Io vorrei raccontarvi questa sera una piccola favola, questo perché molti di voi hanno manifestato il desiderio di avere degli esempi, delle delucidazioni, altri hanno detto: “Ah, gli esempi no, preferisco la teoria” ed allora mettiamo una bella pietra su tutto questo, facciamo una fusione tra esempi e teoria in modo da poter accontentare tutti..
C’era una volta un uomo il quale aveva comprato un bellissimo rompicapo, composto da ben 30.000 pezzi, tutti costituenti piccoli pezzetti di rompicapo, con le loro belle sfumature apparentemente tutte uguali, e delle quali, chiaramente così, una per una, non si capiva nulla.
Tuttavia questa persona era appassionata nel costruire dei rompicapo, ed oltre tutto era anche abbastanza cocciuta così, malgrado il compito immane che si era assunto, voleva a tutti i costi portare avanti questo rompicapo e riuscire a completare il quadro che, poi, ne sarebbe uscito.
Questa persona, ahimè, fumava – scusate non sono come Ananda, ma sono un po’ più estroso nel raccontare le favole – ed era anche una persona abbastanza disattenta, cosicché dopo aver completato la cornice del suo rompicapo – in quanto è sempre più facile fare la cornice perché vi sono gli angoli diritti che permettono di lavorare e di trovare i pezzi di incastro più facilmente – accese la sua ennesima sigaretta e la appoggiò sul tavolo accanto alla scatola del suo bel rompicapo. Poi, pensando ai pezzi che si trovava davanti, se ne dimenticò; non soltanto ma, ad un certo punto, senza accorgersene dette un colpo al tavolo, la sigaretta cadde dal portacenere, finì sotto il coperchio della scatola del rompicapo e lì, un po’ alla volta, cominciò a bruciare la scatola.
Il nostro disattento rompicapista, si alzò per il fatto che, come tutte le persone, aveva dei bisogni, e malgrado i pezzi del rompicapo lo attraessero e gli facessero dimenticare molto spesso che era giunta l’ora del desinare, un po’ come tutti voi questa sera, si allontanò per mettere ordine in questi suoi bisogni. La sigaretta, continuò a bruciare, come è sua natura d’altra parte, e quando egli ritornò accanto al suo rompicapo, scoprì che la figura di base che era riportata sul coperchio della scatola, era completamente bruciata.
Potete immaginarvi la sua disperazione, tanto più che, naturalmente essendo così raro trovare un rompicapo di tale portata, questo rompicapo era un pezzo unico, e quindi non vi era più nessuna traccia per rimettere assieme il disegno.
La persona tuttavia non si diede per vinta, sapeva che doveva, ormai, per rendere utile la sua stessa vita, mettere tutti i pezzi al posto giusto. Allora gli venne un’idea, guardando un pezzo che aveva tre o quattro angoli, e cominciò a chiedere, nella sua città che si chiamava Aka, se qualcuno poteva sapere come si metteva quel pezzo, ma nessuno nella sua città lo sapeva.
Anche se, qualcuno gli disse, nella città più vicina che si chiamava Men forse poteva trovare un esperto che poteva dargli delle indicazioni. Lui, bravo bravo, andò alla città di Men ed anche qua chiese, ma anche in questa città nessuno sapeva come potesse essere messo quel pezzo.
Però, ancora una volta, gli dissero che se andava nella città ancora un po’ più a nord, e che si chiamava Ast, avrebbe trovato qualcuno che forse gli avrebbe dato una indicazione in merito.
Allora sempre pieno di fiducia, di speranza e di buona volontà, la nostra persona prese e andò all’altra città dove si ripeté la storia; questa volta, però, gli venne detto che senza ombra di dubbio, nella città che stava vicino alle montagne più lontane, e che si chiamava Fis, avrebbe trovato la sua risposta.
