Il rapporto con i bambini nei primi mesi ed anni di vita (IF10)

Insegnamento filosofico 10
«Ma guarda, ma guarda com’è carino, me lo fai un sorrisetto? E su, dai, fammi un sorrisetto, ma che carino che sei! Ma che cosa mi dici, ma fammi un bel discorsetto, dai! Sei proprio una meraviglia, ma come fai ad essere così bello?».
E lui vi guarda.
Se voi poteste soltanto immaginare che cosa sta passando per la sua mente, restereste stupiti! Già, dietro a quegli occhi innocenti, così chiari, così limpidi e puliti, si nasconde qualcosa che non possiede tutta la purezza che l’uomo adulto crede. Già, nella mente del piccolo nato da poco tempo, potrebbero passare e formarsi pensieri molto diversi da quelli che uno si immagina, ad esempio pensieri di questo tipo: «Ma in fondo, tutto sommato, mi conviene persino fare il sorrisetto adesso, perché poi, quando avrò cinque o sei anni, nessuno più mi chiederà di sorridere, nessuno più mi dirà di fare un bel discorsetto, nessuno più mi dirà che sono così bello, anzi i miei discorsetti saranno poco graditi e noiosi, e la mia presenza, soprattutto in un gruppo di adulti riuniti per parlare tra di loro, non sarà poi troppo gradita, anche se non manifestamente!».
La mente di quel piccolo, incapace ancora di parlare e capace soltanto di articolare suoni sconnessi potrebbe anche pensare: «Tu guarda questi sciocchi che cosa stanno facendo, come si comportano, ma è mai possibile che degli adulti, da cui io in seguito dovrei prendere l’esempio, si comportino in modo così banale? E poi perché si comportano così proprio e solo con me? Certo, le mie dimensioni sono molto ridotte rispetto alle loro, le mie mani sono piccole, così pure i miei occhi, il mio naso, la mia bocca, tutto insomma, ma, in realtà, a ben guardare, io sono come loro, identico a loro; e, allora, perché solo con me si comportano in modo così strano, mentre con tutte le altre persone no?».
Il piccolo non si ferma solo a farsi delle domande, saggiamente cerca anche di darsi delle risposte, poiché sa molte più cose di quanto voi possiate immaginare, anche se all’apparenza ciò non sembra possibile e, sempre molto saggiamente, arriva alla conclusione che gli conviene accettare questo ruolo di creatura indifesa e gustosa alla vista, in previsione proprio di quella che sarà la sua posizione e situazione futura.
Già, fratelli cari, perché un adulto si comporta in modo così «strano» (a giudizio del piccolo) quando si trova di fronte ad un lattante? Forse per dimostrargli il suo amore, il suo affetto? Ma l’amore non ha bisogno di essere dimostrato – questo ormai dovreste averlo imparato – facendo sforzi, talvolta quasi sovrumani, per raccogliere tutta la dolcezza di cui siete capaci (e a volte anche di più) e che pensate di possedere.
O forse proiettate in quel piccolo, proprio per il fatto che esso si mostra a voi indifeso e arrendevole, le vostre delusioni, le vostre amarezze, le aspirazioni, le frustrazioni, le paure, le ansie, i timori, i desideri, i contrasti, le lotte interiori e se vi viene in mente qualcosa di altro aggiungetecelo pure: la lista può essere infinita!
Non avete mai pensato che, forse, quella creatura, può avere paura nel sentirsi toccare, palpare, prendere tra le braccia da tutte quelle mani diverse tra di loro? Non avete mai pensato che la creatura possa spaventarsi nel vedere tutti quei volti (anche perché, in genere, quando si parla al lattante si tende a mettere, incomprensibilmente, il proprio volto a 10-20 centimetri dal suo) che fanno smorfie, sorrisi, mugolii, che corrucciano la fronte per risultare più simpatici e che a lui appaiono mostruosamente grandi? E poi, magari, vi stupite se in un’età successiva, improvvisamente, il piccolo comincia *ad avere paure notturne con tanto di incubi in cui gli appaiono creature mostruose!
Forse, non lo sapete, ma se voi lasciaste il piccolo in pace, lontano dalle vostre proiezioni, tranquillamente legato ai suoi ritmi biologici, se voi lo lasciaste vivere nel suo spazio denso di serenità (perché il piccolo sta bene quando ha accanto i suoi genitori – o chi per loro – che nel primo periodo dell’infanzia sono gli unici in grado di sopperire a tutte le sue esigenze e ai suoi bisogni, non solo materiali ma anche spirituali) allora sì che dimostrereste a lui tutto il vostro affetto ed il vostro amore!
Ma la cosa più assurda, in tutto questo assurdo discorso, quella che più dovrebbe farvi meditare sul perché del vostro comportamento, è il fatto che tutto questo invece non accade con un bimbo, che so, di cinque o sei anni, un bimbo che incomincia proprio a quell’età ad aver bisogno di rapporti interpersonali con gli adulti, che incomincia a vivere gli «adulti» come strettamente necessari (al di là sempre dei genitori che, inevitabilmente, restano sempre una cosa diversa e dei quali parleremo in un’altra occasione) per la propria maturazione, ma soprattutto per la propria socializzazione.
