Indurre l’Io alla conoscenza di sé [A201-sdc25]

Dopo avervi fornito la base logico-filosofica su cui poggia la nostra teoria a proposito della formazione dei sensi di colpa, vediamo di incominciare a esaminare assieme come affrontarli e farli diventare uno strumento utile al raggiungimento che ci eravamo prefissi, cioè quello di stemperare o addirittura annullare i sintomi somatici che, ineluttabilmente, la loro presenza porta con .

Come avevamo osservato in precedenza, all’individuo incarnato all’interno del piano fisico risulta possibile “lavorare” solo sui sensi di colpa consci, ovvero su quei sensi di colpa di cui egli ha acquisito consapevolezza. L’individuo si trova  così, inevitabilmente, a operare nello stesso territorio su cui l’Io esercita la sua influenza e, di conseguenza, risulterà indispensabile riuscire a fare dell’Io e di ciò che conosciamo dei suoi meccanismi un elemento col quale trovare la maniera di collaborare e di interagire, adoperandolo come uno strumento utile per ottenere indicazioni sul percorso da compiere al fine di arrivare a dei risultati soddisfacenti.

Senza dubbio ci troveremo davanti a delle difficoltà, dal momento che per l’Io riconoscere al suo interno la presenza di sensi di colpa è cosa dura da accettare o anche solo da ammettere: tendenzialmente esso, infatti, tende a considerare se stesso come il signore indiscusso della sua realtà, il detentore della verità assoluta e, in quanto tale,  al di sopra di qualsiasi altro pretendente al ruolo di prima donna della realtà.

Immerso in questa sua visione egocentrica, all’Io risulta difficile anche solo considerare la possibilità di subire l’influenza di un qualche senso di colpa, dal momento che tale ammissione andrebbe a ledere l’immagine utopistica (e, ovviamente, irrealistica) che esso tende ad avere di se stesso, confondendo ciò che esso è con l’immagine ideale di ciò che vorrebbe apparire agli occhi degli altri. 

L’ammissione di avere dei sensi di colpa, infatti, per l’Io significherebbe dover arrivare a fare un notevole atto di umiltà in quanto vorrebbe dire ammettere con se stesso di avere dei punti deboli e di non essere veramente in grado di vestire in maniera appropriata e continua il ruolo che ambisce e che, tendenzialmente, ritiene gli spetti di diritto.

Le reazioni che mette in atto l’Io per nascondere a se stesso e agli altri l’esistenza al suo interno di sensi di colpa si manifesta, molto spesso, attraverso forti meccanismi di censura: l’Io che si sente in colpa per qualcosa (sia che si tratti, per esempio, di un desiderio inappagato o di un’azione fortemente egoistica),  per prima cosa cerca di far apparire la causa del senso di colpa inesistente e, per far questo, arriva a negare la spinta che cerca di rendere conscia una sua disarmonia nei confronti dei dettami degli Archetipi Permanenti o una sua discordanza interiore anche solo con le norme etico/morali che gli vengono dettate nel corso della sua esplorazione degli Archetipi Transitori.

Molte esistenze umane sono rese spesso estremamente travagliate da questa incapacità dell’Io di accettare e riconoscere le sue incomprensioni che si cristallizzano, così, in desideri repressi e finiscono con l’avere, come conseguenza della repressione attuata, il solo risultato di contribuire ad alimentare quei vortici vibratori interiori che arrivano, come abbiamo visto, a manifestarsi sotto forma di sintomi somatici.

A ben pensarci ci troviamo dinnanzi alla situazione assurda di un Io che cerca di superare la sofferenza interiore dando il via a un processo di censura che, alla fin fine, ha il solo risultato di accrescere e alimentare tale sofferenza: negare, occultare o reprimere anche solo l’ammissione delle proprie spinte interiori, infatti, ha lo scopo, per l’Io, di non mostrare le sue debolezze ma porta alla conseguenza, per l’individuo incarnato, di negare o disconoscere le sue incomprensioni e quindi di trovarsi a dover lottare incessantemente contro le spinte evolutive che, invece, tendono a farlo diventare consapevole, dal momento che la loro finalità è quella di indurlo a superare ciò che non ha ancora compreso avanzando, così, nel suo processo evolutivo.

