Insegnamento filosofico 19
Siccome abbiamo parlato di personalità, abbiamo pensato di offrirvi l’esempio diretto di quelle che sono le vostre personalità, visto che non dobbiamo perder di vista lo scopo principale dell’insegnamento che è quello di far conoscere voi stessi a voi stessi e che quindi i messaggi che vi porgiamo non sono fini a se stessi, né semplici elucubrazioni mentali, ma devono necessariamente servire a qualche cosa.
Osserviamo dunque il vostro comportamento allorché la seduta è stata interrotta. (ndr: la seduta era finita ed è stata ripresa dopo circa un’ora). Osserviamo ciò che avete manifestato nel vostro piano di esistenza, ovvero la manifestazione delle vostre personalità.
Se voi foste stati attenti principalmente alle vostre reazioni piuttosto che a quelle degli altri, da quanto abbiamo cercato questa sera di insegnarvi coll’insegnamento diretto, potreste capire un’infinità di cose sul vostro modo di essere, sulla vostra personalità, sulla vostra evoluzione, sul vostro più intimo sentire.
Vi è stato chi ha mascherato la delusione ritirandosi con la coda tra le gambe in un’altra stanza a portare avanti un lavoro manuale che in qualche modo desse un senso alla serata che, secondo il suo punto di vista, era incomprensibile e incompleta, dimostrando in questo modo, non soltanto di non riuscire a comunicare con gli altri, ma anche, in fondo in fondo, di disinteressarsene abbastanza.
Vi è stato chi ha affermato in passato di non avere domande, o di non voler fare domande, e poi ha trovato nella discussione un’enormità di punti su cui invece avrebbe potuto chiedere e che avrebbe fornito materiale per dare risposte interessanti, di confronto, di discussione, non soltanto con i testi che così bene conosce, scorre e cataloga, ma anche con ciò che noi diciamo e con ciò che, eventualmente, altri possono aver detto o compreso o conosciuto, offrendo così a noi l’occasione di affrontare certi argomenti e agli altri la possibilità di aprirsi, di comunicare, di sciogliersi e di comprendere.
Vi è stato chi è rimasto colpito da ciò che ha detto Moti e ha percorso con la sua mente la via del pessimismo, trovando in quelle parole, vissute forse accoratamente, come se fossero state pronunciate in modo triste e con velato rimprovero, la sensazione che per il cerchio attuale le cose in futuro si sarebbero messe in qualche modo male.
Vi è stato chi è preoccupato principalmente di come si sentivano gli strumenti.
Vi è stato chi, solitamente non fa domande; eppure ha trovato dentro di sé, in un raro momento di apertura, la voglia, il desiderio, il piacere di colloquiare, di chiedere, di scambiare, di sapere.
Vi è stato chi si è chiuso nel silenzio ed è rimasto in uno stato di incomunicabilità.
Potrei continuare nella mia analisi dei vostri comportamenti, tenendo presente, fra l’altro, che tutti questi comportamenti possono essere validi uno per uno, ma che in realtà possono anche essere benissimo mescolati tra loro ed essere parte, più o meno evidente, della personalità di tutti voi.
Ecco, creature, la personalità di un individuo all’interno del piano fisico è costituita da tutti questi molteplici fattori che agiscono ed interagiscono tra di loro.
La personalità che l’individuo possiede non è tanto dovuta alla presenza di questi fattori, ma alla forza che ognuno di essi ha nella strutturazione della personalità o meglio, per chiarire quello che voglio dire, alla quantità di questi fattori presenti nella costituzione della personalità.
Nell’analisi che io ho suggerito di fare, all’inizio del mio discorso, ognuno di voi potrebbe commettere un errore comune e tipico di tutti gli esseri umani, quello cioè di soffermarsi ad osservare la personalità degli altri e cercare di capire non la propria personalità, attraverso il proprio comportamento, ma il comportamento altrui e quindi la personalità delle altrui persone.
Vi ricordo che fare questo porta soltanto ad un’esame della propria percezione soggettiva degli altri e che, in realtà, la personalità altrui continua a restare incomprensibile nella sua reale essenza, in quanto, lo rammento ancora, quello che voi percepite degli altri non è detto che sia veramente ciò che gli altri sono, ma soltanto ciò che voi degli altri vedete.
Basta pensare al giudizio che tutti voi potete dare di una stessa persona e che certamente non collima perché il vostro Io vi spinge a notare in quella persona particolari pregi o difetti, tanto che, se voi parlaste con altri che questa persona non conoscono, essi potrebbero pensare che state parlando sempre di una persona diversa.
