Favola del ricercatore (Dal libro: Il vaso di Pandora)
Un giorno si sparse la voce che era possibile trovare l’oro nei fondali dei fiumi; la voce serpeggiò veloce tra tutti coloro che alla ricchezza miravano, così molti di costoro, alcuni con finta indifferenza, altri con entusiasmo, altri ancora come se fossero febbricitanti, si misero alla ricerca.
Chi si armò di pala, chi di setacci, chi di apparecchiature complicate ma, purtroppo, c’era più gente che cercava, sguazzando nelle acque fluviali, che pesci negli anfratti… per non parlare dell’oro!
Su mille che cercavano solo due trovarono qualche pepita, ma erano così piccole che si vergognavano a mostrarle agli altri, anche se nei loro racconti diventavano velocemente grosse come un pugno prima, come una mela poi, per tendere a raggiungere la grossezza delle angurie.
Così quelli che non avevano trovato niente del tutto nascosero la loro delusione smontando ciò che i pochi fortunati dicevano in giro.
«Non è vero niente, sono dei mentitori!» dicevano i più spietati.
«Se non vedo non credo!» dicevano i più accondiscendenti.
«Ma poi, siamo davvero sicuri che sia oro e che, nella loro dabbenaggine, non abbiano invece visto lucciole per lanterne? In fondo, quel che luccica non è detto che sia oro!» dicevano i più invidiosi e maligni. (Scifo e Ananda)
Consapevole di non avere la facilità di eloquenza del fratello Scifo e, quindi, di correre il rischio di rendere questi incontri – per quanto brevi – molto meno vivaci e più noiosi di quelli del ciclo precedente, preferisco non dilungarmi troppo nell’inizio, ma aspettare subito da voi un aiuto, un’imbeccata per poter incominciare il discorso grazie a questa favola; della quale, forse, l’amica Fernanda – così brava d’altra parte – non ha considerato il fatto che era stata non sottotitolata, ma indicata quale introduzione. Introduzione, quindi: ma a che cosa? Mah, dopo aver buttato questa pietra nello stagno, aspettiamo che siate voi a darmi il modo di poter parlare ancora. Coraggio… non mangio nessuno! Rodolfo (quando non indicato diversamente gli interventi sono di Rodolfo, ndr).
Questi che voi state vivendo, miei cari, sono anni difficili; e non tanto – come voi potete pensare – difficili dal punto di vista economico o dal punto di vista del soddisfacimento di vita normale, quanto difficili per il fatto che contemplano un passaggio da uno stato di coscienza a uno superiore per gran parte della vecchia razza.
Voi lo sapete benissimo che ogni equilibrio, allorché perde la sua condizione di equilibrio, ma si trasforma in qualcos’altro, porta con sé degli scompensi: basta osservare quello che succede all’adolescente, il quale abbandona la sua condizione di fanciullo per avvicinarsi a quella d’individuo adulto.
Questo cambio di stato, cambio di coscienza (interiore in realtà, oltre che fisiologica, in questo caso), porta, come voi potete vedere quotidianamente intorno a voi, dei turbamenti, dei momenti difficili, momenti di incomprensione, delle reazioni inaspettate e spesso incomprensibili anche a chi le compie!
Questa è in parte la ragione per cui la vostra società attuale sembra caduta, sempre più velocemente, in quello che potrebbe apparire un ritorno alla barbarie, a un Medio Evo, a un periodo oscuro come già tanti in passato ve ne sono stati.
Ma anche questi periodi della vostra storia passata, ricordati come periodi oscuri, in realtà segnavano altrettanti balzi delle razze per arrivare a un livello di consapevolezza, di coscienza maggiore; erano quindi necessari per poter accedere a questa nuova evoluzione, a questa nuova sensibilità.
E non soltanto, ma erano proprio – per chi sapeva guardare – delle indicazioni, dei dati di fatto che facevano presumere che qualcosa sarebbe cambiato: ed è per questo motivo, che gli altri miei fratelli – in passato, quando voi vi lamentavate della situazione mondiale che stava attraversando l’umanità – hanno sempre risposto che non c’è da aver paura, ma anzi da essere contenti, perché questo segnala un cambiamento verso quella che storicamente, in alcuni posti, viene chiamata l’età dell’acquario; quindi, un’età migliore, dove non più soltanto i desideri saranno la base della vita, non più soltanto la mente razionale sarà ciò che indirizza l’esistenza dell’umanità; ma si riscopriranno finalmente anche i valori interiori della coscienza.
In questi periodi bui delle vostre epoche storiche, ad esempio il Medio Evo, accade che dilaga quello che viene chiamato in vari modi: dall’occultismo alla medianità, alla sensitività e via dicendo; insomma, tutto quel tipo di fenomenologia che sembra essere al di là della normalità quotidiana.
