Favola dei sette fratelli.
C’erano una volta sette fratelli. Questi sette fratelli avevano sempre vissuto in una famiglia molto religiosa e il giorno in cui morì il genitore – alcuni anni dopo che era morta la mamma di questi sette fratelli – tutti i fratelli si ritrovarono, addolorati, attorno alla salma del padre.
Tra loro parlavano di quello che era successo e si chiedevano che cosa avrebbero potuto fare per onorare la sua memoria.
Discuti e discuti alla fine uno dei fratelli disse: «Potremmo fare una cosa: noi abbiamo sempre sentito parlare di Dio e di tutte queste cose bellissime, ma penso che in realtà nessuno di noi è davvero sicuro che Dio esista.
Allora, in onore del babbo, andiamo a cercare una prova dell’esistenza di Dio.»
Subito la cosa, agli altri fratelli, sembrò un’assurdità però il più giovane, che era quello che aveva avuto l’idea, insistette tanto che alla fine riuscì a comunicare il suo entusiasmo anche a tutti gli altri.
Così si diedero appuntamento ad una data ora di un dato giorno di un dato anno nella piazza del mercato, e ognuno di loro partì alla ricerca di Dio.
Il primo fratello andò a cercare Dio in cima all’Himalaya, scalò la montagna sotto una tormenta, esplorò buie caverne, si addentrò nella neve ma, proprio mentre stava per arrivare in cima alla montagna, mise un piede in fallo e cadde sprofondando nel ghiaccio.
Il secondo fratello andò a cercare la prova dell’esistenza di Dio in fondo al mare. Andò con i pescatori di perle sotto le onde dell’oceano, andò sui sommergibili, andò sui batiscafi e proprio mentre era su un batiscafo lo colse all’improvviso una grandissima tempesta e il batiscafo ruppe il cavo con cui era legato e si depositò per sempre in fondo al mare.
Il terzo fratello andò a cercare la prova dell’esistenza di Dio nelle biblioteche; incominciò allora a sfogliare i libri, andò a cercare antichi manoscritti polverosi e passò tanto tempo in queste biblioteche cercando – attraverso le parole scritte – di riconoscere Dio, che, poco alla volta, si dimenticò la promessa e il patto che aveva stretto con i fratelli, e si dimenticò cosa stava cercando, continuando per tutta la sua vita a recarsi nelle biblioteche a leggere, a leggere e a leggere.
Il quarto fratello cercò di trovare Dio ascoltando i Maestri che, si diceva, operavano sulla terra. Allora cominciò a girare tutta la terra e in ogni posto in cui sentiva che c’era un Maestro si sedeva ai suoi piedi e ascoltava quello che diceva; ma ascolta, ascolta e ascolta nessun Maestro riuscì mai a comunicargli la sua certezza nell’esistenza di un Dio, e, alla fine, il quarto fratello – colpito da un particolare Maestro che seppe toccare le sue corde interiori – vestì la tonaca dell’ordine di questo Maestro ed entrò nella sua congregazione.
Il quinto fratello andò a cercare la prova dell’esistenza di Dio in giro per il mondo e attraverso le usanze degli uomini. Così segui il commercio, seguì la finanza, seguì il folclore, seguì tutto quello che riguardava l’uomo e, un po’ alla volta, diventò sempre più introdotto negli ambienti dell’umanità «che conta», così alla fine si dimenticò di ciò che cercava, di fronte all’esistenza dei quattrini che gli arrivavano da più parti.
Il sesto fratello andò a cercare la prova dell’esistenza di Dio nelle grandi religioni. Andò ovunque risiedesse un capo di una religione e consultò tutti i testi sacri; ma nessuna religione gli seppe dire in fondo altro che «Dio esiste e devi crederlo perché te lo dico io».
Alla fine, deluso – anche perché ormai il tempo era passato ed era giunta la data in cui si sarebbe dovuto incontrare con gli altri fratelli sulla piazza del mercato – ritornò nella sua città.
Arrivò nella piazza del mercato – a quell’ora silenziosa – e aspettò che gli altri fratelli arrivassero ma – aspetta, aspetta e aspetta – nessuno di loro arrivò.
Venne la notte e nessuno di loro arrivò.
Allora cominciò a chiedere a coloro che passavano se qualcuno sapeva dove potessero essere i suoi fratelli, ma nessuno sembrava conoscerli.
Finalmente un passante disse che ne conosceva uno che viveva poco lontano. Si fece dare l’indirizzo e andò a casa di questo fratello.
