D – La volta scorsa, parlando con Scifo, avevo chiesto se, dando per buona l’intenzione, dare un aiuto ai nostri simili può creare ambiguità e malintesi…
Senza dubbio l’altra persona vive sempre le azioni – di ognuno di voi – a modo proprio. Certamente voi agite nei confronti delle altre persone ma esse passano al vaglio della propria sensibilità, del proprio sentire, quello che voi fate; quindi scorgono di voi soltanto quello che in qualche modo è legato a ciò che esse stesse sono.
Io direi che molte volte vi preoccupate tanto di quelle che sono le reazioni degli altri nei vostri confronti, ma perché questo accade? Ve lo siete mai chiesti? Vi preoccupate di meno di quello che avete fatto voi, come mai?
D – Siamo sempre fatti del nostro Io e quindi temiamo le ricadute che ci possono colpire.
Ah, questo sarebbe già meglio. È ancora peggio, la cosa!
D – Perché abbiamo la coda di paglia e sappiamo già a priori che l’intenzione non è proprio quella che si dice.
Ecco, questo può già essere un punto, però – senza essere poi così cattivi diciamo che, in realtà, quando fate qualcosa per gli altri, poi, alla fine, vi aspettate sempre una gratificazione.
D – Caso mai, è soprattutto per quello; perché dopo una deve sapere se veramente ha raggiunto lo scopo che si era prefissa.
Non è poi quello molto importante, sai cara, perché se tu fai qualche cosa perché la senti giusta, il fatto che la tua azione sia seguita da un cambiamento, un miglioramento, una comprensione da parte dell’altra persona non cambia molto; anzi, non cambia assolutamente nulla per te.
Tu hai fatto quello che sentivi giusto, comunque sia. L’altra persona può anche non recepire, può anche essere in una condizione interiore tale per cui ciò che tu hai fatto gli può anche dare fastidio, non è detto che lo accetti.
Quante volte magari fate qualche cosa che è valido, è giusto, nell’azione, nel comportamento, eppure l’altra persona lo rifiuta completamente! Questo perché? Perché la vostra azione era sbagliata? No, semplicemente perché l’altra persona non aveva gli strumenti, non era ancora in grado di comprendere la giustezza di quella cosa.
D – Sì, sì, infatti neanche il bene, se non viene chiesto, va fatto.
Eh no, neanche questo. A parte che dire “il bene” è già un po’difficile da poter stabilire, perché si potrebbe chiedere: “Il bene di chi? Il bene rispetto a chi? Chi è che ha deciso qual è il bene?” ma, supponendo che l’intenzione sia buona, che ognuno di voi agisca nel fare qualche cosa con la miglior intenzione nei confronti dell’altro, quest’azione va sempre e comunque fatta perché, se è un vostro sentire, perché se veramente quell’azione voi la sentite, quell’azione la farete comunque.
Non è che potete dire: “Non la faccio”; se è un vostro sentire voi l’azione la farete, comunque sia. Non soltanto: quelle azioni vere, buone, che fate con l’intenzione migliore che possiate avere, voi le farete e non vi curerete neppure dell’effetto che avranno sull’altra persona, le farete in modo talmente spontaneo che sarà come bere un bicchiere d’acqua, voi avevate sete e avete bevuto un bicchiere d’acqua ed è finita lì, la situazione, per voi.
L’azione era giusta per voi in quel modo e andava fatta.
Che poi l’altro individuo reagisca positivamente o negativamente, che gli serva o che non gli serva – può avere una componente di gratificazione vedere che serve all’altra persona – però, se l’altra persona non la accetta, voi – se l’azione era sincera, se l’intenzione era pura – non sarete mai delusi, o disperati o dispiaciuti; sarete solo, eventualmente, dispiaciuti per l’altra persona che non ha compreso.
D – Allora, vista la reazione negativa dell’altro, il chiedersi dove uno ha sbagliato nella sua azione, non va neanche bene?
Beh, vedi caro, se ti chiedi “dove ho sbagliato nella mia azione?” vuol dire che sai già in partenza che c’è qualcosa sotto che è nascosto dalla tua azione, perché – ripeto – se tu sentissi l’azione interiormente, se intimamente fossi convinto che quell’azione è giusta, non ti verrebbe mai in mente di chiederti “dov’è che ho sbagliato?”.