No, quelli no, in realtà sono molto meno gratificanti, e non danno la stessa risposta che il lattante sembra dare a tutti in egual misura, stabilire un rapporto col fanciullo è decisamente molto più difficile e impegnativo: capisce quando siete spazientiti per la sua presenza e, a volte, quasi per mettervi alla prova o per esasperarvi, persiste in quel suo comportamento così irritante, almeno per voi. A volte siete tentati di dirglielo, e lo fate, naturalmente con la massima dolcezza, per non ferirlo! E non vi rendete conto che, invece, in questo modo lo ferite di più, perché gli insegnate la falsità, l’inganno e l’ipocrisia, che se pure oggi sembrano essere le virtù dominanti, non sono certo tra le più nobili!
Non sto certo dicendovi che dovete scaricare sul fanciullo tutta la vostra aggressività, me ne guardo bene dall’affermare una cosa simile; voglio semplicemente dire che è inutile che mascheriate dietro ad una falsa dolcezza, finta in quel momento particolare, recitata perché legata a preconcetti mentali, il vostro stato d’animo che non è certo tra i migliori in quel momento, perché anche se la vostra voce suona soave, melliflua, carina, i vostri occhi non esprimono la stessa cosa ed il fanciullo se ne accorge e ne resta ferito.
Sincerità quindi, apertura senza aver paura di mostrarvi quali veramente siete anche agli occhi del fanciullo che tanto vi irrita, che colpisce in qualche modo il vostro Io, quasi in una gara a dimostrazione di chi dei due ha l’Io più forte. Cosa fare, quindi, per dimostrare il proprio affetto, il proprio amore al fanciullo? Parlargli, considerandolo alla pari, interessarsi ai suoi problemi, sciocchi per voi, importanti per lui, discutere con lui magari anche soltanto dei suoi giochi preferiti, non ignorarlo, lasciandolo da solo e possibilmente in un’altra stanza!
Certo che stabilire un rapporto con i bambini, quando questi sembrano già avere una personalità propria, un carattere costituito, non è cosa facile, proprio perché quell’Io che vi trovate davanti e con il quale cercate timidamente di trovare un punto di contatto, altro non è che l’esasperazione del vostro Io, cosa che invece non accade quando vi trovate di fronte ad un lattante, il quale, ancora, non vi fa da specchio. Cosa scoprite dunque in quello specchio che vi fa tanta paura, che vi irrita, che vi manda in crisi, che vi inibisce, che vi fa abbassare gli occhi, e che – nei casi più disperati – vi fa venire voglia di scappare?
Non ha forse, quell’Io, tutti i vostri bisogni, portati, appunto, all’eccesso? Non è, forse, il fanciullo un essere egocentrico, desideroso di attenzioni, poco umile, anzi per niente, in qualche caso subdolo e falso pur di raggiungere i propri scopi, mosso nelle sue azioni da secondi fini che lo gratificano o lo possono gratificare, incapace di perdere e di ammettere i propri errori, un individuo che vuole a tutti i costi avere ragione, un essere che si ostina e non si piega neppure di fronte all’evidenza?
Mi fermo qua per non infierire troppo su quella creatura che in realtà poi, rispetto per lo meno all’uomo adulto, porta con altrettante qualità (la spontaneità, solo per citarne una) che l’uomo adulto, al contrario, sembra aver dimenticato con la sua crescita.
«Ma guarda, ma guarda com’è carino, me lo fai un sorrisetto? E su dai, fammi un sorrisetto, ma che carino che sei….».
E voi sorridete, e voi parlate, e voi nascondete dietro al vostro comportamento, la paura di quel mondo inesplorabile e da voi dimenticato che è il mondo dell’infanzia. Francesco


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Catia Belacchi

Il messaggio è chiaro, non si può non concordare. Il comportamento di molti adulti nei confronti dei bambini piccoli è proprio così come viene descritto, ed è stucchevole vedere la mancanza di rispetto che le smancerie hanno, verso i piccoli. allo stesso modo molti adulti non sanno rapportarsi ai bambini più grandi perchè richiedono ascolto dei loro bisogni autentici, dedizione e pazienza.

Nadia

Per esperienza ho colto la capacità del fanciullo a svelare lo stato d’animo dell’adulto. Capisco anche cosa intende Francesco quando dice che l’amore non va dimostrato, l’amore “si sente” … grazie infinite per queste spiegazioni, ricollocano tutto alla giusta dimensione e oggi di questo avevo bisogno!

alberta

Analisi perfetta che condivido pienamente, quanto potremmo imparare dai bimbi ,piccoli o meno ! E’ come vedersi allo specchio. Grazie

Roberta I.

Grazie

Anna Maria

L’analisi dei nostri comportamenti verso gli altri ci aiuta a conoscerci e questa proposta lo fa alla grande.
Grazie

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