Egli infatti andò in questa città, arrivò sulla montagna più vicina, guardò verso il basso, e osservando il suo pezzo si accorse che in lontananza c’era uno sperone di roccia che era messo in un certo modo e che, facendo un paragone, il pezzo che aveva in mano sembrava ripetere esattamente quello sperone di roccia. Senza chiedere nulla, ma convinto che quella fosse la posizione in cui il pezzo andava messo, l’uomo tornò indietro. Ripassò attraverso le varie città ringraziando quelli che gli avevano dato le indicazioni e ritornò a casa sua, arrivò al suo rompicapo, prese il pezzo, guardò lo schema che già aveva creato e, senza esitazione, mise subito al suo posto il pezzo che aveva portato in giro per mezzo mondo.
Non ha una morale, non ha neanche un finale, è semplicemente un piccolo racconto per fornirvi un esempio di quello che può accadere allorché si cerca di comprendere quanto noi andiamo spiegando.
Vediamo se tutti voi siete così intelligenti da aver capito con questa allegoria, cosa intendevo dire.
D – Io ho capito che questa è l’incarnazione dell’individualità nel piano fisico, astrale, mentale, dato che le città erano stare chiamate Fis, Ast, Ment, e Aka; da Aka è partito questo individuo col pezzo e poi è andato alle altre città, Ment, Ast e Fis, e poi è ritornato ancora all’Aka.
D – Però è andato a Fis per trovare il posto dove mettere il pezzo, ha dovuto sperimentare nel fisico.
Quindi quello non è altro che il passaggio per arrivare al sentire, alla comprensione.
Quindi a questo punto, possiamo dire che il rompicapo, tutto sommato, può simboleggiare il copro akasico dell’individuo il quale, attraverso la discesa nei corpi pertinenti l’Io direttamente, trae gli elementi per comprendere come mettere i pezzi all’interno del suo rompicapo. Giusto?
E l’inconscio?
D – E’ l’immagine che dovrebbe emergere dal rompicapo sistemato.
D – E’ la strada che separa il luogo dove c’è il rompicapo dal luogo dove c’è l’immagine che gli ha fatto riconoscere il posto per cui è ritornato indietro.
E il preconscio?
D – La strada che lui ha fatto… il lavoro che aveva fatto per riuscire a trovare il posto giusto per l’incastro.
Diciamo che state diventando bravini e cominciate ad avere una certa idea di come stanno andando le cose.
Il lavorio dell’individuo ha sempre la meta di portare alla strutturazione del corpo akasico, quindi alla coscienza del corpo akasico, in quanto il corpo akasico in partenza, in realtà, è praticamente inconscio, e muove i suoi primi passi soltanto attraverso le spinte della scintilla, quindi abbastanza casualmente, tra virgolette naturalmente, non con consapevolezza di cosa sta facendo o di dove si sta muovendo.
Conscio
Allora, cosa succede? Succede che è possibile asserire che si può definire come conscio, come parte conscia dell’individuo – per lo meno in modo utile a proseguire poi nel nostro discorso – tutta quella parte ormai strutturata che riguarda il corpo akasico quindi il sentire, quindi, in qualche modo, tutto il sentire ormai raggiunto dall’individuo, il quale diventa la parte conscia dell’individuo.
Inconscio
Invece parte inconscia è tutta quella parte che non è ancora stata sistemata, dunque la parte di rompicapo che è ammassata alla rinfusa e che può essere messa a posto soltanto attraversando le varie città (cioè i vari piani di esistenza) e traendo dai vari piani di esistenza le esperienze che insegneranno, prima o poi, (con un’immagine, con un’altra persona, con un insegnamento), in che modo vada situato quel pezzo.
E soltanto allorché l’individuo andrà con la sua esperienza, con ciò che ha acquisito negli altri piani, davanti al proprio quadro, al quadro del proprio corpo akasico con il pezzo in mano da inserire si renderà conto di come e dove questo pezzo può giustamente essere inserito.
D – Volevo chiedere, scusa: i 30.000 pezzi del rompicapo ci sono già tutti, quindi, è solo una questione di organizzazione, di metterli al posto giusto, di strutturarli. E’ forse questo il discorso che c’è tra il divenire e l’essere, cioè noi crediamo che acquisisca pezzo dopo pezzo, cioè parta da 0 pezzi, al massimo con 1 pezzo, e poi successivamente ne abbia 2, 3; invece i pezzi ci sono già..
