Ozh-en si ritrovò tutto contento mentre masticava la sua mela. Davanti a lui Krsna, Parvati e Kali lo osservavano. Ad un certo punto Parvati agitò una mano ed il boccone di mela diventò acerbo, Kali agitò le braccia e la buccia della mela che stava masticando divenne rugosa e gli raschiò le labbra, la lingua e il palato (ma Ozh-en continuò a masticare).
Infine Krsna agitò la piuma di pavone e quando Ozh-en sentì i vermi che si muovevano nel boccone sputò la mela e si vide di fronte la sua scelta da cui non poteva più fuggire. Ananda
Quante volte, nel corso delle vostre vite, vi comportate furbamente come Ozh-en, con l’idea che chiudere gli occhi davanti a un problema che vi sta assillando, possa rendere questo problema inesistente; ma quante volte poi l’esistenza riesce sempre a riportarvi davanti a ciò che dovete vivere e quante volte siete quasi costretti, vostro malgrado, a operare delle scelte!
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[…] Accade anche a ognuno di voi, di scegliere a un certo punto il cammino e la ricerca verso la spiritualità, verso quel qualcosa di più che si sente esistere e si crede possa cambiare l’intero modo di vivere di un individuo.
Ecco quindi che non è possibile, in nessun modo, quando si è lungo quel cammino, quando si è fatta quella scelta, eludere poi le proprie responsabilità e non andare avanti nelle proprie scelte: questo porterà soltanto a dolore e sofferenza, poiché tutti coloro che hanno compreso qualche cosa a livello della loro coscienza, nel momento in cui si lasciano sommergere dai bisogni del proprio Io in maniera tale da rendere silenziose queste comprensioni della coscienza, sortiscono alla fine il risultato di crearsi interiormente degli squilibri e, quindi, di andare incontro, quasi volutamente, a momenti di sofferenza.
Evitare le scelte non è un’azione furba, poiché se una possibilità di scelta vi è stata offerta, questa possibilità di scelta significa che essa vi può condurre a raggiungere qualche cosa che, altrimenti, fatichereste molto di più a raggiungere; molto meglio, quindi, in una situazione di questo tipo fare, comunque sia, una scelta, su qualunque base, su qualunque fondamenta essa sia fatta, perché, anche nel momento in cui si facesse la scelta sbagliata, rendendosi conto, nel vivere l’esperienza, che la scelta compiuta era sbagliata, automaticamente si comprende che l’altra era la scelta la giusta. Moti
Parole che cadono in un momento di una scelta rilevante nella mia vita e che trovano subito una cassa acustica interiore in cui continuare a risuonare.
Non so che valenza spirituale abbia la mia scelta che attiene alla sfera lavorativa.
A ben vedere però è sicuramente spirituale, se si vuol restituire al termine una connotazione di palpabilita’.
Lo è perché risponde ad un anelito interiore profondo di cambiamento che si protrae da tempo e la cui mancata sequela potrebbe essere la causa di certe sofferenze.
Se poi la scelta si rivelerà sbagliata lo scopriremo a posteriori come suggerisce Moti, credo con un pizzico di ironia.
Fare una scelta implica connessione con se e presa di responsabilità.
Quando sei connesso puoi lasciarti vivere e non assumerti la responsabilità della tua Vita?
E comunque anche “lasciarsi vivere” può apparire come un tipo di scelta.
Scelgo di essere comparsa nella mia vita.
Si apre dunque qui il tema della Volontà.
Grazie. Non poteva capitare in un momento migliore questo post.
Vero : quando rimandiamo le scelte, la coscienza ce le pone ancora davanti finché la sofferenza ci porta finalmente ad aprire gli occhi e ad agire.
Sempre siamo sottoposti a scelte e sempre siamo chiamarti nel discernimento.
Moti ci spiega quanto sia importante non tanto fare la scelta giusta, quanto non restare nella stasi.
Condivido quello che avete scritto, ma aggiungo. Quando le nostre scelte impattano fortemente anche su altri, ad esempio i figli, prevale la responsabilità verso la propria vita o verso quella degli altri? La da me vituperata parola sacrificio, nel nostro paradigma che valore ha?
A Mariella
Prevale ciò che si fa per amore, dunque l’intenzione che ci muove.
Ogni nostra scelta è inquadrata in un contesto e non c’è alcuno che possa scegliere senza tenero conto del contesto.
Ho in mente una persona, che tu conosci bene, e che mi sembra abbia privilegiato il proprio bisogno personale a quello dei figli.
Aveva quella persona una possibilità di scelta? Certamente sì da un punto di vista pratico, ma interiormente poteva scegliere?
Temo di no, temo non fosse pronta a mettere i figli al primo posto: non possedendo la comprensione, non ha nemmeno valutato fino in fondo le alternative pratiche che aveva davanti.
E se invece avesse avuto la comprensione e nonostante questo avesse scelto il proprio bene prima di quello dei figli?
In questo caso avrebbe mosso una causa karmica, perché poteva scegliere e non lo ha fatto.
Sulla nozione di sacrificio: una identità si sacrifica, legge un dato reale, una situazione, come sacrificio,
come qualcosa che è tenuta a fare, ad accettare sebbene ad altro aneli. Allora si rinuncia a qualcosa di sé per sacrificarsi per l’altro.
Quella persona di cui parlavo, si sarebbe potuta sacrificare per i propri figli?
Messa così è messa male.
Se quella persona fosse stata capace di vedere l’insieme della situazione, senza privilegiare il proprio bisogno,
avrebbe visto ciò che la realtà le richiedeva: essendo, quello richiesto dal reale, un compito esistenziale, la nozione di sacrificio direi che è esclusa.
Ripeto: si sacrifica una identità. Di fronte a un compito esistenziale non c’è sacrificio, c’è assunzione di responsabilità.
Che poi quella assunzione di responsabilità comporti il dover rinunciare a delle libertà personali pur di servire l’altro, ecco questo non lo chiamerei sacrificio
ma l’inevitabile e giusto impegno affinché l’altro abbia il necessario al suo sviluppo (qui parliamo dei figli).