D – Per me chiaramente non si può essere liberi finché si è soggetti al proprio karma, cioè finché non si riesce a comprendere attraverso l’allargamento del sentire il proprio. Questo implica ovviamente un lavoro che non dovrebbe essere mentale, ma di coscienza; proprio la cosa che noi facciamo sempre fatica a raggiungere.
Quindi il lavoro che bisogna fare per poter raggiungere il proprio sentire è ridurre il proprio Io, e fare questo non è semplice: bisogna praticare il “conosci te stesso” per anni e anni – qui dichiarato, ma mai poi, se non in pochissimi casi, messo in pratica – per cui bisogna arrivare a questo, per poter essere liberi.
Cercando di dire la cosa in modo più “filato”, io direi che per essere liberi bisogna “semplicemente” allargare il proprio sentire.
Allargare il proprio sentire significa comprendere le esperienze che si stanno vivendo, ma questo non significa:
– macerarsi sulle esperienze,
– almanaccare sulle esperienze,
– cercare di sfuggire alle esperienze buttandosi magari in altre ancora più dolorose.
Significa, invece:
– osservare se stessi mentre si sta vivendo l’esperienza e vedere dov’è che si sbaglia,
– cercare di comprendere i motivi interiori che fanno sbagliare, che costringono ad andare in una certa direzione limitando quindi la personale libertà dell’individuo. Era questo, in fondo, che volevi dire?
D – Sì. Questo è ancora, forse, un lavoro tipicamente mentale…
No, per niente. Se è mentale non serve praticamente a nulla, se non a spostare in qualche modo l’esperienza in un’altra direzione: finché il lavoro è soltanto mentale, non vi è comprensione.
D – Volevo dire appunto che, per analizzare se stessi, bisogna utilizzare forse la mente come un passaggio, cioè lasciar intervenire la coscienza e, in quel modo, allargare il proprio sentire: sostanzialmente amando di più, amando di più non i propri cari e chi ci affascina, ma anche quelle persone che vediamo per un attimo. In fondo, allargare il sentire significa allargare il proprio amore, no?
Certamente.
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D – Sembra molto difficile però trovare il bandolo della matassa, riuscire a superare quello che è soltanto mentale; perché noi abbiamo sempre sentito dalle Guide, dai Maestri: “Amate gli altri”, ma quando questa cosa non si “sente” non ci si può certo imporre di amare.
Quindi è un po’ difficile individuare dove sta la porta di accesso a questo nuovo modo di procedere, perché non te lo imponi.
Ad esempio, per me è stata una buona strada il riflettere sugli insegnamenti e cioè non impormi “devo amare anche il mio vicino”, però ragionando sugli insegnamenti (quindi attraverso il mentale, forse unito anche a una parte emozionale, senz’altro: l’astrale e il mentale), realizzando che siamo due parti di uno stesso universo, di uno stesso corpo, due scintille divine con gli stessi diritti e doveri; questo ha fatto in modo che riuscissi ad accettare di più l’altro perché, in fondo, si tratta sempre di accettazione, alla fin fine.
Questo allargare il proprio sentire secondo me è proprio accettare piano piano tutte le cose che ci capitano cercando di comprenderle, comprendere che sono giuste
Quando si arriva a vedere la perfezione di tutto il disegno, anche delle cose che ci capitano personalmente e che umanamente sono etichettabili come dolorose, ecc., ma nel momento in cui vediamo la giustezza e la perfezione di queste cose, il fine di farci comprendere, ecco che è facile anche amare l’altro. E’ possibile questa, come strada di approccio?
Diciamo che senza dubbio il corpo fisico, astrale e mentale, se ci sono hanno un perché, no? Non vi è nulla che non abbia una sua motivazione, una sua posizione nel disegno del Tutto. E il loro perché risiede proprio nell’essere delle fonti di elementi che, attraverso le incarnazioni dell’individuo, forniscono punti su cui allargare il sentire del corpo akasico.
Quindi, certamente, se avete un corpo mentale, una mente, usatela perché può servire a inviare elementi per la comprensione.
Se avete un corpo astrale, ebbene: desiderate, cercate d’amare, soffrite, gioite, divertitevi, perché anche questi elementi portano comprensione al corpo akasico.
Se avete un corpo fisico, usate questo corpo, non restate come dei vegetali, immobili, cercando di non far nulla per paura di affrontare la realtà fisica che vi circonda, perché anche da questo corpo fisico arriveranno degli elementi che, uniti a quelli degli altri corpi, forniranno un quadro più completo al corpo akasico e, da questo quadro più completo, il corpo akasico riuscirà a trarre una comprensione; e questa comprensione si tradurrà inevitabilmente in un allargamento di sentire, e questo allargamento di sentire si tradurrà, poi, in una maggiore libertà d’azione all’interno della realtà, non solo fisica. Scifo
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L’importanza di “sporcarsi le mani”, di non temere i propri pensieri, emozioni e azioni. Lanciarsi nella vita, esercitando la consapevolezza, perché se ciò che viviamo è sempre funzionale al nostro apprendimento non abbiamo nulla da temere.
Grazie.
Mi chiedo a volte, se il vivere da sola, oltre a riconoscerne i molti vantaggi, non sia anche un modo per eludere alcune emozioni.
Lo sbilanciamento del corpo astrale, ha sempre rappresentato un rischio per me, ma avrò imparato?
La quiete che vivo, è frutto di una comprensione o anche del timore di sperimentare?
Ora vivo una vita serena, ma non so riconoscere se è il frutto delle comprensioni acquisite o dell’accontentarsi.
Continuo ad osservare le scene, cercando di svolgere quel lavoro sul piano esistenziale che dice Scifo, ma le trappole della mente sono molte e fare chiarezza non è sempre facile.
Grande, Scifo, che ci esorti a osare, grati dei vari corpi che abbiamo perchè è con l’insieme di questi che facciamo esperienze e allarghiamo il sentire di coscienza.
Cerchiamo di comprendere le
esperienze per ampliare il sentire, attraverso gli impulsi dei vari corpi.
Post molto incoraggiante.
È tempo di abbandonare i propri bisogni.
Vivere!
Questa è l’esortazione.
Se in tutto c’è un senso perché tarpare le ali?
A piccoli passi sto sperimentando e grande è la ricompensa