Questo è un argomento, che ci complica le cose, e che avremmo preferito, io e altri miei colleghi, toccare più avanti, ma visto che è stato toccato affrontiamolo un attimo tanto per darvi il tempo di incominciare a pensare anche su questo.
Il fatto è che, in realtà, il corpo akasico – al di là di quanto vi abbiamo detto finora e che serviva a farvi avvicinare ad una nuova prospettiva di tutto il nostro gran parlare – ha già i pezzi al suo posto. E’ l’individuo che non riconosce che i pezzi sono a posto e che, in realtà, non costruisce il rompicapo ma lo scopre.
E questo, come vedete, è un punto di vista, che modifica di nuovo la realtà di quanto andiamo dicendo; proprio per questo volevamo presentarvelo più avanti, in quanto siete già abbastanza confusi.
D – Sembra quasi che sia una “vista che si perfeziona”, vede cioè una piccola parte del disegno, del rompicapo e la sua vista si perfeziona e ne vede un parte più grande.
Sono i suoi sensi, i sensi del corpo akasico che si perfezionano.
E perfezionandosi sono in grado di percepire in modo migliore la realtà di quel piano, e quindi di vedere l’interezza del proprio corpo, un po’ come il neonato nel vostro piano fisico che non ha ancora i sensi adeguati a percepire tutta la realtà, e nei primi giorni di vita, vede soltanto alcune parti di quella che è la realtà, e soltanto un po’ alla volta il quadro di questa realtà si va, in qualche modo, strutturando sotto la sua percezione che si affina. Però la realtà c’era già, al di là del suo modo di percepirla.
D – Posso chiedere una cosa sulla sigaretta che brucia la tavola con la figura, cioè la conoscenza, la consapevolezza che i pezzi sono in quell’ordine lì. Questa consapevolezza che i pezzi sono in quell’ordine ce l’ha la scintilla.
Certo, che è quella che forma il disegno.
D – E la sigaretta potrebbe essere quello che è stato poi simboleggiato dalle religioni come la “caduta” cioè come la contaminazione, la perdita di un qualcosa di divino che ha condizionato, per le religioni, poi, il cammino all’insù, faticoso, di riconquista di queste cose perdute per chissà quali peccati, chissà quali offese. In realtà anche nel tuo esempio c’è la distrazione colpevole di mettere la sigaretta vicino alla scatola, quindi in un certo senso una colpa dell’individuo in questa perdita dello schema esiste?
Se vogliamo metterla sotto questo punto di vista, allora sì, ma la sigaretta, molto più semplicemente simboleggia proprio la scintilla che dà la spinta a smuoversi per cercare di comprendere il corpo akasico, di vedere come è fatto.
D – Ti ringrazio per questa piccola precisazione, proprio perché è un dubbio che viene sempre in quanto siamo stati allevati in mezzo a concezioni colpevoliste, allora la tua spiegazione serve a mettere una pietruzza in più contro le concezioni colpevoliste.
E’ certamente da tenere sempre presente che non esiste mai nessuna colpa.
D’altra parte, se non vado errato, non molto tempo fa, anzi pochissimo tempo fa, abbiamo detto che la colpa va ricondotta semplicemente all’ignoranza e questa ignoranza non può essere addebitata a nessuno, quindi diventa di per se stessa una scusante per ciò che l’individuo compie senza rendersene conto, perché non ha la comprensione di quello che sta facendo.
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D – La presa di coscienza dell’akasico in rapporto alla vibrazione che è di tutti i piani, in quale modo si manifesta, come viene letta questa presa di coscienza, con una maggiore vibrazione… in che modo?
E’ abbastanza semplice la risposta, forse è più semplice la risposta che la domanda, perché in realtà la presa di coscienza – come dicevamo prima – è un sentire, questo sentire non è che non esista (ormai, diamolo come un dato di fatto visto che prima abbiamo dovuto anticipare quella cosa), ma c’è già e va soltanto riscoperto.
Allora se questo sentire esiste, questo significa che questa vibrazione che è associata ad ogni tipo di sentire, quindi ad ogni sfumatura di sentire, esiste già; allora com’è che viene letta, improvvisamente?
