«Non gettate le perle ai porci», disse il Maestro, «non date l’oro in pasto ai cani», non fate sì che chi non può comprendere, o chi può male interpretare, o addirittura travisare venga a conoscenza degli insegnamenti sublimi.
L’insegnamento, infatti, per una sua legge naturale che lo guida, tende ad arrivare là dove esso è atteso, dove le persone sono pronte a recepirlo, a confrontarlo con le proprie credenze e le proprie opinioni e, quindi, a metterlo in atto.
Ognuno di voi sia consapevole del fatto che le perle ai porci non debbono, per nessuna ragione essere gettate, anche se questo può sembrare apparentemente in contrasto con l’insegnamento d’amore.
Questo contrasto nasce dall’errata interpretazione dello stesso insegnamento d’amore in quanto amare veramente, amare profondamente non significa essere sempre disponibili, essere sempre accondiscendenti alla volontà degli altri, ma significa anche sapersi imporre, saper indicare gli errori anche in modo brusco, se così vogliamo dire.
Quindi, associando a questa sfaccettatura, questa piccola sfaccettatura mal interpretata o, molto spesso, dolosamente dimenticata in quanto comporta inevitabilmente delle grosse responsabilità, associando – dicevo – questo insegnamento alle parole del Cristo potrete da soli arrivare a comprendere come Tutto sia Uno, come tutto sia complementare, come tutto si incastri in un perfetto mosaico.
Se voi desiderate veramente imparare ad amare gli altri dovete ricordare che non dovete gettare nella mani di tutti questi altri fratelli voi stessi e la vostra interiorità, il vostro essere, il vostro vivere quotidiano, ma dovete essere cauti, affinché chi vi ascolta non possa aver motivo di criticarvi negativamente, di giudicarvi distruttivamente, di far sì, cioè, che le barriere che separano un fratello dall’altro diventino sempre più forti.
Andate cauti nell’aprire voi stessi, andate cauti e ricordate che amare significa anche saper essere duri, e ricordate che non tutte le creature sono pronte per accettare, per capire, per comprendere gli insegnamenti.
Questa non è ingiustizia, poiché non è possibile concepire l’idea di un Assoluto capace di compiere delle ingiustizie, ma si tratta soltanto di una mirabile legge divina che deve seguire i suoi passi e deve avere il suo tempo.
Tutti voi e tutti noi, una volta, siamo stati porci ai quali le perle non venivano gettate per paura che venissero insozzate dall’avidità, dall’egoismo, dall’arrivismo, dalla gelosia, dall’invidia, dalle meschinità insomma che fanno parte di ogni essere umano nel corso del suo cammino evolutivo. Florian
Così apparentemente, per chi vuole osservare le nostre parole nel corso degli anni, esse sembrano rivelarsi inconcludenti. Infatti colui che non ha ancora compreso la base dell’insegnamento che andiamo portando, penserà senza dubbio che le nostre contraddizioni si stanno facendo sempre più rilevanti.
Se, infatti, era stato un punto fermo dell’ieri quello di chiedere ad ognuno di coloro che si avvicinava al Cerchio – e, quindi all’insegnamento – di aprirsi agli altri, ecco che ora questo aprirsi agli altri viene tramutato in «stare attenti ad aprirsi agli altri»!
Sicché potrebbe, appunto, sembrare un completo ribaltamento di quanto avevamo detto fino a questo momento.
In realtà (e penso che chi ha un minimo di fiducia in noi possa aspettarselo) le cose non stanno esattamente in questo modo; infatti, come già più volte è stato detto, la richiesta di aprirsi agli altri (così come gli altri valori morali che sono stati posti nel corso dell’insegnamento etico) erano, in fondo, delle mete a cui arrivare e non una posizione raggiunta o raggiungibile in un attimo col solo stare ad ascoltare le parole che noi avevamo portato.
Ma cosa c’è, dunque, di diverso, cosa c’è che forniva una base da comprendere per poter meglio mettere in atto l’aprirsi agli altri? La base, come sempre, finisce con l’essere il «conoscere se stessi», questo imperituro proclama che da secoli, da millenni e da ogni dove viene portato all’uomo affinché non se ne dimentichi e, un poco alla volta, inizi veramente a metterlo in atto.
Infatti, colui che non conosce se stesso, allorché si apre incondizionatamente agli altri senza, appunto, avere idea della propria interiorità, corre il rischio – direi pressoché inevitabile – di finire col fare dei grossi errori, di finire col turbare altre persone, di finire con l’impedire il nascere di amicizie, di finire col far sì che i rapporti umani, un po’ alla volta, degenerino.
Questo perché l’aprirsi agli altri comporta sincerità e la sincerità non sempre e da tutti è facilmente accettata.
L’individuo, invece, che conosce buona parte almeno della sua interiorità, si aprirà soltanto con le persone che saranno in grado di comprendere ciò che lui andrà portando. E questo non per un pensamento, per una meditazione, per un ragionamento e via e via e via, ma sarà un aprirsi spontaneo nel momento giusto e con la persona giusta.
