Non essere tiepidi, discernere ed agire

Tu, figlio, sei responsabile di ciò che accade a tutti i tuoi fratelli.
Coloro che non condividevano le azioni ed i pensieri di Hitler ma che hanno taciuto e lo hanno lasciato fare sono tanto responsabili quanto lui.
Questo forse ti sembrerà eccessivo, ma è così; certo, tu potrai dirmi: “Ma se quello che egli ha fatto era previsto, se rientrava in un disegno karmico…”.
E no! Ed è proprio a questo punto che si tende a sbagliare anche a causa di un’errata interpretazione del nostro dire “non giudicare”.

Con il “non giudicare” noi intendiamo dire che voi non dovete, nei confronti dei vostri fratelli, esprimere giudizi negativi, distruttivi, ma la vostra critica, il vostro giudizio può essere invece molto utile, costruttivo, e perché no, d’aiuto a quella persona.
Se vi imbattete in creature che stanno per compiere un’azione, un’esperienza che voi ritenete possa essere nell’immediato futuro causa di dolore e sofferenza, siete obbligati a fare qualcosa, ad agire per cercare di dissuadere quella persona dal muoversi.

D’altra parte quando voi vedete il vostro bambino, per esempio, che, inconsapevole, sta giocando con il fuoco rischiando di bruciarsi seriamente, che fate?
State a guardare, aspettando che si bruci, consolandovi dicendo che tanto era un’esperienza che doveva fare?
No, non vi comportate così, agite e non solo, se non ottenete il risultato con la convinzione, passate addirittura alle maniere forti, proprio allo scopo di evitare che il vostro bimbo compia quell’esperienza negativa. È vero?

Ed allora perché non agire nello stesso modo anche con gli altri quando ritenete che ne sia il caso?
Potreste obiettare dicendomi che un conto è aiutare un bambino piccolo ed un conto è far qualcosa per una persona adulta, matura, e conscia di quanto sta per fare.
Controbatto a questa eventuale obiezione dicendovi che potreste anche aver ragione, però, è certo che, nel secondo caso, le responsabilità che dovreste assumervi nell’intervenire sarebbero molto maggiori e molto più pesanti.

Che cosa fare allora? Intervenire, esprimere serenamente la propria opinione senza volerla imporre, aprire un dialogo, ascoltare le motivazioni dell’altro cercando di comprenderle, ed eventualmente – se ci riuscite – evidenziare le conseguenze che, secondo voi, quell’azione potrebbe portare.
Lo so non è facile, ma vi assicuro che è molto meglio un tentativo che fallisce piuttosto che barricarsi dietro “al tanto doveva fare quell’esperienza” che è solo un modo ipocrita di tacitare la propria coscienza.

Per essere più vicini all’insegnamento spirituale vi consiglierei di non pronunciare mai quella frase, ma anzi, invece, fareste molto meglio a trovare il coraggio di dire che non ve la sentite di intervenire in quel caso, che non ve la sentite di assumervi quella grande responsabilità, e poi dopo, con calma, scoprire le ragioni di quel vostro “non sentire”.

Il discorso del karma, poi, non vi deve interessare, anche perché non sapete se quell’esperienza è conseguenza di un karma oppure no; e state certi che se proprio quell’individuo deve andare, per la legge karmica, incontro al dolore, potete fare tutti gli sforzi che volete e non riuscirete a mutare la Realtà; tuttavia se intervenite, anche nell’ambito ristretto del karma, qualcosa potrete fare poiché, per lo meno, quell’individuo saprà di poter contare su di voi e sulle vostre parole, ed effettivamente non c’è nulla di meglio del non sentirsi completamente soli di fronte ad un grande dolore.

Mai quindi essere semplici osservatori, ma agire!
Soltanto quando vedrete che quella persona è ostinata nei suoi propositi e non vuole ascoltare e non vuole essere aiutata, allora potrete veramente esimervi dal fare qualcosa per lei, ma questo non certamente prima di aver tentato più di un volta. Fabius

Dunque l’agire, l’azione è sempre molto importante, d’altra parte considerate che non ci si può sempre gingillare, non si può ristagnare, perché altrimenti si correrebbe il grave rischio di restare cristallizzati nella stessa posizione, di diventare dei “tepidi”.