Arrivò così ad una casa con un grande giardino tutto fiorito e, seduto ai piedi di un salice nei pressi della casa trovò il settimo fratello; intorno a lui c’era un’atmosfera dolce e bellissima, e il salice sembrava ricoperto da una miriade di lucciole; la luna – che stava piano piano calando – sembrava risplendere ancora più argentea su quel giardino tranquillo.
Il settimo fratello sorrise e disse: «Fratello vieni avanti, ti stavo aspettando.»
L’altro si avvicinò esclamando: «Fratello mio, certamente tu Dio lo hai trovato.»
«Si, l’ho trovato.» Rispose il settimo fratello.
«E qual è stato il tuo Maestro?»
«Non ho avuto Maestri.»
«Ma dove lo hai trovato: in cima ai monti, in fondo al mare, nell’antica sapienza, nelle religioni, tra l’umanità… dove lo hai trovato?
«In nessuna di queste cose.» Disse il settimo fratello.
«Ma dimmi allora: come hai fatto a trovare Dio?»
«È semplice: io ho fatto la mia vita normalmente; soltanto – ogni volta che potevo – mi sedevo sotto a questo salice e ascoltavo ciò che sussurrava il vento.»
Il sesto fratello, mentre il fratello minore gli sorrideva, cercò di capire meglio che poteva quanto l’altro gli aveva detto ma, non avendo compreso, chinò la testa e si allontanò nel mattino.
Di questo primo incontro, e solo di questo, non è disponibile la registrazione dell’intervento delle Guide; di seguito una sintesi curata dai partecipanti.
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Anzitutto il nostro grazie di cuore a Serena e a Gian Carlo per l’aiuto che ci danno con il loro validissimo commento nel libro «Favole nell’Ombra»! Tale commento è la nostra «Stella polare» che ci guida nella navigazione!
Così «puntellati», abbiamo dato inizio al ciclo con la lettura della lunga «Favola dei 7 Fratelli» (sottotitolata: L’approccio all’insegnamento), e abbiamo dedotto che, a un certo momento della vita, ognuno di noi sente la necessità di dare, o almeno, di cercar di dare, risposta alle Grandi Domande che ci urgono dentro: perché esisto? Vi è un fine? Esiste Dio? Dove?
Dopo aver parlato, sia pur a volo d’uccello, del simbolismo del numero 7 (i 7 piani di esistenza etc.), abbiamo affrontato ciò che la Favola intende insegnarci.
Dunque, nel momento del dolore, cioè dopo essere rimasti orfani, 7 fratelli decidono di andare alla ricerca di Dio, ognuno per proprio conto.
Infatti la via della ricerca è sempre individuale; nessuno la può percorrere per noi!
Datisi appuntamento «a una data ora di un dato giorno di un dato anno nella piazza del Mercato» del paese, i 7 partono verso la loro avventura.
Il primo e il secondo fratello cercano Dio in un luogo lontano: uno in cima all’Himalaya, l’altro negli abissi del mare. Ma la loro ricerca è vana: invece di Dio, trovano la morte.
Dio non è dunque un Essere ben definito, abitante in un determinato luogo!
Il terzo fratello lo cerca in un concetto, ossia lo astrae razionalmente e si dà tutto alle letture. Perdendo di vista la spinta iniziale egli trascorrerà la sua vita nelle biblioteche, leggerà, diverrà colto e sapiente, ma non incontrerà Dio.
Infatti, Dio non è un concetto astratto.
Il quarto fratello lo cerca presso i Maestri, ma nessun Maestro può comunicargli la certezza dell’esistenza di Dio. Attratto, però, da uno dei Maestri, con il quale si sente in sintonia, egli decide di seguirlo.
Il quinto fratello va alla ricerca di Dio fra gli uomini; si tuffa in tutto quanto riguarda l’uomo, conosce la gente che «conta» e fa soldi a palate, dimenticando completamente quale era l’oggetto della sua ricerca.
Dio non è certo nel successo materiale e nel danaro.
Il sesto fratello lo cerca presso le grandi religioni, ma si trova, perplesso ed amareggiato, dinnanzi allo scoglio dei dogmi! Deluso, e poiché si avvicinava lo scadere del termine di tempo per l’appuntamento, decide di tornare al suo paese, all’incontro con gli altri fratelli. Ma… sorpresa!: all’appuntamento nella piazza del Mercato egli non trova nessuno!
