La mente! Vi è la tendenza, nella società attuale, di supervalutare la mente; di considerare le persone colte o intelligenti come delle persone molto evolute; di dire, ad esempio, di una persona: “Quella persona ha una gran bella mente”, pensando in quel modo di fare un gran complimento a quella persona.
In realtà la mente non è altro che uno strumento, che può venir usato bene o male da un individuo, ma che non può essere usato da chi osserva quell’individuo per dare un giudizio o fare una classificazione di una persona. Sarebbe un po’ come giudicare una trasmissione televisiva “una gran bella trasmissione” soltanto perché l’apparecchio che la trasmette è il televisore più raffinato dal punto di vista elettronico.
Tutti voi tendete ad usare quel prezioso strumento che è la vostra mente in modo tale da creare quelle barriere, a vostro favore, nei confronti della realtà che vi circonda, realtà che – noi abbiamo sempre affermato a più riprese e sempre affermeremo – è ben diversa da come voi la percepite, così diversa che la realtà di ognuno di voi è diversa da quella degli altri, fino al punto da poter affermare che la realtà di Tizio è diversa da quella di Caio e quella di Caio è diversa sia da quella di Tizio che da quella di Sempronio,
- e non vi è quindi nessuna realtà, anche se vissuta nel vostro tempo contemporaneamente, che sia identica;
- e non soltanto, ma siccome la realtà che ognuno di voi percepisce viene mediata dalla propria soggettività, non vi è la possibilità di comprendere la realtà altrui;
- e non soltanto, ancora: voi con la vostra mente pensate, attraverso i concetti e le parole, di poter comunicare per lo meno la vostra realtà agli altri, di poter dire agli altri: “Io provo questo, io sento questo…” e far sì, così, che gli altri possano comprendere la vostra realtà. Bene creature, anche questa è un’illusione, è soltanto un’illusione:
- io posso affermare che la realtà soggettiva di ogni individuo è incomunicabile fino in fondo agli altri individui. Questo non è un concetto facile da accettare e forse sarebbe meglio poter portare degli esempi pratici che possano farvi comprendere quanto ciò sia vero.
Vediamo quindi di trovarne un paio, per farvi vedere come è difficile che un individuo riesca a far capire a un altro individuo qual è la sua realtà, qual è la realtà che percepisce.
Voi immaginate, ad esempio, una persona che sia cieca fin dalla nascita, e pensate a come far comprendere a quella persona che il cielo che in quel momento voi state osservando è azzurro. Pensate che quel cielo azzurro – che in quel momento per voi è la realtà – quella persona cieca dalla nascita possa riuscire a vederlo, a comprenderlo, a sentirlo così come voi lo sentite? Certamente – e qua basta un minimo di logica – ciò non è possibile.
Voi potreste però affermare, a questo punto, che è una situazione piuttosto particolare poiché comporta una situazione fisiologica, di uno dei due soggetti, anomala. Veniamo allora ad un altro esempio che può essere comune, più o meno, a tutti voi; un esempio che forse farà magari anche inorridire qualcuno, ma che d’altra parte ritengo che possa servire al mio scopo.
L’amore tra due persone, voi lo sapete bene, è fatto non soltanto di reazioni mentali, affettive, comportamentali, ma anche di reazioni fisiche e questo è un fatto normale e accettabile, comprensibile, logico. Supponiamo quindi di considerare due persone che hanno appena terminato un rapporto sessuale. Il rapporto sessuale è un’esperienza che, tranne casi particolari, ogni individuo attraversa nel corso della propria vita e quindi un’esperienza che accomuna tutta l’umanità. Dovrebbe quindi avere tutti gli estremi per essere facilmente comunicabile agli altri, per essere facilmente paragonabile. Potrebbe quindi costituire benissimo un punto di realtà comune a tutti e quindi essere comunicabile da una persona all’altra.
Osserviamo dunque queste due persone: sono tranquille, distese, rilassate; nel loro corpo sono innescati determinati meccanismi, le loro menti sono al di fuori dei problemi soliti che assillano la vita di tutti i giorni e all’improvviso una chiede all’altra: “Cos’hai provato; cos’è stato per te il nostro rapporto…Quali sensazioni hai avuto?”.
Provate a mettervi al posto dell’altra persona e pensate se davvero riuscireste a spiegare quello che avete provato, quello che avete sentito. Io sono convinto, creature, che non vi riuscireste.
Ma siccome il mio discorso è stato un po’ lungo, vi lascio, per il momento, con questo interrogativo. Pensateci!
Pensate se davvero anche un’esperienza così comune, così semplice, in fondo, così comunicativa, perché è il rapporto tra due persone, il rapporto più intimo, più stretto tra due persone, può servire, può bastare per far comprendere all’altra persona la propria realtà del momento. E se la risposta è no, come pensate allora che sia possibile far comprendere la vostra realtà a persone che magari incontrate una volta sola?
