D – È possibile che l’illusione venga usata dall’Io (oltre che per i suoi intenti) anche proprio come meccanismo di difesa?
Non c’è dubbio che l’illusione sia un meccanismo di difesa messo in atto dall’Io per cercare di non soffrire e potete rendervene conto se soltanto vi soffermate per qualche attimo, nel momento in cui cade una vostra illusione, ad osservarla il più obiettivamente possibile, anche solo domandandovi semplicemente per quale motivo vi eravate illusi. Vi renderete immediatamente conto, così, che quello che il vostro Io stava cercando di fare, immergendosi nell’illusione, era proprio il tentativo di non affrontare delle piccole o grandi realtà che non volevate accettare. Certo, l’Io ha poi adoperato l’illusione per ottenere per sé dei teorici vantaggi personali, ma anche questo, in fondo, non è altro che un corollario dell’illusione e, di conseguenza, illusione essa stessa.
Abbiamo definito sovente l’Io come “illusorio”, in quanto non ha un’esistenza reale ma è un’apparente realtà in cui viene personalizzato un processo attribuendogli lo status di entità reale.
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D – Oggi, con tutte le informazioni in più che abbiamo come possiamo fare un salto di qualità nella comunicazione tra noi e la nostra coscienza, come arrivare a rendere funzionale l’Io in questa comunicazione?
Il vostro Io è il processo di interfaccia tra voi e la realtà in cui siete immersi: è attraverso ad esso che si manifestano le vostre azioni e reazioni nel confronto delle esperienze di vita che affrontate ed è grazie a tale processo che avete la possibilità, mediante l’osservazione di voi stessi, di acquisire elementi di comprensione e, quindi, di ampliare la vostra coscienza: il fatto che sia il vostro Io, cioè l’illusione, a muovere il vostro interagire con la realtà che vivete, non significa che, comunque, dal vostro vivere l’illusione non possiate trarre comprensione, anche perché, per chi vive all’interno dell’illusione, l’illusione appare e viene vissuta come reale.
Il concetto essenziale è che l’importanza primaria non deve essere data all’avvenimento che vivete e a cui reagite, bensì al modo in cui lo vivete e in cui reagite ad esso, dal momento che il vostro modo di vivere e di reagire è strutturato sul patrimonio di comprensioni raggiunte che avete al vostro interno e sull’insieme delle incomprensioni non ancora risolte che vi portate appresso vita dopo vita, cosicché la vostra reazione all’illusione finisce col diventare, alla resa dei conti, uno strumento di estrema importanza per ogni individuo.
D – Come si può affinare l’interpretazione dei simboli in una comunicazione, quando si è bersagliati da una quantità di percezioni soggettive, che ci arrivano attraverso i gesti, le espressioni del volto, i toni, la voglia di saltare alle conclusioni, l’interrompere, quando manca il feedback?
Quando comunicate con un’altra persona la comunicazione reciproca avviene attraverso gli stessi meccanismi, principalmente governati dalla percezione soggettiva di ognuna delle persone che stanno comunicando. Il fatto che la comunicazione avvenga, apparentemente essenzialmente attraverso il linguaggio sembra significare che le persone interessate alla comunicazione stiano interagendo sulla base di un tessuto simbolico comune.
In parte questo è vero: quando parlate, nel frattempo pensate e sia le vostre parole che buona parte del vostro pensiero sono collegate al linguaggio che state usando, il quale adopera, solitamente, un insieme di simboli più o meno complessi che, tuttavia, formano un terreno comune su cui i dialoganti possono confrontarsi e interagire.
Tuttavia limitare la comunicazione tra individui a questo aspetto della comunicazione costituisce una semplificazione molto accentuata, perché i livelli di comunicazione sono molti di più di quelli forniti dal solo uso del linguaggio: se ci si basasse solamente sul linguaggio, allora bisognerebbe dire che tra l’adulto e il bambino piccolo non è possibile alcuna comunicazione, dal momento che questi non ha ancora acquisito adeguatamente il simbolismo linguistico adoperato nell’area socio- ambientale in cui è nato.
