Interazioni tra archetipi, materia akasica, sentire [IF77.1focus]

[…] Qua, forse, converrebbe inserire un attimo il perché vi ho fatto la domanda su dov’erano situati gli archetipi. Non voglio addentrarmi nei particolari della posizione precisa, perché non sarebbe poi molto interessante e non sarebbe neanche molto importante da sapere.

Ma immaginare un attimo, dare un attimo una struttura agli elementi che costituiscono il piano akasico forse può aiutarvi a comprendere, pur con tutte le imperfezioni che ciò comporta, con la rigidità schematica che inevitabilmente ciò può comportare; quindi cercate di prendere quello che dirò come un modo per farvi comprendere le meccaniche, tenendo però presente che non sono così semplici, così fisse, così precise e rigide come può apparire dalle mie parole – ma può essere (ripeto) un modo per farvi comprendere le meccaniche, le interazioni che ci sono tra archetipi permanenti, materia akasica, sentire dell’individuo e archetipi transitori.

Idealmente, si potrebbe tracciare una sorta di posizionamento di tutti questi elementi: nel punto più alto (chiaramente) gli archetipi permanenti; nel punto più basso, direi addirittura situati in quella parte di materia akasica che fa da pellicola nel corpo akasico (l’analogo del corpo eterico, però riferito alla materia akasica, al piano akasico) gli archetipi transitori.

Tra questi due estremi cosa si vengono a trovare? Si vengono a trovare alcuni elementi che non sono non influenti: un elemento influente è l’Eterno Presente, e un altro elemento sono invece i corpi akasici di tutti gli individui che stanno facendo evoluzione e che si vanno via via formando. Come li situereste, voi, questi due elementi? Sopra il permanente, sopra il transitorio, in mezzo, prima uno, prima l’altro?

È chiaro che i corpi akasici degli individui, quei corpi che si vanno strutturando, non possono che appartenere alla parte più bassa del piano akasico, anche perché non sono strutturati, quindi sono in movimento, sono in via di formazione, sono quella parte che riceve più direttamente gli scontri delle vibrazioni provenienti dai piani inferiori; quindi io situerei idealmente: gli archetipi permanenti, l’Eterno Presente, il sentire degli individui e poi, nello strato ancora successivo, gli archetipi transitori.

Ora, voi immaginate un attimo – tenendo presente questa sorta di scaletta – che cosa può avvenire, meccanicamente? Avviene che l’archetipo permanente invia la sua vibrazione ben solida, sicura (e anche un po’ prepotente, poi, alla fin fine, perché deve guidare l’evoluzione della razza) verso la materia sottostante arrivando a quello che è l’Eterno Presente, ovvero lo sviluppo della Realtà così come l’Assoluto ha già immaginato che debba essere, tenendo conto di tutto quello che accadrà. Inevitabilmente l’archetipo permanente deve modularsi tenendo conto di questo Eterno Presente; mi sembra evidente, perché altrimenti sconvolgerebbe il Disegno se la sua vibrazione non fosse in armonia con quello che è l’Eterno Presente.

Quindi, in qualche modo si modula e, modulandosi però, inevitabilmente, si trasforma e arriva alla materia sottostante, a quella costituita dai corpi akasici in via di formazione, di strutturazione, degli individui che si stanno incarnando; li attraversa, arriva a contatto con quelli che sono gli archetipi transitori e risuona in essi mettendo in movimento la materia che li forma; ma, poiché è una vibrazione molto complessa, una vibrazione molto forte, in qualche modo finisce per diventare una sorta di lampadina e l’archetipo transitorio una falena che cerca di muoversi verso la luce proiettata da questa lampadina.

Ecco perché negli incontri precedenti avevo detto che l’archetipo permanente è quello che fa da traino all’evoluzione dell’individuo. L’archetipo transitorio così resta in movimento al suo interno, non è una cosa statica, immobile, non lo può essere perché riceve le due spinte contrastanti secondo la dicotomia che accompagna tutta la creazione, tutto l’individuo e tutta l’evoluzione. Anche nel grafico che avevamo visto c’è sempre questa dicotomia di uno che tira da una parte e uno che tira dall’altra e, dall’insieme delle due forze contrastanti, emerge poi una risultante.