Come è possibile che voi riusciate a far comprendere la vostra realtà, quando le esperienze magari sono completamente diverse da quelle vissute dall’altra persona?
E su questo interrogativo, di non facile soluzione, creature, io mi accomiato da tutti voi. Scifo
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La soggettività della realtà è qualcosa di tangibile. Quante volte mi sono scontrata con la pretesa di essere capita e la frustrazione che così non è. Ho imparato, per quel ch’è possibile, a mettere le distanze da coloro che sento particolarmente distanti, ma comprendo, che anche la persona teoricamente più vicina nel sentire, come diciamo noi, hanno una parte insondabile e non raggiungibile. È necessario rispettare lo spazio che ci separa dall’altro, cosa che personalmente mi richiede un’attenzione continua, perché fatico a riconoscerla. Ma quando ci riesco e la pretesa si placa, tutto diventa molto più semplice e un senso di pace mi pervade.
Comprendo questo tema dell’incomunicabilità e non mi spaventa affatto, non mi affligge. È un tema caro a tanta letteratura del Novecento, anche se nella maggior parte degli autori l’esito è diverso. Il nostro paradigma mi permette un’interpretazione differente che non allontana gli uomini, non li chiude in un isolamento senza speranza. Proprio in questi giorni sto riaffrontando l’Enrico IV, interessante rileggerlo da altra prospettiva.
La reale incomunicabilità di fondo, che potrebbe apparire senza senso in una relazione di coppia, in realtà la chiarisce ulteriormente, le toglie tutti gli orpelli della narrazione dell’amore e la conferma come un procedere a fianco nel proprio percorso esistenziale. Qui però le mie comprensioni si fermano, o perlomeno imcespicano, perché mi piacerebbe pensare all’esistenza di un progetto comune nella coppia, che magari cambia e si rinnova nel tempo, punti di contatto nel procedere da soli. Altrimenti si potrebbe procedere veramente soli, eliminare ogni forma di umana consolazione, se se ne ha la forza.
“… Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre, chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sè, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!”
Pirandello ❤️
Si, sottolineo ciò che dice Natascia, rispettare lo spazio che ci separa dall’altro.
Mi è difficile, non me lo ricordo e invece sarebbe importante.
A volte mi sembra così scontato un fatto che non mi viene neanche il dubbio che possa essere altro per un fratello con i suoi tempi, le sue esperienze, i suoi talenti ed i suoi limiti.
Paradossalmente mi è più facile ricordarmene con un estraneo o con un vicino, dove se non ci intendiamo non è un problema, piuttosto che all’interno di un cammino comune.
Spesso la realtà personale è inconoscibile anche alla persona stessa, pur se si interroga su ciò che le accade e che sente. Il tentare di tradurre in parole i vissuti più intimi, infatti, non sempre rende “giustizia” agli stessi.
D’accordissimo con Catia. La difficoltà a sentire davvero se stessi dovrebbe rendere il rapportarsi con gli altri molto più attento ma spesso non succede. Questo post mi è di grande aiuto per soffermarmi e riflettere su un tema a me caro. Grazie!
Complesso ma sempre più chiaro questo argomento sulle interpretazioni della realtà. Quando oltre a capirlo, ci sarà comprensione, allora cadrà tutto: la paura, le maschere e fluirà la vera natura dell’individuo.
Grazie.
Proprio ieri ho potuto vivere la difficoltà della comunicazione del proprio punto di vista e di comprensione di quello altrui. E’ stato un dialogo interessante, che a un certo punto si è spostato sul piano del sentire. A quel punto c’è stato l’incontro. Fino a che rimanevamo a livello di scambio dell’interpretazione della realtà, c’era da parte di entrambi la constatazione che non fosse possibile condividere una visione comune. La presa d’atto e l’accettazione di ciò da parte di entrambi ci ha spostati su un altro piano, come se improvvisamente riconoscessimo che per comunicare dovevamo uscire dal piano mentale. Ogni opposizione interiore improvvisamente si è sciolta e ho sentito chiaramente dentro di me il passaggio ad un’altra vibrazione, come un cambiamento di livello…
Che buffo! sto cercando di comunicare qualcosa che non è comunicabile…
eppure lo sforzo a comprendere e a farsi comprendere fa parte dell’aspirazione alla comunione con l’altro e io credo, che in fondo esso sia funzionale al processo di unificazione.
Ho sempre sentito il tema dell incomunicabilità tra le persone, dell impossibilità di comunicare esattamente ciò che si prova, per i motivi che Pirandello ha molto chiaramente delineato. Ciò che arriva all altro dopo la decodifica è nel migliore dei casi solo un approssimazione di quanto comunicato, ma se pensiamo che ciò che verbalizziamo è già una traduzione inevitabilmente imprecisa di ciò che sentiamo…
Così è se vi pare.