Voi vi potete rendere conto tranquillamente che, oggi come oggi, dovunque sorgono gruppi, si manifestano entità, vi sono maestri, vi sono grandi maghi, grandi sensitivi e via dicendo.
Questo può essere paragonato in qualche modo a quel vaso di Pandora, che dava il titolo all’introduzione: ogni volta, infatti, che l’umanità deve attraversare uno stato di coscienza, come dicevamo prima, è necessario che venga scoperchiata l’interiorità dell’individuo, di tutti gli individui che l’umanità compongono; che venga cioè tolto il coperchio a quel vaso di Pandora che ognuno di voi porta interiormente, colmo di tutti i problemi, i pensieri, i desideri, le passioni, le ricerche e via dicendo, che ognuno di voi conosce così bene: che danno poi un «la» alla vostra vita, al vostro modo di essere.
Ed insieme a queste cose che escono, vi sono i collegamenti del proprio inconscio, di ciò che bolle all’interno dell’individuo, dei propri desideri, del proprio modo di affermarsi e – come dicevate oggi – di espandere il vostro Io.
In quale modo, in una società che sembra non dar spazio all’individualità, che sembra cercare di rendere tutti uguali, puntare tutti verso le stesse mire e via dicendo, è possibile per l’individuo sentirsi diverso, migliore, acquisire vantaggi e potere in confronto agli altri?
Ormai la scienza ha scoperchiato tutti – o quasi tutti – i vasi possibili che potesse immaginare; tutte le diramazioni, anche se non comprese, sono esplorate; la letteratura non ha più molto da dire, poiché tutto ciò che si può scrivere, in gran parte riecheggia ciò che è già stato scritto; la musica a sua volta – a meno che non vi sia quella che viene chiamata la genialità, cosa abbastanza rara in questo campo ormai – ancora una volta si rifà a ciò che è stata in passato; non riesce a trovare più nulla di veramente nuovo, nulla per cui l’individuo possa sentirsi veramente al di sopra degli altri come condizione interiore: e così un po’ per tutti gli aspetti.
Vi è però qualcosa di ancora poco esplorato, qualcosa che reca in sé delle potenzialità che possono indurre l’individuo ad immaginarsi di poter essere – o essere creduto – migliore di ciò che sta attorno: questa via è la via che porta ai fenomeni, ai poteri personali, alle capacità cosiddette parapsicologiche, che, al giorno d’oggi, sembrano essere diventate una cosa comune, appannaggio di molti.
Ed ecco che, allora, coloro che si sentono limitati da tutto questo, non possono far altro che cercare di trovare sempre nuove espressioni che stupiscano gli altri, sempre nuovi modi per apparire meglio di ciò che sono.
Eppure, anche questo è racchiuso nel vaso di Pandora – che è un segnale di ciò che sta cambiando – è necessario per stimolare ognuno di voi, ogni individuo, per porlo di fronte a nuove tematiche, per indirizzare le sue aperture di coscienza, per fargli provare nuove strade; e per cercare poi – in realtà – di metterlo veramente in contatto con gli altri, riuscendo anche a far tacere il proprio Io.
Tutti voi, che siete vicini a questo tipo di cose, prestate più attenzione di altri a questa fenomenologia, a questo tipo di discorso; ed è proprio per questo, che vogliamo dedicare questo ciclo a ciò che del vaso di Pandora, della ultrasensibilità, vi può accadere di incontrare, esaminando le varie figure che in esso sono presenti; ed i pericoli (ed anche i doni) che la schiusa di questo vaso di Pandora può farvi incontrare.
Certo, alla fin fine, la meta comune di tutti è l’oro; quell’oro inteso, come dicevate, come verità: ma non la verità individuale, quella piccola verità che ognuno di voi cerca (e pensa magari di aver trovato), ma che è soltanto soggettiva e relativa. È soltanto uno scalino per arrivare a quella Verità con l’iniziale maiuscola, che non cambia, che è uguale per tutti e che appartiene già – in realtà – a ognuno di voi.
Noi speriamo, con questi incontri, di evitarvi di cadere nei sogni, nelle illusioni, di cadere in mano a chi non si fa riguardo di sfruttare le debolezze altrui.
Vogliamo evitarvi di perdere contatto con la vostra realtà, la vostra quotidianità; di trasportare il vostro Io in una via di esaltazione, che finisce per diventare un sogno alternativo alla realtà, che la soppianta, che può essere anche valido individualmente, che può avere anche un senso, servire anche all’individuo, ma pur tuttavia pericoloso, in quanto può nuocere ad altri individui.
E poiché tutti voi della vecchia razza siete ad un punto di evoluzione tale, per cui non potete più non essere consapevoli che siete responsabili anche di coloro che vi stanno attorno, è giusto che noi mettiamo l’accento anche su ciò che può farvi danneggiare le altre persone.
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D – Volevo chiedere: perché nessuno dei ricercatori è soddisfatto di quello che ha trovato, anche quelli che hanno trovato le pepite?
