Insegnamento filosofico 5
Abbiamo parlato del piano fisico, cercando di inserire il discorso che abbiamo fatto in un contesto più ampio, che includeva il concetto di illusoria percezione della realtà, arrivando a sostenere che la realtà non è quella che voi vedete e che vi appare così sotto l’influenza della vostra mente; la quale ha l’indubbia capacità di modificare con i suoi schemi quello che percepite.
Ho appena usato la parola “indubbia” e – certamente – ciò non sembrerà ad alcuni di voi altrettanto indubbio; vediamo allora di cercare qualche esempio pratico per chiarire il motivo di questa mia affermazione categorica, anche perché quest’argomento – che può apparire così semplice – tuttavia comporta un modo di concepire la realtà totalmente diverso da quello a cui siete abituati.
Naturalmente, per rendere un poco più vivace la mia esposizione, escogiterò – com’è mio solito – un artifizio e prenderò come cavie per i miei due esempi due ipotetiche persone che chiamerò l’una Pinco e l’altra Pallino.
Il caso più semplice di modificazione della realtà da parte della percezione è quello in cui la capacità percettiva di un individuo è fisiologicamente menomata in qualche modo; consideriamo, ad esempio, l’ipotesi che Pinco soffra di quella menomazione che impedisce di percepire determinati colori, ad esempio il verde, e che viene chiamata comunemente daltonismo.
Ora è evidente che il nostro Pallino suderà le proverbiali sette camicie per convincere Pinco che la penna con cui sta scrivendo non è blu bensì verde; questo è l’esempio più semplice, ma mostra comunque quanto la realtà possa essere percepita differentemente a causa di una differenza fisiologica anche se, in questo caso, la differenza è di piccola entità e superficiale.
Consideriamo ora un esempio in cui sarà Pallino ad aver subito un trauma psicologico talmente forte da provocargli delle allucinazioni di tipo mistico; accadrà allora che Pallino vedrà, ad esempio, l’immagine di San Crisostomo in accorata preghiera proiettata su di una parete; cosa che, evidentemente, Pinco non percepirà.
Qualcuno tra voi – particolarmente pignolo – potrà dire che l’esempio non è calzante, in quanto le allucinazioni non sono reali ma mentali; bene, dico io, potrebbe anche essere, ma chi ve lo garantisce? Quanti veggenti, nella storia dell’uomo, sono stati presi per schizofrenici, dissociati, visionari, matti e soltanto perché vedevano cose che altri non riuscivano a vedere? E vi ricordo che qui non stiamo parlando di quale realtà sia più reale – quella di Pinco o quella di Pallino – ma stiamo semplicemente discutendo di quanto la realtà possa essere percepita diversamente a seconda degli schemi mentali.
Mi sembra dunque evidente – in questo caso – che malgrado non vi sia alcun danno fisiologico, la realtà percepita da Pinco e quella percepita da Pallino sono completamente diverse.
Quale esempio migliore di questo vi può essere per far vedere quanto la percezione della realtà è modificata dall’influenza della mente? Direi nessuno, cosicché oserei affermare che l’indubbio che ho usato all’inizio è reso legittimo proprio da questo esempio. Ripeto, quindi, che la mente ha l’indubbia capacità di modificare la percezione dello stesso oggetto da parte di due persone diverse, anche solo nel suo aspetto formale.
Quante volte ognuno di voi è stato un Pallino, leggendo qualche passo di un libro e capitandogli di leggere delle parole completamente diverse da come erano stampate, addirittura senza arrivare ad accorgersene, a meno che la frase non fosse particolarmente assurda o che qualcuno non glielo facesse notare? Direi che tutti i libri di patologia medica, di psichiatria e di psicologia sono zeppi di Pinchi e Pallini – pure sani fisiologicamente – che percepiscono cose strane, inusuali eppure per loro reali, dovute all’ingerenza del loro Io nella percezione della realtà.
Questo sta a significare che, per ognuno di voi, la realtà che vi circonda è in gran parte illusione; questo sta a significare che la realtà di ognuno di voi collima solo in certi punti con la realtà di tutti gli altri individui.
Se qualcuno di voi si chiedesse: “Ma, allora, le cose che io vedo intorno a me – ad esempio un tavolo – esistono realmente o non esistono? Che cosa c’è di reale nel piano fisico? È tutto una illusione o qualche cosa, qualche forma esiste per davvero?”