Dopo aver lungamente atteso e dopo essersi informato presso i vicini, senza esito alcuno, ecco che un passante (un messaggero? Lo spirito Guida?) lo informa che un fratello abita poco lontano.
A questo punto ci siamo chiesti tutti perché mai il settimo fratello non si fosse presentato all’appuntamento. Per scortesia? Forse che il sesto fratello doveva esercitare la pazienza? A lungo ci siamo soffermati sulla pazienza, giacché, si sa, esercitare la pazienza procura sempre un notevole fastidio! Recatosi alla casa del settimo fratello, il sesto lo trova seduto sotto un salice, in un giardino dal quale sprigiona una magica sensazione di armonia e di serenità.
Naturalmente il giardino rispecchia la profonda gioia interiore del fratello che lo abita!
Allora Dio, egli l’avrà certamente trovato! Il sesto fratello non ha dubbi, tanto è vero che lo apostrofa dicendo: «Fratello, tu certamente Dio lo hai trovato»!
Sapete la ragione per cui il settimo fratello non si era presentato all’appuntamento?
Il Maestro Moti, nel corso dell’incontro successivo alla discussione (della quale, purtroppo, non è rimasta documentazione registrata) ci ha chiarito, come sempre, le idee: poiché il settimo fratello aveva trovato Dio ed era già immerso nell’Assoluto, sapeva perfettamente che un solo fratello sarebbe tornato, ma sapeva altresì che a costui era necessaria una… ulteriore passeggiatina per giungere dove era atteso, ovvero al raggiungimento della comprensione.
Arrivati al dunque, abbiamo tratto le conclusioni su quel che la Favola ci pone in evidenza.
Percorribili sono tutte le vie (in una o tante incarnazioni) ma la via giusta da imboccare per giungere all’incontro con Dio è soltanto quella… di cercarlo nella nostra interiorità!
Certo, dato che la Scintilla divina è nel profondo di ciascuno di noi, in quale altro luogo si dovrebbe andarlo a cercare, Dio?
Tale scoperta viene comunicata al sesto fratello, in tutta semplicità, con le seguenti parole: «Ho fatto la mia vita normalmente, soltanto – ogni volta che potevo – mi sedevo sotto questo salice e ascoltavo ciò che sussurrava il vento».
A proposito del salice, perché proprio sotto un salice, ci siamo chiesti? Forse il salice, con i suoi rami piangenti e avvolgenti, offre una vivida immagine di «interiorità», abbiamo azzardato.
La scoperta però non appare tanto chiara al sesto fratello.
Egli ascolta, ma non comprende e riparte alla ricerca – conclude la favola – nel mattino. Il simbolo del mattino significa «nascita», quindi certezza che la ricerca sarà fruttuosa, anche se, ovviamente, comporterà sudore e fatica.
Ci siamo quindi infilati nei panni del fratello-ricercatore. Come affronterà egli la ricerca, avendo negli «orecchi», ancorché non compreso, il messaggio trasmessogli dal fratello?
Tale messaggio evidenzia anzitutto l’importanza, anzi l’indispensabilità, dell’esperienza della vita fisica: «Ho fatto la mia vita normalmente», e la necessità delle pause di riflessione (non necessariamente così frequenti: «soltanto ogni volta che potevo»), assai importanti, in quanto esse servono alla rielaborazione degli stimoli ricevuti dall’esperienza e di conseguenza, a qualificare sempre più l’esperienza stessa.
Mi ha ricordato la mia vita 10 hanni fa’ prima di conoscere il sentiero ….
Anche io mi sedevo ore sotto un salice in Campagna
Favola molto eloquente e risonante.
“Soltanto ogni volta che potevo”
Colpisce questa affermazione
A volte la frenesia di raggiungere comprensioni puo’ portare ad imporre forzature inconcludenti.
Nel giusto equilibrio di un cammino, sorge spontanea l’esigenza di fermarsi, di prestare ascolto, di analizzare il vissuto….ogni qual volta e’ possibile. E quel possibile stiamo certi che e’ quel che serve, il necessario, il giusto.
Questa favola è illuminante per i modi in cui ciascuno conduce la propria ricerca a seconda del livello di comprensione raggiunto.
Per lo schema narrativo e il messaggio mi rimanda alla parabola del seminatore il cui seme cade su terreni diversi.
Quando leggo le spiegazioni delle fiabe, mi sorprende quanti particolari ho sottovalutato.
Un allenamento ad andare oltre l’ovvio.