Non esistono differenze spirituali tra maschio e femmina

Recentemente da qualcuno tra voi è stato posto il quesito se esistono delle differenze d’ordine morale e spirituale tra uomo e donna.

Da un punto di vista strettamente fisico, fisiologico e biologico le differenze esistono, in quanto l’uomo ha un’anatomia differente da quella della donna. Le secrezioni ormonali, relativamente alle ghiandole sessuali o gonadi, sono differenti – penso che tutti quanti sappiate che l’uno produce testosterone, e l’altra progesterone – e queste secrezioni svolgono attività differenti nell’ambito della sfera sessuale: tuttavia gli altri secreti ormonali, e il funzionamento stesso delle altre ghiandole sono identiche nell’uomo e nella donna.

E fino a questo punto penso che siate tutti d’accordo. Esiste, sì, qualche piccola differenza a livello fisiologico (la frequenza del battito cardiaco, la pressione arteriosa, il tipo di respirazione) ma non tale da giustificare una netta differenza del comportamento tra uomo e donna. […]

La donna, ingiustamente chiamata il “sesso debole”, è molto più forte e resistente di quanto ognuno di voi riesca ad immaginare. D’altra parte il periodo della gestazione lo dimostra: quale essere riuscirebbe ad adattarsi ad una situazione come quella della gravidanza se non una creatura forte, resistente e sana?

Quindi la femmina, al di fuori del periodo gestazionale, ha le stesse capacità e possibilità del maschio, ed è in grado di ottemperare e di svolgere tutte le attività che attualmente sono ancora appannaggio del “sesso forte”; questo per quel che riguarda un punto di vista strettamente fisico del problema.

Se poi osserviamo il problema sotto una prospettiva differente, allora è ancora più assurdo che possano esistere delle differenze. Non esiste infatti alcuna diversificazione a livello intellettivo, e questo, soprattutto per voi che seguite un certo insegnamento spirituale, dovrebbe essere di facile comprensione.
Se il livello di un individuo è dato dalla interazione del piano mentale con la struttura fisica del cervello, se, quindi, l’impulso principale proviene dal piano mentale, allora capite da voi come l’intelligenza non possa essere legata a qualcosa di fisico ma, proprio essendo legata alla materia mentale, è totalmente svincolata e al di fuori di quella che è la “componente sessuale”. Infatti il corpo mentale (sede dell’attività intellettiva) non ha alcuna differenza relativamente a due individui che, nel mondo fisico, vivono l’uno come uomo e l’altro come donna.

Non esistono, poi, differenze di ordine morale… o forse sì… ma queste sono certamente a favore della creatura di sesso femminile. È risaputo, infatti, che la femmina gode di una maggiore sensibilità (mi riferisco, naturalmente, a casi normali senza implicazioni psicologiche di rifiuto di un determinato ruolo e cose del genere) grazie al meraviglioso fenomeno della maternità di cui essa è protagonista.
Ora questa maggiore sensibilità rispetto al maschio, anche se limitata ai propri figlioli, viene vissuta come sintomo di “debolezza” e di “fragilità”, mentre dovrebbe essere considerata come una delle mete del cammino evolutivo dell’individuo.

Infatti la sensibilità è quel sentimento interiore che aiuta a superare il proprio egoismo e ad acquisire una maggiore umiltà, oltre che a raggiungere una maggiore fiducia in se stessi. In particolare, poi, questo tipo di sensibilità nei confronti dei propri figlioli è, ad esempio, sintomo di un buon punto evolutivo raggiunto, tanto che una delle mete principali del percorso evolutivo degli individui è quella di riuscire ad avere la stessa sensibilità con tutti i bambini, anche quando questi non sono i propri figlioli: la vera madre (e così dovrebbe essere anche per un vero padre) dovrebbe riuscire ad essere “sensibile” con tutti i bambini anche quando questi non sono i suoi.

Ed è soprattutto per tale ragione che il maschio dovrebbe imparare a guardare a tale sensibilità non come a una caratteristica del sesso femminile, in taluni casi, da “sopportare”, ma come ad un qualcosa che anche a lui dovrebbe appartenere.