Non essere tepidi, avere quindi entusiasmo, voglia di progredire, di fare, di avanzare, di combattere, di lottare, di difendere le proprie opinioni, di piangere, di soffrire, di addolorarsi, di amare, di stringersi, di essere appassionati, tutto fa parte del cammino di ognuno di voi e tutto questo significa non cristallizzarsi, non essere tepidi.

E se questo piccolo insegnamento, a coloro che sono appena all’inizio dell’evoluzione può anche voler dire andare contro gli altri, può anche voler dire sopraffare gli altri, arrivare ad uccidere, rubare, compiere azioni disoneste per di agire;
per chi è più avanti nell’evoluzione deve voler dire principalmente agire sapendo trovare se stessi, l’entusiasmo, la voglia di migliorare sapendo essere sempre attenti al proprio comportamento, affinché le proprie azioni tengano conto non soltanto dei propri bisogni, ma anche di quelli degli altri.
Per chi poi è all’ultima fase dell’evoluzione non essere tepidi significa saper sempre continuamente e senza remore, senza trattenersi, senza fare discernimento tra vicino e lontano, tra parente e non parente, rivolgere comunque sempre il proprio affetto, le proprie attenzioni, il proprio amore verso coloro che stanno intorno.
Io auguro ad ognuno di voi di trovarsi presto in questa dolcissima condizione. Moti


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Marco Dellisanti

Beh, stavolta posso dire senza esitazione: Chiarissimo!
Altrettanto chiaramente so che nei fatti dovrò sempre mantenermi vigile, che comunque continuerò a cadere e che la vita mi presenterà sempre situazioni nuove, tali da costringermi a lavorare in maniera sempre più minuziosa anche quelle comprensioni che magari avrei ritenuto acquisite.
Grazie

Alessandro

Mi aiuta questo post per gli altri deserti che dovrò attraversare.
L’invito a cercare e rinnovare la passione anche quando sembra, quando ci sei dentro, che finirai la vita così.

Sandra

Non essere tiepidi significa anche avere il coraggio di prendersi le proprie responsabilità, che aumentano proporzionalmente con l’evoluzione, e quindi agire di conseguenza, pur sapendo che ciò che accade, l’esperienzache accade per quanto generatrice di dolore, se accade era necessaria.

Luca B.

Partecipare, esporsi, manifestarsi, prendere il proprio spazio significa anche onorare l’opportunità che abbiamo di vivere; è il modo migliore per ringraziare chi ci ha donato la vita. Ma in che modo farlo?

Credo che la prima cosa da monitorare sia l’intenzione con cui ci manifestiamo tra gli altri. E’ importante che l’intenzione originaria che muove le nostre azioni sia un’ intenzione di amore, giustizia, crescita, miglioramento reciproco.

Ma non basta…
A quel punto…. verificata la nostra reale intenzione è altrettanto importante dichiarare la nostra intenzione all’altro.

E ancora…. in ultimo….
curare quindi la forma, la colorazione della nostra espressione adeguandola al contesto e all’interlocutore.

Insomma…. una gran fatica 🙂

Catia Belacchi

In questo tempo sociale così compromesso mi sento, mio malgrado, tiepida di fronte alle sofferenze di tanti migranti ed esuli.

Mariella

Il tentativo paga l’esistenza, scriveva Sartre. Il tentativo si inserisce in quel divario che esiste tra come vorremmo che il mondo o le cose fossero e come sono realmente. La consapevolezza che le due cose non coincideranno mai non ci esime dal tentare, dal prenderci la responsabilità, dall’operare una scelta.

Alberto C.

Difficile a volte trovare tempistiche, modi e anche “coraggio” di dire la mia, cercando di aiutare l’altro. Facililissimo per me cadere nel tranello del “ma chi sono io per permettermi di dire qualcosa a questo/quella”. Brano di grande insegnamento.

Nadia

Post chiaro che sottolinea l’ importanza del mettersi sempre in relazione.

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