[…] Gli elementi centrali della costituzione non solo di un Cosmo ma dell’intera Realtà sono, come abbiamo visto, la comunicazione e l’equilibrio.
Senza comunicazione le varie materie che compongono la Realtà non avrebbero modo di comunicare tra di loro, di interagire e, di conseguenza, di permettere alla Vibrazione Prima di impregnare la totalità del Cosmo con le direttive peculiari del Progetto Evolutivo di cui è portatrice all’interno di quel Cosmo.
Senza la tendenza della Realtà a ristabilire l’equilibrio tra le forze che le hanno dato vita e le informazioni che percorrono tutta la materia la trama dell’intero Cosmo sarebbe, certamente, travolta irrimediabilmente dal caos e questo porterebbe come conseguenza la rapida disgregazione del Cosmo in questione. Ombra
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Dopo questa premessa, necessaria per avere chiari gli elementi di base comuni su cui sviluppare le nostre considerazioni, affrontiamo, come promesso, il concetto di karma.
Come certamente ricorderete, in passato avevamo definito il karma come un analogo della legge di causa/effetto: tutto ciò che un individuo incarnato sceglie o non sceglie di compiere nel corso della sua vita è la causa di effetti che si ripercuoteranno, positivamente o negativamente, non solo durante i giorni che sta vivendo allorché mette in moto la catena karmica nell’affrontare le variegate situazioni di esperienza che gli si presentano, ma anche nel corso delle sue vite successive, delimitando il percorso che traccia la continuità della sua evoluzione, mai raggiunta per grazia ricevuta ma creata e conquistata attraverso l’ampliarsi graduale della coscienza dell’individualità attraverso le comprensioni che via via raggiunge, grazie alle esperienze affrontate sul piano fisico nel suo molteplice percorso incarnativo.
Pur non essendo una concezione sbagliata, essa era, ovviamente, molto semplicistica e sfruttava un errore di fondo nella vostra interpretazione di tale concetto, dal momento che esso viene comunemente collegato – com’è inevitabile, dal momento che nel corso dell’incarnazione la principale preoccupazione dell’individuo incarnato è quella di evitare o lenire la sofferenza che trova sul suo percorso – essenzialmente a come il karma influisce sulle vostre vite, ovvero agli effetti che esso produce sulle vostre esistenze; in questa maniera è veramente inevitabile che la concezione generale di tale concetto finisca col limitarne la visione e la prospettiva portando al risultato di identificare il karma in base agli effetti che esso produce, in sintonia con il desiderio dell’Io di essere il centro intorno al quale ruota la realtà.
Quando voi affermate: “quello che sto vivendo è un karma” pensate proprio in quest’ottica che identifica il karma con le sue conseguenze, quasi sempre riferita al presentarsi di quello che comunemente viene chiamato “karma negativo”, prestando invece poca attenzione al cosiddetto “karma positivo”.
In verità, la situazione è molto più complessa e strutturata e lo sfociare del karma negli effetti che agiscono sulla vita dell’individuo è solamente una piccola e limitata porzione di essa. Vito
L’ampliarsi delle possibilità comunicative tra i popoli, specialmente grazie alla tecnologia che ha permesso di entrare velocemente in contatto con le molteplici componenti della razza umana, ha gradualmente fatto sì che termini e simboli di altre culture circolassero all’interno delle varie nicchie culturali dell’umanità, finendo talvolta per essere adottati – magari con decodifiche di tali simboli che si discostano più o meno in maniera pesante dal simbolismo originale – da popolazioni anche molto lontane e culturalmente diverse tra di loro.
Il concetto di karma, come sapete, proviene dalle culture orientali, tuttavia è entrato gradualmente anche nelle culture occidentali, e viene ormai usato abbastanza comunemente, e non soltanto in ambienti strettamente settoriali esoterici, spiritualistici o filosofici.
