Mille, centomila, un milione, tante quante sono le individualità presenti sul vostro piano d’esistenza, sono le strade che portano verso la comprensione della verità, della realtà: quella Realtà con la R maiuscola, oltre la quale nulla può esistere.
Quella Realtà, che, unica, costituisce il tessuto dell’esistente e sulla quale si fonda tutto ciò che voi potete immaginare e anche ciò che la vostra mente, così limitata, non è capace di rappresentarsi; ed ognuna di queste strade può essere diversa dall’altra; non vi è mai, per chi segue una ricerca spirituale di qualche tipo, una strada che sia perfettamente identica per due individui; questo perché se il cammino tracciato può essere apparentemente lo stesso – in quanto magari tracciato dalla stessa filosofia, dallo stesso insegnante – vi è sempre quella soggettività, espressa da chi segue il cammino, che rende in realtà questo cammino diverso da individuo a individuo.
Ed è questa esigenza individuale di ogni essere che rende necessaria questa molteplicità di cammini, questa diversità di strade, questo grande dipanarsi di sentieri, spiegati innanzi a voi perché ognuno di voi cerchi il modo migliore per arrivare a comprendere se stesso e, quindi, da se stesso, attraverso magari anche la sofferenza, riesca ad andare al di là di ciò che è sul piano in cui si trova e riesca a trovare un contatto, una realtà, un affratellamento, un senso di pienezza, di completezza, di felicità, di unità, di non divisione, di non separatività con tutto ciò che lo circonda. Moti
Compagna continua di ognuno di questi cammini è sempre, inevitabilmente – e necessariamente, aggiungerei – la sofferenza.
Chi di voi, creature, non soffre? Chi può affermare tranquillamente di non soffrire molte ore della propria giornata, addirittura di non essere sommerso dalla sofferenza, di arrivare, in certi momenti, proprio a non poterne più dall’entità, dalla forza, dal sovrastare di questa sofferenza, che incombe come una spada minacciosa di cui magari non si capisce la necessità?
Eppure, nulla succede a caso, tutto ciò che accade ha un suo perché, una sua logica: e non è necessario, molte volte, per poter comprendere questa logica, questa necessità, andare a cercare argomenti strani, fantastici, diversi.
Basta meditare un attimo sul rapporto che ognuno di voi ha con la sofferenza che vive o che, molte volte, crede di vivere. Scifo
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La “diversità”
Questa sera hanno dato a me il compito di chiudere l’incontro; forse perché, nel corso della mia ultima vita, sono stato un po’ un esempio di quanto è stato parlato questa sera. Perché se per tutti coloro che sono esterni al Cerchio io sono Billy, chi mi conosce fin dai primi esordi in queste riunioni sa che io sono stato Oscar Wilde; e quindi, certamente, un diverso, un “molto diverso”, specialmente inserito in quell’epoca così pudibonda…
Ebbene, soltanto dopo quella vita, riesaminandola, mi sono reso conto di quanto questa diversità mi fosse necessaria per cambiare, per comprendermi, per riuscire anche a comprendere gli altri; perché certamente quando ancora – chissà, forse molto presto – dovrò reimmergermi nella materia, il ricordo di questa mia diversità mi accompagnerà e mi aiuterà a non essere più diverso ed a sentire gli altri simili a me; senza fondare la mia sofferenza su una diversità soltanto legata a fattori transitori, e che è priva, in realtà, di grande importanza, se non per quello che è l’Io del momento.
Io vi auguro, miei cari, di vivere tutti i giorni in modo sereno quella piccola, grande diversità che ognuno di voi ha dentro comunque e sempre, finché è all’interno della materia. Vi saluto, amici. Billy
Osservatevi dunque fratelli voi che siete seguaci spesso nolenti – ma molto spesso volenti – della sofferenza; il vostro dolore vi appare terribile; osservatelo più spassionatamente, cercate di guardarlo ponendovi al di fuori delle situazioni e vi accorgerete che gran parte di questo dolore, di questa sofferenza, è soltanto una costruzione mentale.