Anche per quello che riguarda l’archetipo transitorio il discorso è lo stesso: sotto la spinta (anche se più che uno spingere è un “attirare”) da parte dell’archetipo permanente, quello transitorio riceve un movimento; sotto gli influssi delle vibrazioni che provengono dalle esperienze fatte dagli individui, che hanno creato questo archetipo transitorio, arrivano invece le controrisposte che tendono a modificare, a mettere in maniera diversa questa materia che è già in movimento di suo; ed ecco, quindi, che attraverso questo doppio scontro della realtà avviene una trasformazione nell’archetipo transitorio, che si scioglie dando vita a un nuovo archetipo transitorio.

[…] D – L’archetipo transitorio è una necessità intrinseca alla materia akasica oppure uno potrebbe avere il proprio archetipo… cioè se io ho il mio sentire, questo potrebbe essere influenzato direttamente dall’archetipo permanente, senza modificarmi con gli altri…

In teoria sì, però in realtà è un po’ la stessa cosa che accade quando c’è l’incorporazione di un’entità molto evoluta, ad esempio. Può accadere che – e lo avevamo detto in passato, se ricordate – un’entità molto evoluta a volte si presenti, talmente evoluta che avevamo detto che non si presenta attraverso questi due strumenti direttamente ma solitamente usa un’entità che faccia da “ponte”, ricordate che lo avevamo detto? Questo accade perché le vibrazioni di questa entità sarebbero così forti da sconvolgere le vibrazioni degli strumenti.

Ora, la stessa cosa può accadere per quello che riguarda la vibrazione inviata dal famoso “rintocco di campana” degli archetipi permanenti. La vibrazione inviata da questi archetipi permanenti è talmente forte che, se fosse immediatamente assimilata dall’individuo, allorché è incarnato ad esempio, l’individuo resterebbe sconvolto dalle vibrazioni assunte.

È necessario, invece, che si avvicini all’individuo per gradi, in modo da abituarlo in qualche maniera a percepire nel modo migliore questa vibrazione che, fra l’altro, nel frattempo è arrivata verso di lui all’interno del piano fisico trasformandosi sotto la spinta (come voi sapete) di tutte le materie che attraversa; quindi è ben difficile che l’individuo riesca – tranne in casi particolari, molto, molto particolari – a percepire direttamente, nella sua purezza, quella che è la vibrazione emessa dall’archetipo permanente.

D – E’ una specie di filtro, quindi.

Certamente, e ricordate che il primo filtro, già in partenza, è l’Eterno Presente, in qualche maniera.

D – E poi le materie che costituiscono tutto l’individuo.

Certamente.

D – L’archetipo permanente io pensavo che fosse magari l’amore, nel senso più puro, più vero, cioè l’unione con tutti, ecc.; ultimamente abbiamo parlato di fratellanza universale, quindi mi sembra sia la stessa cosa; e non riesco a pensare che ci sia altro. Mi sembra una meta così grande, così definitiva, che mi chiedo se è forse l’unico archetipo permanente?

L’archetipo degli archetipi, il “superarchetipo” non può essere che la Realtà Assoluta, non può essere che l’Assoluto. Ma i gradi per arrivare a comprendere l’Assoluto sono fatti di tutti questi archetipi (permanenti) che invece sono delle vibrazioni che appartengono a vari attributi dell’archetipo (l’Assoluto, ndr), di cui la fratellanza è uno degli attributi, ad esempio.

D – Non è che fratellanza corrisponde ad amore assoluto, no?

Non è detto. Diciamo che per avere poi quell’idea di amore assoluto, di realtà assoluta, e via dicendo, con cui si può in qualche maniera cercare miseramente di descrivere l’Assoluto, è necessario che si compongano tanti elementi – infiniti elementi, poi, alla fin fine – altrimenti non si parlerebbe di Infinito e di Assoluto. Scifo

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Edi

Non sono tanto d’accordo col posizionare gli archetipi permanenti al di sopra dell’eterno presente, perché se l’eterno presente è il modo di esistere di Dio , per logica deve “contenere” tutti i sentire , compresi gli archetipi permanenti

Catia Belacchi

Il post, di argomento non semplice è espresso con molta chiarezza e la funzione dei due tipi di archetipi è comprensibile

Leonardo

Tutto chiaro. Sempre più noto una somiglianza con la descrizione della realtà così come viene presentata nei dialoghi platonici, penso in particolare al Simposio e al Fedro. Grazie.

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