Viene spontaneo domandarsi come mai esso abbia trovato questa facilità di adozione in occidente, al contrario di altri termini (ad esempio il concetto di dharma) che hanno avuto una maggiore difficoltà nel trovare il loro spazio all’interno della simbologia comune delle culture occidentali. Questo accade perché, in realtà, il concetto di karma – anche se non espresso in maniera chiaramente indicativa e con una terminologia specifica – fa parte del sottofondo culturale ed etico/morale anche delle culture occidentali. Rodolfo
Chi di spada ferisce di spada perisce.
Occhio per occhio dente per dente.
Chi la fa l’aspetti.
Chi semina vento raccoglie tempesta.
Tutti i nodi vengono al pettine.
A ognuno la sua croce…
Esaminando a volo d’uccello le frasi tipiche della tradizione popolare occidentale (e non solo) è facile incontrare frasi come quelle che vi ho appena proposto.
Se ponete attenzione al simbolismo di queste frasi noterete certamente che esse hanno in sé – al di là della loro possibile interpretazione semplicemente etico/morale – diversi elementi che l’accomunano al concetto di karma così come ve lo abbiamo presentato.
Prima di tutto è palese la presenza del concetto di causa/effetto: quello che l’individuo fa ha delle conseguenze di ritorno sulla sua vita, traducendosi in benefici o in accadimenti ritorsivi; e questo riporta, in maniera evidente, a quanto avevamo detto in precedenza a proposito del karma.
L’altro elemento evidente e importante è l’uso dei simboli linguistici per sottolineare che il comportamento dell’essere incarnato è sottoposto alla legge dell’equilibrio, anche se talvolta espresso in maniera semplicistica e, comunque, sempre nell’ottica in cui chi ha creato tali frasi si muoveva, ovvero quella di cercare di dare una spiegazione, anche superficiale o persino infantile, al verificarsi di effetti apparentemente punitivi sull’individuo che ha mosso le cause: in tale direzione mi sembra di poter facilmente interpretare, ad esempio, la frase “occhio per occhio dente per dente”.
Quello che va notato è che in queste frasi di “descrizione karmica” l’accento viene messo con evidenza su un elemento particolare, ovvero lo scopo punitivo del riflesso karmico e, di conseguenza, la prospettiva strettamente etico/morale e l’applicazione di un rigoroso giudizio giusto/sbagliato, tipico, d’altra parte, di molte religioni. Moti
La visione punitiva
Apriamo una piccola parentesi su questo punto. La visione punitiva ha una chiara derivazione religiosa risalente, quanto meno, alla concezione ebraica della divinità immaginata come entità gelosa, possessiva, vendicativa, pronta ad armare interi eserciti in difesa di ciò che egli ritiene suo e giudice severo e intransigente di ogni essere umano che non adempie fedelmente alle sue leggi e alle sue richieste, ma anche da quella cattolica, a voi più vicina, che ha fatto dell’esistenza dell’inferno, della punizione eterna, e del peccato mortale la base per il mantenimento e il controllo sia spirituale che temporale sui fedeli, discostandosi in maniera evidente da quello che era stato l’insegnamento del Cristo, nel quale non è mai presente il concetto di punizione senza remissione.
D’altra parte una tale visione della divinità è in palese contrasto logico con quello che è considerato il punto cardine dell’insegnamento di Cristo, ovvero l’Amore che tutto governa: se è l’Amore l’elemento che unifica e pervade tutta la Realtà, è ovvio che al suo interno non possa trovare alcuno spazio il concetto di condanna e di punizione eterna, in quanto l’Amore, per essere veramente tale (e non si può pensare che l’Amore divino possa essere altrimenti che così) deve avere come fondamento essenziale l’equilibrio e la giustizia per ogni creatura esistente ed esservi, sempre e comunque, una possibilità di redenzione.
Indubbiamente la logica e un vero concetto di giustizia e di equità non è che siano stati mai tenuti molto presenti negli ambienti religiosi, in maniera particolarmente evidente proprio all’interno della religione specifica con cui voi siete a più stretto contatto per collocazione ambientale, cultura e tradizione.