Quante volte, nel corso delle vostre giornate, soffrite principalmente perché vi sentite diversi dagli altri; lo so, sembra quasi un discorso sciocco, stupido, quello che sto facendo; eppure, se voi ci pensate, questa idea della diversità è uno dei temi dominanti delle vostre giornate ed è anche una delle cause principali della vostra sofferenza.
Vi sentite diversi, magari, perché non possedete qualcosa che gli altri hanno; vi sentite diversi, magari, perché non potete fare qualcosa che gli altri fanno; vi sentite diversi perché non pensate di avere abbastanza intelligenza per comprendere ciò che altri comprendono e via dicendo.
Tutta la vostra vita sembra (se ci pensate attentamente, con sincerità) basata su questa ricerca dell’uniformità con gli altri.
Ebbene, uno dei punti principali della ricerca, ciò che ognuno di voi deve cercare, trovare, riconoscere, assaggiare è proprio il fatto che, in realtà, nessuno di voi è diverso dagli altri nel suo progetto esistenziale ma, anzi, questa diversità non esiste al punto che voi siete veramente gli altri, un unico essere con la stessa gamma di sensazioni, di bisogni, di desideri, le stesse pulsioni e – principalmente – le stesse mete che hanno gli altri che vi circondano.
Soltanto allorché riuscirete a comprendere questo, vi renderete conto che le altre etichette di diversità che vi mettete sono soltanto etichette di comodo, il più delle volte; allora riuscirete a vivere più in pace con voi stessi e a non camminare con continua sofferenza su una strada, già ardua di per se stessa. Rodolfo
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Il sentirmi diverso, mi procura sofferenza? Per un certo periodo della mia vita e’ stato cosi’. Vedevo nell’altro quel che io non ero o non avevo, che avrei voluto essere o avere. Questo credo che sia stato per un lungo periodo lo stimolo al cambiamento, ma commettevo l’errore di non ascoltare il mio se’ profondo, cio’ che era giusto per me. Non capendo quali fossero i miei bisogni esistenziali, arrancavo nel tentativo di trovare la soluzione al mio senso di inadeguatezza, cercando di imitare coloro che a mio parere avevano raggiunto delle comprensioni, un equilibrio. Poi la Coscienza ha dato segnali piu’ forti e chiari, allora l’orizzonte e’ cambiato. Non piu’ fuori di me, ma dentro di me ho continuato a cercare il senso di quella sofferenza. In un tempo che non saprei definire se lungo o breve, la centralita’ di me si e’ indebolita e cosi’ la sofferenza. Credo che tutti i passaggi, siano stati utili a far aumentare la capacita’ di accogliere l’altro nel suo limite, potendo vedere in lui/lei una parte di me.
È vero come il dolore sia molto spesso un fatto mentale, soprattutto quel dolore che deriva dal non accettarsi.
Il superamento della sofferenza è quel dispositivo che ci spinge ad evolvere, per buona parte del cammino. Credo anche che più la Coscienza ampli la propria comprensione più entrino in gioco altri fattori che alimentino il cammino di comprensione. Grazie.
Quando comprendi che l’altro non è altro che lo specchio della tua immagine capisci che tutti gli altri sono un ologramma di te allora non ha più senso parlare di inadeguatezza.
Molto complesso il discorso della sofferenza. Lo affermo mentre la vivo e vorrei sfuggirle.
Questo funge da sprone al movimento.
Sono consapevole che per sfuggirle bisogna fare i conti con ciò che la origina, altrimenti si ripresenterà in altri contesti.
Non le si può sfuggire in definitiva. Bisogna affrontarla.
Enfatizzare la sofferenza è come fermarsi nel proprio dolore.
Ampliando lo sguardo sveliamo noi stessi e l’origine della sofferenza.
Da venerdì, giorno della pubblicazione, ho letto svariate volte questo post.
In relazione alla diversità c’è qualcosa che non torna… quello che ho colto è che se ne parla come se, chi si sente diverso , abbia una qualche senso di carenza, di mancanza. Si è diversi perché non si posseggono le stesse cose, diversi perché meno intelligenti e così via. C’è una parte di me che, solo nel divenire si considera diversa, ma questa diversità ha a che fare con la consapevolezza della solitudine…non riesco ad esprimere altro. Continuerò a ruminare su queste parole e ringrazio per questa possibilità