L’Archetipo del potere nel minerale, vegetale, animale [A160-pot1]

Sulla base di quanto abbiamo detto fino a questo punto risulta evidente che cercare di esaminare gli Archetipi Permanenti e di individuare quale sia la loro influenza sulla vita dell’individuo incarnato risulta certamente difficile da farsi.

Alla fin fine, si rivela uno sforzo abbastanza infruttuoso rispetto al tentativo di cercare di comprendere meglio quali sono le pulsioni che trascinano l’essere umano attraverso le esperienze della vita. Infatti, l’esame che può compiere l’individuo non può essere avulso dal suo essere immerso nella dualità e nella molteplicità, cosicché l’esaminare profondamente ciò che, invece, è un attributo, un aspetto dell’Unità, viene reso inefficiente dall’uso di strumenti di osservazione largamente inadatti all’uopo, dal momento che i mezzi a sua disposizione sono fortemente limitati e passano principalmente attraverso il processo intellettivo interno all’Io.

Non possiamo dimenticare che gli Archetipi Permanenti, in conseguenza della loro stessa natura, non possono veramente essere compresi dalla mente dell’uomo: essi possono soltanto essere “sentiti”, ovvero percepiti e recepiti dal suo corpo akasico – cosa ben diversa dalla comprensione intellettiva – e anche questa loro percezione di sentire, in realtà, risulta essere frammentaria, pure se in via di strutturazione e di avvicinamento alla realtà dell’Archetipo Permanente.

Ben diverso, invece, diventa tutto il discorso allorché ciò che si esamina sono gli Archetipi Transitori (che, non dimentichiamolo, sono comunque un’immagine, seppure inficiata dalla soggettività e dalle potenzialità percettive di ogni individuo) che si riflette sul molteplice di qualche aspetto o frammento dell’Uno.

In questo ambito, gli strumenti dell’individuo incarnato sono decisamente più adeguati, in quanto si tratta di strumenti adatti a lavorare nel molteplice e, di conseguenza, può risultare più facile (anche se non sempre agevole, viste le molteplici connessioni tra i diversi aspetti) mettere in atto il processo intellettivo delle dinamiche e dei collegamenti che l’Archetipo Transitorio offre alla sperimentazione dell’individuo. 

Da quanto abbiamo esaminato in precedenti messaggi, possiamo dire che la sperimentazione di ogni Archetipo Transitorio segue un percorso simile per ognuno di questi Archetipi, procedendo dalla sperimentazione più egoistica a quella più altruistica (o, se vogliamo dirlo in un altra maniera, da uno stato di minima consapevolezza a uno stato di massima consapevolezza) fino ad avere sperimentato tutti i passaggi, tutte le sfumature graduali, che sono situati tra questi due estremi del percorso.

Si tratta, con tutta evidenza, di una sperimentazione che viene effettuata parallelamente alle trasformazioni continue che – contro la sua volontà e, molto spesso, in maniera inconsapevole rispetto all’attenzione dell’individuo incarnato – subisce l’Io, trasformazioni che, dal momento che sono conseguenza del processo evolutivo e dell’allargamento del sentire dell’individuo, costituiscono il trait d’union tra la duplice natura dell’incarnato: la sua temporanea e preponderante appartenenza al mondo dell’illusione e la sua realtà più profonda che lo traghetta verso la riscoperta di se stesso non come un’unità separata dal Tutto ma come una sua cellula inalienabile, solo illusoriamente “altro” da Esso.

Il concetto di “potere” è, indubbiamente, un attributo inevitabile e imprescindibile del Tutto: Egli è Colui che Tutto Può, nulla può sfuggire alla sua Realtà, non esiste né può esistere nulla che non sia incluso nella Sua consapevolezza – altrimenti non sarebbe più né il Tutto né l’Uno -, di conseguenza possiede il potere assoluto su se stesso e su ogni più piccola parte che gli appartiene.

Non vi può essere dubbio, dunque, che il potere sia un attributo portato necessariamente dalla Vibrazione Prima e dagli Archetipi Permanenti che essa reca in , e che l’aspetto del potere sia, di conseguenza, un substrato importante di tutte le manifestazioni della Realtà allorché si va a riflettere nel molteplice. Tale attributo è, dunque, riscontrabile e operante anche al di là della formazione degli Archetipi Transitori.

Infatti, esso è individuabile anche nelle fasi evolutive in cui non vi è ancora la possibilità di innescare il processo formativo degli Archetipi Transitori perché non vi è ancora una struttura akasica tale da poter costituire uno stato di coscienza e dare, così, l’avvio a quella fase dell’evoluzione che porta alla formazione di un vero e proprio sentire, derivante dalla strutturazione della materia akasica collegata a un’individualità.