Perché l’individuo riesce, in quel momento, a vibrare all’unisono con quella vibrazione e, quindi, la riconosce.
D – Allora l’inconscio è tutto quello che c’è già e che tu devi riscoprire.
Certo, per lo meno l’inconscio da questo punto di vista.
Preconscio
D – E il preconscio è tutto il lavoro che tu fai per scoprire l’inconscio.
Ecco perché avevamo accennato al fatto che vi è questo cammino, questa specie di transito della conoscenza, della comprensione che attraversa i vari piani per arrivare poi a comprendere e a sentire.
D – Riguardo alla comprensione e agli esempi che hai appena fatto mi è venuta in mente una cosa: tu hai detto che il corpo akasico, in realtà, è già organizzato solo che l’individuo non ne è cosciente, non lo sa, allora quella comprensione che avviene durante la vita fisica, in realtà, non è una comprensione ma è un mettere insieme gli strumenti per riconoscere la comprensione che già è nel corpo akasico.
Certo, certo questa è la perfetta prosecuzione logica di quello che è il discorso.
E’ un ampliare la propria coscienza trasformando le proprie vibrazioni, e trasformando le proprie vibrazioni si arriva ad unirsi con altri tipi di vibrazioni che provengono dal tuo corpo akasico, e vibrare in armonia con qualcosa, cosa fa?
Provoca una sensazione di benessere. Ecco perché vi diciamo che, molte volte, quando ricevete una comprensione, senza neanche sapere che è una comprensione avete quei momenti improvvisi di beatitudine che non comprendete, questo perché avete raggiunto un punto di armonia che prima non avevate.
D – Puoi spiegare sinteticamente, la differenza che c’è tra inconscio e preconscio.
L’inconscio è tutta la parte che non è conscia, proprio per semplificartela al massimo, senza andare a cercare il corpo akasico, mentale, astrale fisico e via e via. L’inconscio è tutta la parte che non è conscio, e preconscio è tutta quella fase in cui gli elementi passano dall’inconscio al conscio.
Diciamo che il preconscio è soltanto una fase di trasformazione. Più semplice di così non è possibile.
D – Quindi si arriverà ad un certo punto in cui non ci sarà più inconscio ma sarà tutto conscio, attraverso il preconscio.
Certo.
D – A questo punto succederà che dal corpo akasico si arriverà al perfezionamento della comprensione… comprensione totale.
Forse non ancora totale, ma certamente una grande comprensione sì.
D – Non ci sarà più … cioè ogni volta che si scopre una parte di questo rompicapo si ingrandisce la consapevolezza, cioè la parte conosciuta e diminuisce quella sconosciuta, fino ad annullarsi.
Certamente, il discorso che hai presentato sarà uno dei discorsi futuri, perché come è stato detto abbastanza recentemente, quando si raggiunge quella che voi definite illuminazione, non è la fine dell’evoluzione, ma è soltanto un punto di passaggio, di cui noi, fra l’altro, non abbiamo mai assolutamente parlato, fatto cenno.
D – Questa comprensione più o meno totale di cui parlava l’amico, può riferirsi alla uscita dalla ruota delle nascite e delle morti come viene detta in altre filosofie.
Senza dubbio, dal momento che il corpo akasico è completamente strutturato, l’individuo ha tratto dalla sua immersione nella materia tutto ciò che poteva trarre.
Da quel momento in poi non vi sarà più immersione attraverso la ruota della nascite e delle morti, ma vi sarà qualcos’altro.
Però la sua evoluzione continuerà, perché non sarà la fine della sua evoluzione, quindi sperimenterà e si evolverà attraverso altre forme.
D – Come mai non è ancora alla fine dell’evoluzione, quando ha raggiunto la consapevolezza del Tutto?
Perché non è ancora il Tutto, è ancora una parte del Tutto, non si è ancora fuso, unito con il Tutto, è soltanto diventato consapevole di essere una parte del Tutto, o, forse, meglio ancora, di essere una parte unica con tutti gli altri fratelli che gli stanno attorno. Però non è ancora nel Tutto consapevolmente.
