L’insicurezza e il bisogno di essere amati

Il tema dell’insicurezza è senza dubbio un argomento importante per la vita di tutti voi, in quanto è uno degli elementi che accompagnano tutti i vostri momenti di tutte le vostre vite.
Una domanda da porsi è la seguente: “Ma chi è che è insicuro?”. I più esperti tra voi delle nostre parole avranno già la risposta pronta; non posso fare altro che dire che la parte dell’individuo che avverte l’insicurezza non può essere altro che l’Io.
Ora resta da capire il perché della percezione da parte dell’Io di questa insicurezza.
Vedete, tutto quello che voi conducete nel corso delle vostre vite ha una stessa radice comune ed è giostrato, diretto, collegato a quel tipo di vibrazione che, proveniente dall’Assoluto, forma una sorta di richiamo che ha la funzione di indurre ognuno di voi verso la ricerca della parte più profonda di stesso.
Noi abbiamo chiamato questi tipi di richiami, provenienti direttamente dall’Assoluto e che costituiscono in qualche maniera il tessuto su cui è costruita la Realtà, col termine di “archetipi”; e l’archetipo-base, da cui si diramano poi, un po’ alla volta tutti gli altri, è l’archetipo dell’Amore.
Voi direte: “Cosa c’entra tutto questo con l’insicurezza?”.
C’entra, e molto anche, perché tutti voi – con i vostri errori, le vostre meschinità, ma anche le vostre bellezze talvolta – proseguite nel vostro cammino esistenziale cercando sempre e comunque l’amore; cercando sempre e comunque di ottenere amore dagli altri. Certamente, anche di dare l’amore agli altri, ma siccome in mezzo c’è quel benedetto Io, ecco che la prima parte della vostra ricerca è volta più che altro a ottenere l’amore dagli altri.
Ora, l’insicurezza vera, reale, quella importante – non quella maschera che vi mettete nel corso della vostra vita e che manifestate con esitazioni, o con coraggiose avanzate improvvise – quella più reale, quella più profonda dentro di voi, è data dalla paura di non essere amati dagli altri: questa paura è propria dell’Io.
È evidente il tentativo dell’Io di apparire amabile, ma è altrettanto evidente che il tentativo di provocare l’amore degli altri può spaventare l’Io stesso, ed ecco quindi le paure nel comportarsi, le esitazioni, le incertezze, ecco le insicurezze ancora più evidenti nei casi in cui, fin dal nascere dell’individuo, vi è questa sensazione di non essere stato capace di farsi amare, magari da uno dei genitori che, per un motivo o per l’altro, per esigenze sue o, comunque sia, per i casi della vita, non ha potuto dare al figlio, o alla figlia, quella sensazione di essere amato che è così importante per una creatura in via di sviluppo.
Questo può essere qualche cosa che segna la costituzione della propria personalità, può essere un elemento che induce l’individuo a sentirsi frustrato, o a incolparsi per non essere stato capace di farsi amare dagli altri; ed ecco, quindi, che – a seconda poi della situazione interiore e anche genetica dell’individuo – vi sarà la messa in atto di contromisure per ottenere dagli altri quello che si ritiene debba essere l’amore che essi ci devono.
Questo, naturalmente, comporta un discorso di grande responsabilità; se i genitori si rendessero conto di come è importante per un figlio sentirsi amato, riuscirebbero molte volte a non accrescere, a non creare il senso di disattenzione e disaffezione che a volte i figli avvertono; ma, ahimè, lontano dal criticare il comportamento dei genitori – poiché so benissimo che ogni individuo ha le sue esigenze, le sue esperienze, e a loro volta anche i genitori cercano di farsi amare nel modo che pensano di aver capito possa essere quello giusto – bisogna aspettare che tutti riescano a trovare il bandolo della propria matassa.
L’importante è arrivare a un certo punto della propria vita e smetterla di dare, o attribuire le colpe agli altri, perché se è pur vero che la mancanza di un genitore affettuoso, ma veramente affettuoso, sentitamente affettuoso, può essere avvertita in maniera determinante per la creazione della propria personalità da parte del figlio, è altrettanto vero che il figlio, comunque ha – se vuole – la possibilità di modificare la propria condizione interiore.
E come è possibile questo? Qual è la strada per dare sicurezza a chi si sente insicuro, per rendere colui che crede, o pensa, o ritiene di non ricevere amore dagli altri consapevole che in realtà l’amore lo riceve, anche se non da chi si sta aspettando di riceverlo? Scifo