Se osserviamo le forme precedenti alla costituzione di un corpo akasico adeguato all’evoluzione della coscienza, possiamo riconoscere nelle varie fasi che esse attraversano, che, comunque, anche nelle forme più rudimentali viene messo in atto un rapporto di potere, identificabile con la maniera in cui tali forme influiscono sulla realtà del mondo fisico e, in particolare, sull’ambiente in cui esse sono immerse.

Prendiamo in esame la forma tipica dello stadio minerale dell’evoluzione: il cristallo. Apparentemente, sembra si tratti di una forma che non esercita alcun potere e, agli occhi dell’uomo, abituato ai continui e veloci scambi di azioni e reazioni a vari livelli con la realtà in cui si trova a essere inserito, esso sembra completamente privo di potere nei confronti della realtà.

Invece non è così: il cristallo, pur se molto lentamente, segue un suo percorso di accrescimento che lo conduce a ingrandire la sua forma, seguendo piani di accrescimento della sua materia secondo angolature ben precise e individuabili dettate dalle leggi naturali che ne sorreggono e ne alimentano l’espansione.

Quest’espansione, nel corso dei secoli, influisce sulla materia circostante in cui il cristallo è inserito, provocando in essa spostamenti o spaccature che, dove vi sia un’alta concentrazione di cristalli, alla lunga possono determinare frane, smottamenti, fratture e via dicendo, portando, conseguentemente, a una trasformazione, talvolta anche notevole, dell’ambiente circostante.

Si può dire, di conseguenza, che il cristallo esercita un certo tipo di potere sulla materia fisica in cui è inserito. Certamente è un esercizio del potere inconsapevole e non pilotato in alcuna maniera, se non nel senso dettato dalle leggi fisiche che ne determinano la costituzione e i modi e i tempi di espansione. Tuttavia, sempre di esercizio di potere si tratta (e tale potere, nel corso della storia del pianeta, ha certamente concorso alla trasformazione della crosta terrestre portandola a essere quella che essa è nel vostro oggi).

Lo stesso tipo di discorso può venire fatto osservando le forme vegetali, anche se queste esercitano il potere sull’ambiente planetario in maniera più complessa di quanto sia possibile fare al cristallo: le radici possono sia compattare che disgregare la materia in cui sono immerse, il processo di sintesi della clorofilla permette l’esistenza di un’aria respirabile alle forme di vita che hanno bisogno di ossigeno, l’emissione di spore o di semi possono trasformare la vegetazione di vaste aree dei continenti creando ambienti diversificati e via dicendo.

Ci troviamo ancora, con tutta evidenza, di fronte a un esercizio di potere privo di consapevolezza, ma non per questo meno reale ed efficace nell’ottica della creazione di un ambiente sempre più adeguato ai bisogni evolutivi delle forme di vita successive.

Senza dilungarci troppo in esempi che credo risultino di facile e immediata intuizione mi sembra sia evidente che anche la forma animale, nell’ottica dell’esercizio del potere che stiamo esaminando, segua lo stesso schema visto in precedenza, e che anch’essa finisca col risultare spesso determinante nella costituzione dell’ambiente fisico; per comprenderlo, è sufficiente pensare alla produzione di escrementi da parte delle forme di vita animale, la quale può donare fertilità al terreno, favorendo, in questo modo, lo sviluppo e il rigoglio della vegetazione.

Ci troviamo ancora di fronte, con tutta evidenza, a un esercizio del potere inconsapevole e sorretto dalle leggi naturali dettate dalla Vibrazione Prima, le quali sono strettamente collegate all’imprinting tipico di ogni forma di vita diversa da quella umana e ai processi istintivi che ne derivano: leggi naturali che mirano alla conservazione e alla propagazione delle forme inferiori, imprinting che detta i modi in cui ogni forma interiore struttura il suo rapporto con la Realtà adeguandola alle finalità della Vibrazione Prima, cioè quelle di creare l’ambiente più adatto ai processi evolutivi che si devono manifestare in un Cosmo, e di permettere il manifestarsi e lo sviluppo dell’evoluzione della coscienza attraverso forme che possono mettere in gioco quel nuovo determinante fattore evolutivo che è la costruzione della coscienza in conseguenza dell’ampliamento del sentire, e istinto che tende a favorire la conservazione e la propagazione della specie fornendola di reazioni adatte a non venire soppressa da condizioni ambientali sfavorevoli. Vito

Annali 2008-2017

0 0 votes
Valutazione dell'articolo
Subscribe
Notificami
guest

0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
Vedi tutti commenti
0
Vuoi commentare?x