Pensiamo al concetto del Cristo che, viene insegnato, è stato mandato tra gli uomini per prendere su di sé i loro peccati ed espiarli, assolvendoli dalle loro colpe. Indubbiamente è una bella immagine, consolatoria e che appaga l’Io di chi la ritiene vera, perché lo fa sentire protetto, amato, figlio prediletto e decisamente importante, ma appare poco credibile, oltre che illogica: se si potesse prendere su di sé ed espiarle le colpe di un’altra persona faremmo davvero il suo bene, visto che ciò non gli porterebbe la comprensione dei suoi errori, ma solo una soddisfacente via di fuga dalle sue responsabilità demandando ad altri la compensazione dei suoi errori?
E, in una tale situazione, che fine fa la giustizia divina, dal momento che la divinità sembra perdere per strada, ignorandole e disinteressandosene, una cospicua porzione delle sue creature, salvandone e beatificandone alcune e lasciando ad un destino di pena eterna le altre?
Una tale rappresentazione del divino, secondo me, tratteggia non un Dio ma un Io, con tutte le caratteristiche di opportunismo, prevaricazione, separatività, prepotenza che tale termine racchiude in sé Scifo
La presenza della legge karmica all’interno del Cosmo elimina concettualmente tutte le interpretazioni errate, travisate o infondate che le varie religioni possono avere applicato al percorso evolutivo dell’individuo: il suo svilupparsi attraverso il dipanarsi delle meccaniche di causa/effetto garantisce che nulla possa essere fatto senza fornire a ogni creatura i dati per arrivare a comprendere, attraverso l’esame degli effetti che ricadono su di lei e gli errori compiuti nell’attraversare le esperienze di vita, siano essi derivanti dalla mancanza dell’adeguata comprensione che possa guidare in maniera corretta le sue azioni, siano essi conseguenza del suo lasciare la sua esistenza in mano dell’Io, cercando di nascondere a se stessa le sue reali intenzioni piuttosto che affrontare e ammettere quali sono le sue personali responsabilità nelle azioni che compie.
Il suo essere, inoltre, un elemento che tende a ristabilire l’equilibrio all’interno del Cosmo (passando da quello microcosmico dell’individuo a quello macroscopico del Cosmo in cui esso è inserito) garantisce un metro uniforme di azione che è lo stesso per tutte le componenti cosmiche, cosicché non vi può essere ingiustizia o, quanto meno, ogni creatura è governata esattamente dalle stesse modalità di reazione e di influenza a cui viene sottoposta qualsiasi altra creatura presente nel Cosmo.
Non dimentichiamo, inoltre, che il karma non è uno strumento che ha la funzione di punire o di premiare l’individualità, ma che esso esiste in funzione dello stimolare e aiutare la crescita dell’individualità lungo il suo percorso attraverso la strutturazione della sua comprensione, ottenendo in questo modo la crescita evolutiva dell’individuo e di conseguenza – poiché tutto nel Cosmo è collegato e interrelato – l’avanzamento evolutivo del Cosmo nella sua interezza. Vito
Abbiamo, così, determinato indirettamente che il karma attraversa con la sua influenza non soltanto la vita del singolo individuo ma fa parte del complesso interagire di elementi che intessono il Cosmo intero.
E questo amplia notevolmente l’interpretazione del concetto di karma rispetto alla sua concezione di fattore che governa lo sviluppo evolutivo di un individuo o di una singola razza.
È evidente che anche il karma – come i tanti altri fattori che abbiamo esaminato nell’affrontare la descrizione della costituzione del Cosmo – può chiaramente essere immaginato come un elemento che agisce sull’onda portante di vibrazioni, anche se questo aspetto non è stato ancora molto chiarito, pur essendo deducibile dalla concezione che l’intero Cosmo scaturisce dalla Vibrazione Prima e dalle vibrazioni che induce nella materia portandola a sviluppare la realtà cosmica. Scifo