Vi possono essere diverse spiegazioni, su questo piccolo particolare: la più semplice è che tutti i ricercatori partono nella loro ricerca con un senso di esaltazione, spinti dal loro Io e convinti di trovare poi chissà quale grande meta, quale grande potere; ma, allorché poi arrivano a trovare una briciola della verità e si rendono consapevoli di quanto è semplice, questa verità, e che il solo potere che possono acquisire è quello su se stessi, sul proprio Io, allora, a quel punto si vergognano di quelle che erano le loro intenzioni di partenza.
D – Perché viene detto che ingrandivano, quando lo raccontavano? Prima si vergognano, poi ingrandiscono!
Sembra in contrasto con quanto veniva detto, invece, se ci pensate un attimo con attenzione, vi rendete conto che non è così. Infatti colui che trova la verità – anche parziale, però vera, sentita – ed arriva al punto di essere consapevole che ciò che cercava era spinto dal proprio Io – e quindi la sua verità luccica veramente come l’oro – allora non può spiegare agli altri questa verità, perché è una verità sua – e se ne rende conto – e di ciò resta frustrato.
Sapete che è difficile trasmettere agli altri la verità personale, farla comprendere, renderla accettabile, comprensibile agli altri. Allora, non fa altro che fare ciò che è stato fatto per lui; ovvero, riportare l’attenzione sulla ricerca della verità, aumentando l’idea di ciò che egli ha trovato affinché altri si mettano alla ricerca, subiscano – magari – la stessa delusione, incontrino la stessa propria piccola verità e ricomincino poi la ricerca in un modo diverso, alimentati da quello stimolo che l’idea di una grande verità – trovata, in realtà, molto piccola – può portare agli altri che stanno ascoltando.
Non si tratta, perciò, di una millanteria – come quella del pescatore che fa più grande la sua preda – bensì di quello che viene o può venir definito un po’ uno specchietto per le allodole: per indurre anche altri a cercare la propria strada, per mantener vivo l’interesse alla ricerca e indicare una direzione in cui cercare.
È un po’, in fondo, quello che noi abbiamo fatto all’inizio all’interno del Cerchio.
Noi abbiamo sempre detto che i fenomeni fisici, di identificazione e via dicendo non avevano alcuna importanza, secondo noi: perché coloro che non credevano, difficilmente avrebbero creduto (in quanto c’è sempre un’altra spiegazione, per ciò che accade); e coloro, che invece credevano già, non avrebbero certamente trovato una maggior forza di credere, in quanto il credere era già a loro vantaggio.
Tuttavia, il fare quei fenomeni è servito ad attirare l’attenzione, ad istradare altre persone verso la ricerca, a far venire chi doveva venire presso di noi; era quindi, anche in questo caso, uno specchietto per le allodole.
D – Quello che tu hai detto, mi ha fatto prendere coscienza di un aspetto che non avevo mai considerato, cioè questo specchietto per le allodole: e quindi praticamente tutti (non so quanti, in realtà) i grandi maestri hanno usato questa cosa, che poteva sembrare, a prima vista, egoistica? Ad esempio, Yogananda parla di una sua via «scientifica» per la crescita spirituale; e tutto questo, appunto, può essere uno specchietto per le allodole, per indurre le persone a tentare quella via.
Il caso di Yogananda è un caso alquanto particolare, in quanto particolare era l’accezione che egli dava alla parola «scientifica»: nell’accezione che egli dava a questa parola, la sua via può essere considerata scientifica, però non è certamente scienza così come viene intesa comunemente da tutti voi. Rodolfo
Riporto di seguito la spiegazione di Rodolfo di alcuni disturbi nella comunicazione medianica (ndr).
… scusate un attimo… dunque: stavamo dicendo che molti pensano, tra gli studiosi, che l’idea del senso di colpa sia nata… no… Voi vi chiederete: cosa sta succedendo? Voi sapete che, quando noi interveniamo a parlare, molte entità si uniscono, attratte vuoi dalle vibrazioni, vuoi dalla curiosità, vuoi dall’interesse; e stanno ad ascoltare, a loro volta, quanto noi diciamo. E ciò che sto dicendo in questo momento – che in qualche modo può essere interpretato come un’accusa verso il Cattolicesimo, non è tanto ben accettato da una di queste entità (tra l’altro trapassata da poco): la quale ha però una buona evoluzione e come tale una buona energia, piuttosto forte; e quindi reagisce a questo discorso e disturba la nostra possibilità di comunicare. Quindi riprenderemo questo tipo di discorso particolare in una prossima occasione; e andiamo avanti e lasciamo in pace questa povera creatura, che non riesce a svincolarsi da ciò che era in terra.
Il desiderio
Il sogno
Lo specchio delle allodole
Grazie e Pace
Auguriamoci che il momento attuale sia un nuovo Medio Evo, capace di portare comprensioni nuove e un ampliamento del sentirete di coscienza.