Fratelli, sorelle, vi è stato parlato, nel tempo, dell’individuo evoluto, vi è stata data un’immagine di questo essere ed ognuno di voi, certamente, avrà interpretato soggettivamente quanto è stato detto attribuendo a questo essere determinate qualità.
Ma cerchiamo ancora una volta di definire, nel modo più semplice possibile, la figura dell’evoluto.
L’evoluto viene immaginato spesso e facilmente, fratelli miei, come un uomo dallo sguardo magnetico, con un’estrema forza, con un alone di sensibilità, serenità e pace che egli riesce ad emanare coinvolgendo tutti gli altri.
L’evoluto è un individuo immaginato, sorelle mie, come un essere che cammina sempre dritto lungo la propria strada, senza mai sbagliare, senza mai cadere; egli sa sempre quello che deve fare; è sempre in contatto con se stesso, è profondamente sicuro delle sue azioni, delle sue opere, del suo dire..
Ma il vero evoluto, figli miei, anche colui che è arrivato all’ultima incarnazione umana, ha sempre un corpo fisico, e colui che ha un corpo fisico, colui che è legato ai bisogni di un corpo fisico non può corrispondere a quell’immagine che ognuno di voi crede e forse, in fondo al suo cuore, spera di incontrare.
L’evoluto, il vero evoluto, colui che sa, colui che ha raggiunto una piccola parte del suo contatto con il Divino, non andrà mai in mezzo alle folle a “predicare”, a parlare, a pontificare, a dichiararsi il detentore di una Verità (tranne particolari missioni – ndr) che non può appartenere a nessuno perché appartiene a tutti.
Il vero evoluto è colui che ha la sensibilità di “sentire” il dolore dei suoi fratelli, ma ha la stessa sensibilità nel gioire con i suoi fratelli, nel gioire come un bambino. L’evoluto è colui che sa giocare con il bambino, che sa parlare seriamente con l’adulto, che sa rammaricarsi o piangere con l’anziano.
Il vero evoluto è colui che non fa mai pesare la sua grandezza interiore, ma fa partecipi tutti gli altri di questo grande dono ch’egli è riuscito ad avere.
L’evoluto non andrà mai da un proprio fratello per giudicarlo in ciò che fa, ma cercherà di fargli comprendere che se compie quel determinato passo forse potrebbe sbagliare, ed agisce in modo che sia l’individuo che gli è di fronte a comprendere di stare sbagliando.
Il vero evoluto, infine, è colui che ha dentro di sé un forte senso mistico, senso mistico che egli non sente soltanto in particolari momenti, non sente soltanto quando entra in un luogo sacro, ma sente in qualsiasi momento della sua vita, anche quando egli si trova da solo di fronte a se stesso, e magari, osservandosi in uno specchio riesce a vedere riflessa l’immagine di Colui che Tutto È.
Ma per giungere a questa meravigliosa condizione, fratelli miei, per riuscire a vivere in serenità questi momenti, sorelle mie, sapeste quanto dolore, quanta sofferenza e, soprattutto, quanta solitudine l’evoluto, il vero evoluto, deve sopportare..
Se egli, infatti, nei rapporti con i propri simili si comporta come loro e si mette al loro livello, viene giudicato troppo umano per essere evoluto e, quindi, non viene creduto; se, invece, l’evoluto si comporta da evoluto e mantiene un certo distacco dai suoi simili, viene considerato “presuntuoso” e allora non viene vissuto con partecipazione dagli altri..
Questa sofferenza, questo dolore, questa solitudine che l’evoluto è costretto a portarsi dentro, sono gli stimoli che, prima o poi, riusciranno a fargli comprendere che quelle catene che ancora lo tengono legato ad una sofferenza rispetto ad un’altra, sono molto lievi, e saranno quelle che lo porteranno verso la totale liberazione. Viola
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Ci sentiamo prossimi a persone con un grado di sentire affine. Cercare di indagare quanto evoluti, o a quale grado di sentire apparteniamo, mi pare effimero e irrilevante. Così come indagare sulle vite precedenti, per richiamare il post di venerdì.
Le catene che portano alla liberazione! interessante immagine.
Mi piace pensare che quelle catene, a volte, possano essere usate per ancorarsi all’Uno.
Comprendo che la persona evoluta si senta sola, mi vien da dire però che la sofferenza e il dolore siano precedenti e accompagnino ancora le comprensioni.
Un individuo può essere più o meno evoluto a seconda del grado di comprensione raggiunto. E quanto più ha compreso tanto più profondo sarà il suo sentire e quindi la sua empatia.
Le attese di cui si parla nel post mi viene da attribuirle a chi è all’inizio del cammino e ha grandi aspettative…un po’ come succede con i bimbi che idealizzano gli adulti
Quando penso al linguaggio dell’evoluto, penso all’attenzione, all’equilibrio usato nel scegliere le parole ed i gesti. Affinché possano sfuggire a qualsiasi giudizio, sia esso positivo o negativo. Lo definirei neutro, perché non mette in evidenza il soggetto, ma si fa strumento per la comprensione propria e degli altri.
Forse sarebbe necessario che sviluppassi meglio questo concetto, ma ora meglio di così non mi viene.