Ricordate, però, che nel fare questo l’uomo può trovarsi di fronte a delle difficoltà non indifferenti: infatti egli, inconsapevolmente, richiede alla donna “sensibilità” o “fragilità”, poiché secoli di condizionamento l’hanno portato a sentirsi il più “forte”, o colui che protegge, e il dover accettare che la donna non solo non ha bisogno di essere da lui protetta ma, anzi, dovrebbe essere un soggetto da imitare, non si confà al suo bisogno di dimostrare a se stesso di essere forte, e quindi di aver qualcuno da proteggere.
Tant’è vero che in molti casi la femmina, data la sua sensibilità, per soddisfare questo bisogno maschile, per aiutare il maschio nel superamento di questi suoi impedimenti, si finge debole e bisognosa di protezione.

Pensando alla teoria evolutiva, appare evidente che il succedersi delle incarnazioni femminili e maschili rende le individualità uguali: le uniche differenze riscontrabili sono solo quelle a livello fisico e quelle cui accennavamo all’inizio del nostro discorso.

Ritornando, invece, ad osservare il problema sotto un punto di vista morale – e alla luce della teoria dell’evoluzione – si potrebbe concludere dicendo che la donna, proprio per quella sensibilità che la rende ricettiva rispetto ai problemi ed ai bisogni del proprio figliolo, potrebbe essere considerata – almeno per questo aspetto – più evoluta dell’uomo.
Questa ricettività è, all’inizio del cammino evolutivo, istintiva, ed è strettamente legata alla riproduzione, alla maternità.

Via via che l’evoluzione aumenta il fatto non è più istintivo, ma viene integrato nel “sentire” di quella individualità. Così, l’avvicendarsi delle esistenze – ora in veste maschile, ora in veste femminile – sta a significare che tutte le individualità (almeno quelle che hanno alle spalle un buon numero di esistenze) hanno la stessa potenzialità di “sensibilità”e, per assurdo, può accadere che una individualità che ha integrato nel suo “sentire” quel grande dono che è la ricettività nei confronti dei problemi altrui, una volta incarnata in un corpo maschile rinneghi, per condizionamento, per educazione, per stereotipia, quella sensibilità, pagando poi con il dolore le conseguenze di questo suo sciocco atteggiamento.

Per concludere, quindi, e dare una risposta a quanto ci si è domandato, io dico: non esistono differenze tra l’uomo e la donna, tranne quelle accennate e le differenze che, invece, si notano sono imposte dall’educazione, dalla tradizione, ed esistono soltanto a livello mentale; anzi, se si dovesse fare un computo delle qualità morali tra uomo e donna certamente, in linea di massima, risulterebbero maggiori quelle femminili, poiché la società fallocratica in cui ancora vivete stimola la femmina ad esercitarsi nel raggiungimento di alcune virtù, di alcune doti importanti quali per esempio l’umiltà, il sapersi mettere in disparte per lasciare andare avanti chi lo merita, che sono tipiche di un individuo evoluto.

Quindi non solo non esiste supremazia maschile ma addirittura, a ben guardare tra le varie sfaccettature che la realtà vi presenta, la donna ha una certa superiorità rispetto al maschio; non me ne vogliano per questo i signori maschietti!
Ma, d’altra parte, quando essi riusciranno ad andare in mezzo agli altri senza fare discriminazioni, con minore egoismo, con la semplicità, l’umiltà e la sensibilità femminile, allora si potrà davvero sperare in un futuro migliore per tutti quanti. Vito


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Samuele

Sul piano morale ho l’impressione che la donna sia più portata alla fedeltà alla famiglia. Il legame di maternità credo che sia generalmente ben superiore a quello di paternità.

Nadia

Condivido, perché non avverto sul piano spirituale, differenze tra maschile e femminile.

Catia Belacchi

Chiarissimo il post. ma nella società la strada da fare è ancora lunghissima se pensiamo a quante violenze subiscono ancora troppe donne proprio dai loro compagni.

Anna

Si, non ci sono differenze fra maschio e femmina ma solo un condizionamento atavico che ancora ci portiamo dietro e che “costringe” le donne a dover dimostrare il loro valore.
In realtà non c’è niente da dimostrare…

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