Questa è la verità che sta alla base dell’insegnamento, ed è non tenendo conto di questa base, che quanto noi andiamo dicendo, per questo tipo di argomento, può venire interpretato come una contraddizione di logica.
Io vi invito tutti, creature, a cercare di meditare un po’ di più su quanto noi siamo andati dicendo, su quanto diciamo e su quanto diremo, poiché tendete tutti quanti, con facilità, a fermarvi al messaggio dell’oggi, senza comprendere che tutto l’insegnamento – messaggio dopo messaggio – è collegato, e che soltanto tenendo a mente o, meglio ancora, «tenendo interiormente» tutto l’insegnamento, si può riuscire a trarre le giuste conclusioni, a vedere le giuste connessioni e a comprendere il più a fondo possibile ciò che noi andiamo dicendo. Scifo
Anche perché, miei cari, voi dovete considerare che al vostro livello evolutivo l’Io degli individui è ancora molto forte. Diciamo che è al suo apogeo, anche se il suo modo di agire non è più così evidente, non è più così percepibile dagli altri. Siete nella fase – come già più di una volta vi è stato detto – in cui l’Io tende a farvi agire in modo subdolo, facendo acquisire al vostro agire una parvenza di generosità, di altruismo e di nobili sentimenti in senso generale, mentre, fondamentalmente, esso vi fa agire per ricevere ancora gratificazione.
Ognuno di voi, infatti, avrà avuto l’amara esperienza di essersi trovato a contatto con una, o due, o tre persone e di sentirsi in un momento di abbandono, lasciandosi andare a parlare liberamente di se stesso per poi scoprire che gli eventuali interlocutori avevano usato le cose da lui dette a scopo personale, allo scopo magari di mettere in cattiva luce quella stessa persona, o per denigrarla, o per deriderla o per fare qualcosa che gratificasse l’Io dell’ascoltatore.
Quest’amara esperienza, che penso ognuno di voi, a questo livello evolutivo, abbia già vissuto, è molto comune, molto frequente e questo vi viene detto per darvi la misura di come l’Io di tutte le creature sia ancora ad uno stadio tale da ricercare la propria gratificazione.
Cosa fare allora per cercare di scoprire, per riuscire a comprendere quando l’Io fa agire in questo particolare modo? Perché – magari – può anche essere accaduto che ognuno di voi sia stato – sempre per rifarci all’esempio di prima – non chi parlava, bensì chi ascoltava.
Non dovete fare – come sempre vi è stato consigliato – un atto di forza per superare questa fase, ma dovete semplicemente osservarvi, guardarvi, analizzarvi con tutta la massima sincerità, cercando di cacciare tutte le eventuali colpe che voi date all’agire degli altri e cercare invece di scoprire le proprie, perché per quanto gli altri possano sbagliare nel loro agire ricordate che se voi restate feriti, turbati, colpiti, imbarazzati è soltanto perché, in qualche modo, il vostro Io soffre.
Quindi quando vi trovate di fronte a queste situazioni lasciate magari che la vostra azione sia istintiva, sia spontanea ma poi, vi prego, perdete qualche attimo del vostro prezioso tempo e meditate profondamente, perché è soltanto attraverso questa costante meditazione, questa riflessione profonda sul vostro agire, anche se fatta a posteriori, che voi potrete andare avanti e riuscire ad essere veramente liberi, e riuscire a capire veramente non soltanto voi stessi, ma anche qualcosa di più dei vostri fratelli che sono vostri fratelli ma che voi, ancora, non sentite veramente tali. Anna
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Di grande respiro, grazie.
Grazie per le delucidazioni del post.
Parole straordinarie che mi colpiscono in profondità. Giunte al momento più opportuno perché proprio ieri ho commesso l’errore di aprirmi troppo con un’amica. Finché si è condizionati dalla paura del giudizio degli altri, dalla ricerca del riconoscimento, il non aprirsi troppo è una spinta egoica. Liberandosi dalla paura del giudizio si butta la paura di aprirsi ma va recuperata su basi completamente diverse. Ora è la coscienza a dirigere le operazioni di apertura e ritrosia, cercando solo il bene dell’altro (sulla base dell’ampiezza delle comprensioni ovviamente delle ingerenze identitarie saranno sempre presenti)
Gli errori di cui si parla sono ben conosciuti ed ancora oggi sono possibili.
Parole di grande profondità. Che ci portano all’equilibrio. Che spronano all’osservazione di sé nella sincerità, di quel che si è, ma aprendo ad un processo “evolutivo” senza fine. Ancora una volta leggendo ciò che le guide hanno detto, mi rendo conto che portano a scavare in ogni remoto angolo dell’essere. Non c’è argomento che non venga affrontato e che in qualche misura ci risuona.
Una volta compreso spontaneamente sai quando tacere e quando parlare.
Questione delicata che credo riguardi tutti. A volte ci si apre non per decisione ma perché semplicemente si asseconda un moto che viene dal profondo. Altre per motivi che sono più legati all’identità. L’invito alla prudenza è d’obbligo.
Grazie