Questo significa che, nell’osservare i vostri sensi di colpa, vi troverete senza dubbio di fronte alle resistenze che l’Io opporrà alla vostra osservazione di voi stessi, quelle stesse resistenze che certamente avrete avuto occasione di notare nell’esecuzione di quelle semplici tecniche di ausilio all’osservazione di voi stessi che vi abbiamo indicato come possibili strumenti di analisi della vostra interiorità (l’esame dei sogni e le parole associate) e che vi abbiamo documentato nella pratica con le persone che hanno seguito, con il nostro aiuto, il tracciato del percorso di esplorazione che vi abbiamo indicato in questa ultima fase “pratica” dell’insegnamento.

Le perplessità che certamente potrebbero sorgere in voi potrebbero derivare da una semplice domanda: “Se esamino me stesso adoperando l’Io (come sembra inevitabilmente che accada) in che maniera posso svincolarmi dall’influenza dell’Io e rendere la mia osservazione il più possibile obiettiva senza cadere nelle trappole che l’Io mette sul percorso della mia osservazione?”.

In questa domanda c’è un punto fondamentale di incomprensione che, forse, non avete ancora veramente superato se non in maniera strettamente teorica e soltanto a parole, ovvero che voi non siete il vostro Io, sebbene esso cerchi di indurvi a credere il contrario!

Senza dubbio voi siete ANCHE il vostro Io (individuabile nella risultante della costituzione e dell’interazione dei vostri corpi fisico, astrale e mentale), ma siete ANCHE la risultante delle comprensioni che avete raggiunto all’interno del vostro corpo della coscienza e che si vanno via via strutturando a mano a mano che avanzate nel vostro percorso evolutivo. E non solo, ma siete ANCHE la conseguenza del vostro essere, comunque e sempre, collegati alla Vibrazione Prima e, di conseguenza, all’Assoluto, e siete ANCHE, infine, l’espressione della vostra reattività sia nei confronti degli Archetipi Permanenti sia nei confronti degli Archetipi Transitori.

Quello che potete fare è adoperarvi per convincere il vostro Io (e, in fondo, si tratta in realtà di convincere voi stessi) che il modo migliore per affermare se stesso e soddisfare contemporaneamente sia il suo desiderio di espansione e di dominio della realtà sia l’eliminazione della sofferenza che ostacola il suo fragile equilibrio interiore è conoscere il più approfonditamente possibile ciò che agisce al suo interno.

E questo, anche se così può non apparirvi vero immediatamente, ha tutti i crismi per essere accettato dal vostro Io, dal momento che asseconda, in realtà, quelli che sono i desideri più immediati dell’Io stesso, ovvero l’evitare la sofferenza e il sentirsi padrone del proprio mondo.

Quello che manca per aiutare l’accettazione dell’Io a muoversi con continuità su questi binari deriva dall’accettazione del fatto che l’Io, in fondo, non esiste veramente ma scaturisce dall’insieme delle reattività che i vostri corpi transitori mettono in atto nell’affrontare le vicissitudini della vita. Il ponte di collegamento tra il vostro Io e i vostri reali bisogni va costruito, di conseguenza, sull’osservazione che potete mettere in atto su voi stessi, fornendo al vostro Io il materiale più adatto per indirizzare la sua attenzione verso quelli che sono i vostri veri bisogni, andando oltre agli istintivi meccanismi di difesa e di censura che l’Io attua su se stesso nel tentativo di non osservarsi obiettivamente cercando, in questo modo, di offrire un’immagine di se stesso ideale e non reale.

“Più facile a dirsi che a farsi” affermerete voi, senza rendervi conto che, in fondo, non è nulla di più di quello che fate costantemente nel corso della vostra vita! Se ponete attenzione a come operate nelle vostre giornate vi renderete certamente conto che le vostre reazioni alle esperienze che via via andate ad affrontare comportano un incessante lavorio da parte del vostro Io per cercare di mantenere il controllo sulla vita che state vivendo e, per farlo, adopera gli strumenti che ha a disposizione: le sue reazioni fisiche, le espressioni emotive che lo coinvolgono, i ragionamenti sui quali tenta in continuazione di dare motivazioni e giustificazioni a quelle che sono le sue reazioni alle esperienze cui è sottoposto.

Ciclo sul senso di colpa

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