Per fare un discorso leggermente più curioso, prima di chiudere veramente questa serata, per farvi cioè comprendere quanto è relativo il concetto di personalità, basta che prendiate in mano uno qualunque dei vostri calendari.
“Ohibò, come al solito, Scifo dice qualcosa di strano!”.
Niente affatto creature. Voi, abituati ormai da secoli alla religione cui appartenete, conoscete indubbiamente molti dei santi presenti sul calendario, però, come spesso accade, difficilmente sapete perché queste persone sono state fatte sante; tuttavia possedete un concetto di santità, avete, più o meno, un’immagine di come dev’essere una persona santa, immagine che può differire, in qualche punto per alcuni di voi, ma che, nei punti base, è sempre la stessa, quindi si dovrebbe pensare che tutte le persone santificate presenti sul calendario, dovrebbero aver avuto nel tempo la stessa personalità di base, o almeno, buona parte dei tratti della loro personalità avrebbero dovuto essere simili.
È chiaro che così non è, e basta pensare ad un San Luigi che è stato fatto santo non per la sua personalità, che era piuttosto tormentata a dire il vero, ma più che altro per motivazioni strettamente politiche; o ad un santo, tanto sconosciuto – che penso praticamente nessuno di voi conosca – rispondente al nome di Labre. Questo santo ha vissuto per alcune decine di anni alle porte della città santa, senza mai muoversi dal posto dove risiedeva, senza lavarsi, senza cambiarsi, e via e via e via, tanto che si narra, in modo più o meno veritiero che egli morì roso dagli innumerevoli pidocchi che si portava addosso!
E se questo non è il presentarsi di una concezione relativa ditemi voi allora che cosa può essere!
Certo, coloro che hanno deciso la santificazione di questa persona avranno avuto delle motivazioni, ma era soltanto una percezione soggettiva, oppure questa persona aveva davvero la personalità del Santo?
Pensateci creature: come mio solito mettiamo anche questa domanda nel mucchio delle molte che in tutti questi anni vi ho rivolto e che attendono come sempre da voi, una risposta.
Forse voi, nella vostra vita di tutti i giorni, nella vostra personalità di tutti i giorni, avete una forte componente di impazienza: vorreste andare avanti, avere subito le risposte e via dicendo. Bene creature, invece nella nostra personalità la componente più elevata è senza dubbio quella della pazienza, per cui continueremo ad aspettare (anche per vite e vite magari) che le risposte possano venire date.
Per quello che riguarda poi la mia personalità, quella che voi giudicate così forte e tale da mettere a volte in imbarazzo o in condizioni da non avere il coraggio di rispondere, vi posso assicurare che non l’ho mai posseduta in questa forma e che se è in questa forma che mi presento a voi è soltanto per far sì che voi possiate vedere un aspetto diverso dell’insegnamento, che voi possiate trarre da questa personalità fittizia degli stimoli nuovi a comprendere, ad andare avanti, a reagire.
Tanto per dare risposta ad un’altra delle innumerevoli domande che poc’anzi ho sentito e che mi hanno compiaciuto, vorrei aggiungere ancora che anche se mi presento con questa personalità, in realtà potrei farlo con qualsiasi altra personalità appartenente a coloro che sono presenti sul mio piano di esistenza.
Perché questo, creature? Perché dall’akasico in poi si incomincia a sentire finalmente la comunione con gli altri esseri, si incomincia a sentire se stessi e contemporaneamente a sentirsi gli altri, arrivando così a costituire una sorta di anima gruppo evoluta per cui ogni individuo che ne fa parte può avere ancora, negli strati più bassi del piano akasico, la percezione della propria soggettività, però contemporaneamente, è anche tutti gli altri.
Ma non vorrei addentrarmi in qualche cosa che, per il momento, è totalmente alieno al vostro modo di concepire la vita e le cose.
Vi auguro soltanto, creature, di arrivare presto alla soglia della comunione. Scifo
” nella nostra personalità la componente più elevata è senza dubbio quella della pazienza, per cui continueremo ad aspettare (anche per vite e vite magari) che le risposte possano venire date”. Vero, ma come distinguere il confine tra pazienza e stasi ? Solo nella connessione profonda con il nostro sentire credo risieda l’orientamento, a volte soffocato da molte stratificazioni difensive.
Diversi sono gli spunti su cui riflettere che hanno rilevanza per il procedere comunitario. L’importanza delle domande, l’invito a osservare se stessi, le proprie reazioni e proiezioni piuttosto che soffermarsi a interpretare o giudicare il comportamento altrui, il valore della pazienza…
Grazie Scifo
La pazienza si esercita meglio, quando vengono meno le aspettative, quando c’è fiducia. Potremmo definirla una cartina di tornasole.
Grazie