È invece evidente che, per esempio, tra madre e neonato ci sono forme di comunicazione diverse da quella linguistica e che essa avviene, ad esempio, attraverso a comunicazioni di tipo sensoriale (la carezza, il sorriso, il pianto e via dicendo) ma anche, aggiungo io, tra il passaggio di informazioni che avviene nel momento in cui le atmosfere della madre e del bimbo vengono a contatto.
Anche quando parlano due adulti, d’altra parte, la comunicazione non avviene mai solamente per via linguistica, ma entrano in gioco altre forme di comunicazione complementari quali il tono di voce, le espressioni mimiche e facciali e via dicendo.
Senza dubbio il simbolismo adoperato nella comunicazione tra due individui non è mai perfettamente identico, dal momento che le percezioni soggettive delle due persone in questione sono dettate dal loro percorso evolutivo, dai loro bisogni e dalle loro comprensioni che non collimano mai in maniera completa.
Malgrado questi elementi che sembrerebbero inficiare una reale possibilità di comunicazione tra individui la comunicazione avviene, anche se interpretata soggettivamente da ogni persona, e questo perché, in realtà, la vera comunicazione è quella che si effettua a livello di sentire, all’interno del quale il simbolismo non è più soggettivo ma ha valore universale, dato che il vocabolario adoperato fa riferimento alla trasmissione dei simboli effettuata dagli Archetipi Permanenti.
D – Come si può quindi arrivare a comunicare, attraverso il simbolo, tentare di arrivare ad una comunicazione soddisfacente che ci fa sentire capiti e ci fa sentire di capire l’altro, superando le barriere delle percezioni soggettive?
Quasi sempre il sentirsi veramente capiti o la sensazione di capire davvero l’altro è una condizione resa possibile proprio grazie alla comunicazione simbolica dei sentire cui accennavo rispondendo alla domanda precedente, anche se bisogna anche sottolineare che, frequentemente, l’idea di sentirsi capiti o di capire l’altro è più un’illusione messa in essere dall’Io che una realtà.
D – Può essere che nella comunicazione invece noi mettiamo sempre più attenzione a ciò che stiamo dicendo noi, rispetto al contenuto che ci viene trasmesso dall’altro?
Non è possibile generalizzare una tale questione: la nostra attenzione è variabile quasi sempre non in base a quanto stiamo dicendo noi o sta dicendo l’altro, ma sulla base che quanto viene detto sia più o meno soddisfacente per il nostro Io.
D – Se l’Archetipo Transitorio è un condizionamento a tutti gli effetti, e quindi anche per quello che riguarda anche la sua decodificazione, quest’ultima non può avvenire che per gradi vista la duplice spinta di questo fattore (da una parte il sentire che tenta la decodifica, dall’altra l’archetipo che condiziona l’Io dell’individuo) e questo spiega la scala valore di cui è composto l’archetipo stesso, da un vissuto grezzo dell’archetipo, ad una sempre più sottile interpretazione fino alla sua decodifica totale e abbandono dell’archetipo stesso?
Sì, direi che può essere un punto di osservazione condivisibile.
D – Da dove parte l’input […] che porterà alla nascita dei somatismi che ci fanno tanto soffrire?
La causa dell’insorgere dei somatismi è e resta sempre e comunque un qualche tipo di incomprensione, ovvero di disarmonia tra le vibrazioni del sentire dell’individuo e le vibrazioni immesse nel Cosmo dalla Vibrazione Prima attraverso le “regole” evolutive segnalate come punto di arrivo ideale dell’evoluzione sia dell’individuo che dell’intera razza umana.
Se vogliamo individuare il punto di partenza che dà il via al processo che porterà alla formazione dei somatismi possiamo individuarlo nel momento in cui il corpo akasico confronta le sue vibrazioni con quelle che gli provengono come modello dagli Archetipi Permanenti: le dissonanze presenti tra i due tipi di vibrazione segnalano la presenza di un’incomprensione e danno il via alle richieste di ulteriori elementi, tramite l’esperienza sul piano fisico, che possano aggiornare il complesso vibratorio del corpo akasico cercando di farlo corrispondere a quello proposto dagli Archetipi Permanenti.