Bene, non abbiamo mai affermato che la materia non esista e che non esistano le forme, ma abbiamo invece affermato che le forme esistono pur venendo percepite differentemente e soggettivamente da ogni individuo.
Questo significa che se tutti voi aveste le stesse capacità percettive percepireste tutte le forme allo stesso modo e, se ne aveste di abbastanza fini, di abbastanza non stimolate dall’Io, guardando un tavolo, lo vedreste tutti in uguale maniera, fin nelle più piccole caratteristiche.
Cosicché si può ben affermare la stessa cosa che in altri lidi una volta è stata detta:
“Riusciremo a superare ciò che l’Io influenza in un individuo, anche a livello percettivo?
Le montagne, a un certo punto, non sono più montagne. Ma quando si va ancora oltre e si arriva a compiere il giro del Tutto per rientrare in se stessi, allora si scopre che le montagne sono di nuovo montagne; allora si scopre che la realtà esiste oggettivamente e che è soltanto per limiti e difficoltà individuali che la stessa appare diversa da essere a essere”. Scifo
In realtà non mi è chiaro. Penso che tutti noi abbiamo le stesse capacità percettive derivate dai sensi. Per tutti noi un tavolo è un tavolo con quella forma, quel tipo di materiale, quel colore. E’ la connotazione di quel tavolo ad essere diversa, non la percezione; per connotazione intendo le aggettivazioni che l’io ci mette sopra. Se non avessimo tutti le stesse capacità percettive non coglieremmo le stesse cose “reali'”: il mondo in cui operiamo, le persone che incontriamo. Tolti i nostri canali percettivi, il mondo così come lo cogliamo non esiste. Non so, spero di non aver portato confusione a chi legge e chiedo scusa a Scifo perchè, nonostante sia un po’ che mastichi di realtà ed illusione, sono ancora un’asina che protesta.
Grazie.
La vedo come te Catia. Grazie a Scifo comunque che ha spiegato cose sulle quali il tema della realtà soggettiva mi aveva creato smarrimento.
Occhio Samuele a rassicurarti troppo, quello che Scifo mostra è solo un aspetto della realtà, quello basico.
Postulato che il tavolo è oggettivo, dipende in quale scena, fruita da quale spettatore e con quale finalità esistenziale è collocato, e in quale tempo.
Ma non è tema da affrontare qui..
Grazie. Argomento molto complesso, sul quale pensavo di aver capito solo qualcosa. Adesso però non sono più sicuro nemmeno di quel qualcosa…
Argomento molto interessante!
Quindi; l’io in balia delle proprie emozioni, della mente, dei propri bisogni, distorce la realtà, di conseguenza influenza la capacità percettiva derivata dai sensi.
E’ così?
A Luana.
Sì, è proprio così.
Per farcelo capire con un esempio pratico le Guide hanno portato il caso dei testimoni oculari di un incidente automobilistico: le versioni di ognuno di essi differisce in qualche parte (a volte anche molto ampia) da quelle degli altri, perché sono gestite dall’Io che tende a notare per prima cosa ciò che lo colpisce personalmente e ad adeguare l’interpretazione delle sue percezioni a quelle che sono le sue esigenze di preservazione e abbellimento di se stesso.
In realtà, ciò che dice Scifo mi è familiare. Mi capita spesso di accorgermi che le realtà percepite da soggetti diversi, è diversa. Diverse poi sono le razioni. Non parlo di cose, che appartengono ad una codificazione condivisa su larga scala, come può essere la percezione di un oggetto, come il tavolo appunto, anche se addentrandoci nell’aspetto filosofico il problema rimane. Parlo di come vengono interpretati i fatti che poi creano reazioni differenti a seconda di chi li vive. Il fatto è lo stesso, ma ognuno ci mette del proprio nell’interpretazione e quindi nell’elaborazione dello stesso. Esiste l’oggettività? Non credo sia per noi umani, in virtù dei limiti di questa condizione, possiamo però impegnarci ad andare oltre, consapevoli del fatto che la nostra è una visone parziale, predisponendoci ad una apertura verso una visone più ampia che contempli altri possibili interpretazioni.
La lettura dei commenti e l’esempio portato da Gian sono di aiuto. Condivido e sottoscrivo le parole di Natascia: è nella condivisione di una stessa scena che è facile cogliere i differenti aspetti percepiti, più complesso allargare la visione a ciò che è codificato come oggetto ad uso comune… grazie a tutt*