esso vive le sue illusioni come se fossero la Realtà e tutto ciò che si trova a dover affrontare, cercando di mediare nella maniera ad esso più gratificante e congeniale tra quelli che ritiene essere i suoi bisogni e la sua percezione soggettiva della realtà.

Ne deriva la conseguenza che, osservando i costanti tentativi dell’Io di affermare se stesso e la sua ipotetica superiorità su ciò che entra nella sua area di influenza, è possibile esaminare quali sono i suoi rapporti col concetto di potere.

Malgrado i limiti strutturali che gli appartengono, conseguenti ai confini di interazione con l’esterno di stabiliti dai limiti della comprensione che il corpo akasico di cui è riflesso gli fornisce, l’osservazione del tentativo dell’Io di esercitare potere sulla realtà con cui entra in contatto attraverso il collegamento con i diversi archetipi transitori derivanti dall’Archetipo Permanente del Potere può fornire, all’osservatore armato di buona volontà e di un’adeguata base di comprensione dei processi che si attuano al suo interno, molteplici indizi sul rapporto tra l’Io e il suo esercizio del potere nelle varie direzioni che ciò implica.

Certo, gli indizi non sono prove né certezze ma, tuttavia, sono senza dubbio concrete possibilità di indagine che possono venire adoperate per cercare di risalire a quali siano le incomprensioni che stanno condizionando l’Io nelle sue varie componenti, compresa, ovviamente, la sua componente fisica e, di conseguenza, le reazioni che si manifestano all’interno del suo corpo fisico e, quindi, anche i somatismi che sono l’oggetto principale che stiamo cercando di individuare e riconoscere nel suo tragitto dal corpo della coscienza alla sua manifestazione all’interno del piano fisico.

A qualcuno potrà sembrare che stiamo cambiando spesso le carte in tavola a nostro piacimento per far tornare i conti come vogliamo noi: dopo aver parlato dell’osservazione passiva come fulcro dello sviluppo della coscienza, ora sembriamo proporre invece l’osservazione attiva come punto di riferimento dell’ampliamento della coscienza.

Ma non è così: la concezione che in maniera molto faticosa da comprendere per voi e da esprimere per noi stiamo cercando di proporvi, è che l’osservazione passiva e l’osservazione attiva non sono separate tra di loro (d’altra parte nell’intero Cosmo non vi può mai essere nulla di a sé stante) ma che si tratta di due processi che potremmo definire concatenati, dal momento che l’osservazione attiva è un processo fittizio che scaturisce dalle risultanze derivanti dall’osservazione passiva, così come l’Io è altrettanto un processo temporaneo che si attiva e si trasforma in continuazione in stretta correlazione con l’ampliarsi del sentire dell’individuo.

L’osservazione attiva viene, come abbiamo visto, attuata all’interno dell’Io che è fornito di strumenti adeguati per poterla effettuare, strumenti che si chiamano corpo fisico, corpo astrale e corpo mentale, ed è l’uso coerente e simultaneo di questi strumenti di indagine che permette una prima analisi dei rapporti tra l’individuo incarnato e la realtà soggettiva che si trova ad affrontare quando è messo di fronte all’esperienza.

In fondo, il metodo si rivela essere sempre il solito: l’analisi il più possibile logica e obiettiva delle azioni e delle reazioni, la puntualizzazione delle emozioni che tali azioni e reazioni smuovono all’interno dell’Io e la loro persistenza e intensità e, infine, l’osservazione dei segnali che il corpo fisico mette in evidenza all’attenzione dell’individuo sotto forma di reazioni fisiche e fisiologiche con particolare riguardo, nell’ottica che stiamo sviscerando, al presentarsi di sintomi somatici considerabili come una sorta di cartelli di segnalazione per l’Io che c’è qualche cosa su cui ha perso il controllo e che richiede una sua maggiore attenzione.

In un precedente messaggio che riguardava il potere vi avevamo proposto alcune domande che, come al solito, vi siete affrettati a meditare e a sviluppare alla ricerca di risposte adeguate (permettetemi, per una volta, di fare un minimo di ironia!):

  • in che occasioni esercito il potere?
  • in che maniera lo faccio?
  • fino a che punto sono consapevole della mia responsabilità in questo esercizio di potere con cui mi vengo a relazionare?

E, domanda forse più importante di tutte:

  • quanto accetto davvero di avere delle responsabilità in tali rapporti di potere e non insisto, invece, a cercare di attribuire la responsabilità delle mie azioni, reazioni e comportamenti all’infuori di me?

Temo che non vi siate resi conto che la successione di queste poche domande fornisce la traccia dell’osservazione attiva che è possibile esercitare sul rapporto tra l’Io e il potere e determinando la possibilità di impiegare nella nostra indagine un ulteriore percorso, usabile per acquisire ulteriori elementi relativi al nostro tentativo di individuare le incomprensioni akasiche che stanno alla base delle manifestazioni somatiche.

Prima di terminare il mio intervento, vorrei sottolineare ancora il fatto che l’osservazione del rapporto dell’individuo con l’archetipo del potere – pur essendo scaturito dalla necessità di trovare un percorso che aiutasse nella difficile osservazione dei somatismi di tipo comportamentale – si rivela uno strumento adeguato anche quando si tratti di esplorare i somatismi non comportamentali, dal momento che il rapporto in essere tra l’individuo e il “potere” coinvolge e implica la totalità delle componenti che costituiscono l’individuo incarnato nel suo rapportarsi sia verso l’esterno che verso se stesso. Ombra

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Catia Belacchi

Importante la definizione di potere per comprendere cosa osserviamo in noi rispetto ad esso.

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