Uno dei problemi che potreste porvi nell’esaminare il senso di colpa nel suo rapporto con la consapevolezza potrebbe essere sorto allorché abbiamo accennato alla differenza di effetti che si manifestano in relazione al fatto che il senso di colpa sia più o meno inconscio.
È evidente che ciò è determinato da quanta consapevolezza l’individuo ha della presenza al suo interno di un senso di colpa. Il senso di colpa, come abbiamo visto, è uno strumento temporaneo, risultante dal processo interno all’individuo che lo motiva a ricercare la consonanza con i dettami della Vibrazione Prima che costituiscono il modello a cui il corpo akasico tende.
Esso, quindi, è presente nell’interiorità dell’individuo fino a che l’incomprensione da cui è stato generato sussiste, e questo indipendentemente dalla consapevolezza o meno della sua presenza posseduta dall’individuo.
Se non ci fossero i meccanismi di difesa messi in atto dall’Io, l’individuo sarebbe sempre totalmente consapevole del senso di colpa che gli appartiene ma, proprio in conseguenza dei suoi meccanismi di difesa, accade con frequenza che il senso di colpa venga disconosciuto o ignorato diventando, in questa maniera, un elemento inconscio (proprio perché non riconosciuto adeguatamente) che perturba il fluire delle vibrazioni interne all’individuo, provocando effetti perturbanti e destabilizzanti sull’equilibrio dell’individuo.
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Il fatto che l’Io non voglia riconoscere la presenza di un senso di colpa arrivando a cancellare dalla sua consapevolezza tutti gli indizi che riconducono a esso, non porta senza dubbio – malgrado l’illusione dell’Io che quello sia l’effetto risultante dalle sue censure – all’annullamento del senso di colpa, ma soltanto a un maggiore contrasto tra i desideri dell’Io e le spinte verso la comprensione provenienti dalla sua coscienza, col risultato, molto spesso, di accentuare, per esempio, i sintomi somatici a cui è collegato, fino a quando tali sintomi somatici provocano nell’Io dei picchi così forti di sofferenza e di disagio che esso si vede costretto, suo malgrado, a portare alla sua consapevolezza la presenza, al suo interno, del senso di colpa, facendolo diventare, a questo punto, non più inconscio bensì conscio, in quanto la sua esistenza viene riconosciuta e accettata dall’Io.
Ma come accade che, quasi all’improvviso e inaspettatamente, l’Io cede e permette alle sue certezza di crollare inducendolo a ricercare un nuovo e diverso equilibrio che includa la consapevolezza di avere al proprio interno un elemento che fino a quel momento era riuscito a ignorare?
L’Io, come sappiamo, è sottoposto a un continuo bombardamento di spinte diverse che hanno il compito di destabilizzarlo, spinte che hanno la caratteristica di provenire sia dal suo esterno che dal suo interno (ecco perché, ultimamente, abbiamo sottolineato continuamente la duplice influenza interno/esterno anche per quanto riguarda i somatismi).
L’esterno lo sottopone a continui esami di verifica proponendogli senza sosta nuove esperienze, ma non solo: esso lo mette di fronte alle conseguenze delle sue azioni od omissioni e alle reazioni che esse suscitano nelle persone con cui vive le molteplici esperienze che si trova a dover affrontare.
L’interno gli fornisce gli strumenti che lo spingono alla ricerca della comprensione per stemperare o annullare la sofferenza interiore, strumenti che ormai conosciamo per averli resi l’argomento centrale di questi nostri ultimi interventi, ovvero i sintomi somatici e i sensi di colpa, in quanto risultano essere i punti di massima estrinsecazione degli effetti conseguenti all’errata decodifica delle vibrazioni provenienti dagli Archetipi Permanenti.
In quest’intricato balletto di spinte e contro spinte, di azioni e reazioni si inserisce il raggiungimento della consapevolezza all’interno dell’Io, senza la quale il processo entrerebbe in fase di stallo e la comprensione non potrebbe venire raggiunta.
Da quanto abbiamo detto fino a questo punto risulta evidente che il campo di battaglia essenziale nel quale si gioca l’evoluzione dell’individuo è quello costituito dal rapporto tra i suoi corpi inferiori e la realtà esterna in cui essi operano, ed è in questa direzione che ci rivolgeremo per continuare il nostro discorso riguardante i sensi di colpa, cercando di chiarire la loro genesi, la loro utilità e la loro provenienza che – e questo ve lo posso anticipare, in maniera che abbiate qualche elemento su cui ragionare (sempre che abbiate voglia o interesse a farlo) – non può non essere collegata direttamente a istanze etico/morali e al giudizio che da esse l’individuo mete in atto su se stesso e sui suoi comportamenti.
Ci troveremo, quindi, a dover esaminare il rapporto che l’individuo mette in atto nel suo vivere all’interno del piano fisico con i modelli a cui fa riferimento e questo non può che riportare ai concetti sia di Archetipo Permanente che di Archetipo Transitorio, rispetto ai quali egli si assume il ruolo di giudice di se stesso.
Come non restare meravigliati di fronte a un tale affresco nel quale nulla è superfluo o privo di importanza, ma tutto concorre al fine ultimo di riportare la coscienza dell’individuo al posto che gli compete all’interno del Grande Disegno? Scifo
Ciclo sul senso di colpa