Se tu fai l’azione giusta sentitamente, secondo la tua migliore intenzione e vedi che l’individuo non capisce, allora, a quel punto, magari ti chiederai come mai l’altro non capisce; questo è un altro discorso, ma non “dove ho sbagliato” perché nei momenti in cui ti chiedi “dove ho sbagliato?” vuol dire che sotto-sotto sei consapevole che potevi fare qualche cosa di diverso, di migliore, e che allora c’è stato qualcosa che ti ha condizionato al tuo interno; e basta vedere quando aiutate gli altri quanto spesso fate una cernita tra le persone da aiutare: “Questa la aiuto, quell’altra un po’ meno… perché sì, quell’altro forse mi conviene aiutarlo, quell’altro non lo aiuto perché proprio mi è antipatico”.
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D – Ma più che altro lì è anche un discorso di tentativi, secondo me, che è molto difficile al di là dell’antipatia o della simpatia. Io ho molte difficoltà, anche se mi sembra che vengano d’impulso. Poi a non aspettare proprio niente in cambio…
No, una gratificazione di qualche tipo, anche soltanto vedere che l’altra persona è contenta.
D – E se io volessi fare un’azione di cui sono profondamente convinta e mio marito non è assolutamente d’accordo, ma io sono sicura che lui ha torto e la faccio comunque, è prevaricazione? Se l’azione è realmente giusta rivolta agli altri, voglio dire, non un capriccio per me stessa… ma fare secondo me del bene a un’altra persona.
Qua la cosa si complica perché c’è anche il rapporto di coppia, a quel punto, e dovresti riuscire a far sentire la tua buona intenzione, la tua sincera intenzione anche a tuo marito.
D – Certo, ma se si finisce praticamente per bisticciare? Io magari comincio con le mie buonissime intenzioni ma lui non le accetta, cioè non sente. Poi dopo arriviamo all’accordo, però siamo sempre lì, alla prevaricazione.
Però vedi, cara, se non sente vuol dire che non capisce qual è la tua vera intenzione, non capisce qual è la spinta che ti muove a questo comportamento; perché, se capisse, sarebbe pienamente d’accordo con te, naturalmente.
Allora, a quel punto, la cosa migliore sarebbe di applicare quello che dicono spesso le Guide: “Aiutate gli altri ma incominciate dalle persone più vicine”, allora la cosa migliore sarebbe prima di convincere lui e poi, eventualmente, preoccuparti di aiutare l’altra persona, perché non puoi aiutare una persona esterna e poi provocare problemi alla persona più vicina.
D – A questo punto del discorso è chiaro che qualsiasi azione che noi facciamo, che definiamo “bene”, è una gratificazione che diamo a noi stessi e quindi si fa il bene solo per soddisfare il proprio Io cui hanno insegnato, tramite la religione e l’educazione da infanti, a fare il bene.
Non sono arrivato a quel punto di pessimismo, mio caro! Ci sono anche delle azioni in cui non vi è la componente egoistica, eh!
D – Meglio non farlo.
Se fosse sempre e comunque così, che ogni azione che fate è sotto la spinta dell’intenzione egoistica, allora miei cari non riuscireste mai a smuovervi da quello che siete!
Per presupporre che voi possiate evolvere, bisogna presupporre il fatto che la vostra comprensione aumenti; perché la vostra comprensione aumenti bisogna che voi arriviate un po’ alla volta a migliorare sempre di più le vostre intenzioni e quindi ci saranno dei momenti in cui la vostra intenzione sarà altruistica, in cui farete del bene spontaneamente, e ci saranno delle volte in cui farete del bene anche senza volerlo, magari sotto la spinta di un’azione egoistica, e ci saranno invece delle volte in cui farete qualche cosa spinti soltanto dalla vostra intenzione egoistica.
Non c’è sempre la spinta dall’intenzione egoistica, vi sono tutte queste varie gradazioni, non c’è mai soltanto il bianco e non vi è mai soltanto il nero.
Compito vostro è proprio quello di comprendere queste gradazioni e vedere quand’è che siete veramente altruisti e quand’è che non lo siete. Georgei
Sempre molto Interessante.
Accolgo come invito alla continua indagine, la parte a conclusione:
“Non c’è sempre la spinta dall’intenzione egoistica, vi sono tutte queste varie gradazioni, non c’è mai soltanto il bianco e non vi è mai soltanto il nero.”
Grazie