La strada, figli e fratelli, è una sola e la tecnica usabile per ottenere questo risultato non da poco è semplicemente quella dell’essere presenti a sé stessi.
Ma cos’è che veramente noi intendiamo per “essere presenti a sé stessi”? Secondo noi, essere presenti a sé stessi significa riuscire in qualche maniera ad operare una scissione al proprio interno tra l’individuo che agisce e interagisce con gli altri e l’individuo che, contemporaneamente, osserva quello che l’altra parte di sé stesso sta facendo; significa porre attenzione in ciò che si fa senza tuttavia smettere di fare; perché il fare, comunque sia, ha sempre una grande importanza per la crescita dell’individuo.
Essere presenti a sé stessi significa quindi mettere in atto la conoscenza di sé stessi attraverso l’osservazione, in maniera tale da arrivare a precisare ciò che si è capito, si è compreso, e ciò che non si è compreso e, infine, rendersi conto che la propria insicurezza è riconducibile proprio a questo: alla sensazione interiore più profonda di ciò che si è compreso, o di ciò che non si è compreso.
È ciò che non si è compreso che dà insicurezza ed è ciò che si è compreso che, invece, fluendo spontaneamente, dà la possibilità di comportarsi con scioltezza, con spontaneità e con quella che voi solitamente definite “sicurezza”, ma non quella sicurezza che in qualche maniera si fa strada sugli altri, viene imposta come facciata esterna, ma quella sicurezza che dà tranquillità, serenità, fluidità nell’azione, nel comportamento e – quello che più conta – assenza di dolore. Rodolfo

Se ci siamo chiesti, creature, com’è e chi è, e perché è la persona insicura, vediamo un attimo di chiarirci l’altro aspetto della medaglia, ovvero di chiarire come dovrebbe essere la persona che è veramente sicura, non quella che indossa una maschera di sicurezza che molte volte nasconde una fragilità estrema, che corrisponde ad uno scudo che si mette davanti per non essere ferita: allora, per non essere feriti, la miglior difesa diventa l’attacco e il mettersi al di sopra del combattimento.
La persona che non ha insicurezze non è questa; la persona che non ha insicurezze – come si capiva da quanto ha detto l’amico Rodolfo, prima – è quella che agisce spontaneamente, che non impone quello che pensa essere giusto ma lo propone come ipotesi; non è la persona che si fa sbranare dai leoni nell’arena, ma è quella che, per far vedere di aver compreso l’insegnamento d’amore del Cristo, invece di farsi sbranare dai leoni – che non è molto produttivo, se non per i leoni stessi – mette in atto l’insegnamento e lo applica nel corso della propria vita.
La persona che è sicura, infine, creature, è semplicemente quella che riesce a mettere in atto, nella vita quotidiana, ciò che ha compreso.
Scifo


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natascia belacchi

Questo post, è puntuale come un orologio svizzero! Grazie.

Alessandro B

‘Secondo noi, essere presenti a sé stessi significa riuscire in qualche maniera ad operare una scissione al proprio interno tra l’individuo che agisce e interagisce con gli altri e l’individuo che, contemporaneamente, osserva quello che l’altra parte di sé stesso sta facendo; significa porre attenzione in ciò che si fa senza tuttavia smettere di fare; perché il fare, comunque sia, ha sempre una grande importanza per la crescita dell’individuo.’

Grazie

Samuele

Grazie

Alberto C.

Bellissimo Post. Sono molto sensibile su questo argomento….
Mi ricorda come dovrei “lavorare” su me stesso.

Grazie !

nadia

Questo post ha fatto venire in mente quando, fino a qualche anno fa, nei momenti di crisi e di insicurezza appunto, mi assaliva anche il sentimento di gelosia…chiaro il gioco identitario e la sicurezza che si acquisisce a seguito delle comprensioni. Grazie.

alberta

Davvero puntuale e chiarificatore questo post.Grazie

Sandra Pistocchi

Da ricordare sempre…

Roberta I.

Molto chiaro. Grazie

Adele

Alla fine credo non sia tanto importante misurarci col metro “sicurezza” ma considerare che siamo più o meno allo stesso livello e accertarci sentendoci anche in questa limitazione vicini.

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