D – Io sono un gran curioso, mi rendo conto di essere come un ragazzino delle elementari che chiede al maestro che cosa si fa all’università. Da quello che ho capito da altri schemi, quando poi la persona ha strutturato l’akasico va in quei famosi tre piani spirituali, se i piani in totale sono sette, che sono i piani più vicini all’Assoluto. Sono piani di fusione… dove abitano …
Creatura, non hai ancora capito i tre piani inferiori e vuoi già parlare di quelli superiori?
D – Lo so ma è solo per avere un’idea…
Ma non puoi avere un’idea se non capisci quello che c’è prima, mio caro!
D – Lo so…
Allora, se lo sai, guardati questa cosa e cerca di aggiungere un altro pezzo del tuo rompicapo in modo da modificare questo tuo comportamento, anche perché, ricordati, non sei solo. Come vedete non abbiamo intenzione di lasciare qualcosa di inosservato in questo ciclo. Scifo
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Molto chiara e utile da definizione di conscio, inconscio e preconscio, dal punto di vista spirituale.
Grazie. Quadro complesso ma che mano a mano e con la giusta cautela si sta delineando.
Ho letto queste righe mentre ero in una lunga attesa ad un ufficio pubblico.
Una parte di me si ribellava a quella situazione
”cosa ci faccio qui? Dovrei essere nel bosco a camminare e contemplare la natura! o al massimo a fare legna! ”
Finito di leggere ho cominciato ad osservare gli altri esseri attorno a me, facce tese, irrequietudine, preoccupazioni a fior di pelle ( ero all’agenzia delle entrate… )
Allora mi son chiesto
” cosa posso fare per questi esseri?”
Alla luce di quanto letto e delle (poche) comprensioni a disposizione la risposta e’ stata piuttosto chiara.
Cercare di far luce sul perche’ ero li, su che cosa l’esistente voleva mettermi davanti al naso e su quanto le mie ribellioni interiori velassero il reale.
Questo piccolo cambio di prospettiva non ha alleggerito particolarmente l’attesa, non e’ stato qualcosa di eclatante, non ho visto lucette colorate o percepito l’universo che respirava in me … mi ha fatto sorridere e mi son proprio rivisto nel tizio cocciuto e distratto che, un pezzettino alla vota, cerca di mettere insieme un puzzle che e’ gia’ bello che fatto.
Molto chiaro. La realtà si svela.
Molto esplicativa la metafora del rompicapo, del viaggio da intraprendere per poi tornare a casa con occhi nuovi.
Non sono mai stata particolarmente brava nel comporre i puzzle, ma mi riconosco nel testardo “rompicapista”
Illuminante, in accezione non spirituale.
Sulla colpa e la sua riconduzione all’ignoranza riaffiorano le parole di Gesù: “Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno” (cit. a memoria.
Tutto torna, nel senso che i vari Maestri, incarnati e non, vanno svelando le medesime verità.
Grazie.
Quindi il corpo akasico è già completamente presente, non c’è nulla da costruire.
Le esperienze che esso genera hanno lo scopo di aumentarne la consapevolezza, la sua strutturazione. Nulla che si debba aggiungere o togliere.
Mi viene da fare il paragone con il bambino che sta imparando a leggere e che pur conoscendo le lettere o alcune sillabe, davanti ad una pagina di libro ne coglie solo alcuni aspetti, alcune parti senza poterne cogliere il significato d’insieme.
Solo partendo dalla parte conosciuta, attraverso il lavoro tramite i vari corpi (preconscio) possiamo svelare la parte non conosciuta ma già presente.
Torno oggi a rileggere queste righe perché una prima e veloce lettura non era affatto sufficiente. Ciò che più colpisce è sapere che l’akasico è già completo e che attraverso le esperienze nel piano fisico non si forma, bensì affina i propri sensi per cogliere meglio ciò che già c’è. Questo ha fatto pensare al concetto di Eterno Presente, ma non so se l’accostamento è corretto.
Grazie per la facile declinazione con cui si esprimono concetti complessi.