D – Il sentire acquisito di un individuo è l’espressione esatta della comunicazione simbolica della Vibrazione Prima mediata dagli Archetipi Permanenti? Oppure è il massimo di decodifica che quell’individuo può attuare al suo livello evolutivo?
Come si può dedurre da quanto ho detto al punto precedente, fino a quando l’individuo non ha terminato il suo percorso evolutivo non sarà in grado di recepire, interpretare e fare sua in maniera completa ed esatta ciò che gli Archetipi Permanenti codificano come modelli all’interno del Cosmo. Questo significa che la decodifica attuata dall’individuo è continuamente aggiornata nelle sue possibilità di decodifica, seguendo l’aggiornamento continuo delle comprensioni che il corpo akasico acquisisce via via che avanza nel suo stato evolutivo.
D – Quanta possibilità ha l’Io, e se soprattutto può averla, di stravolgere una decodifica abbastanza aderente alla realtà, e quindi a procurarsi dei somatismi più o meno gravi, ignorando la direttiva che arriva dal proprio sentire?
Se il sentire dell’individuo ha completato, in tutti i suoi aspetti, l’acquisizione di un particolare elemento del sentire l’Io è impossibilitato a mettere in atto la sua interpretazione soggettiva della realtà.
Non dimentichiamo, infatti, che all’interno dell’Io non esercitano la loro influenza solo le incomprensioni ma anche le comprensioni che l’individuo ha raggiunto e che le comprensioni veramente raggiunte non possono essere modificate ma sono un patrimonio acquisito e imprescindibile.
Certo, qualcuno di voi potrebbe obiettare che molte volte, pur avendo compreso qualche elemento fondamentale, tuttavia l’Io riesce a manipolarlo costruendosi una sua verità relativa ed egoistica. Ma questo accade perché l’elemento in questione non è stato ancora compreso in tutte le sue sfumature e, di conseguenza, esiste ancora la possibilità, per l’Io, di trovare qualche spiraglio per cercare di esercitare la sua influenza.
D – Il fatto che il nostro corpo akasico decodifichi i simboli sulla base del sentire acquisito e che questa decodifica passi ai corpi inferiori come se fosse dipendente da un sentire più limitato, che funzione ha?
La funzione è semplicemente quella di rendere dinamico il rapportarsi dell’individuo con la sua realtà interiore, altrimenti il sentire acquisito finirebbe per dare vita a un sistema estremamente rigido che non lascerebbe spazio per il completamento della comprensione nei suoi vari aspetti. Rodolfo
D – È normale che la decodifica sia proporzionata sempre in base alla qualità della materia dei corpi, quindi quando l’Io frappone resistenza e si intestardisce, anche questo rientra nella normalità? O c’è la possibilità (nonostante i limiti sopracitati) di riuscire a cambiare ottica evitando cosi della sofferenza?
Il modo migliore per evitare gran parte della sofferenza che l’individuo avverte nel corso della sua vita è quello di cercare di seguire con attenzione, per quanto gli è possibile, ciò che gli detta il suo sentire acquisito invece che dare preminenza a quello che il suo Io desidera ottenere.
Se osservate il vostro vivere quotidiano vi renderete conto facilmente che molte delle vostre sofferenze nascono principalmente proprio dall’adeguarvi al vostro Io dando il via libera al suo desiderio di potere e di egocentrismo: il non possedere, per fare un esempio banale, l’ultimo modello di marchingegno telefonico, fa sorgere sofferenza nel vostro Io perché si sente in inferiorità rispetto agli altri più “alla moda”. Ma questa sofferenza può facilmente sparire se ponete attenzione al vostro sentire che vi sussurra che, sempre supponendo che per gli accadimenti della vostra vita ne abbiate veramente necessità, ciò che vi serve in quel momento contingente è un qualsiasi apparecchio telefonico, anche il più fuori moda, che vi possa aiutare a facilitare le vostre possibilità di comunicazione. Vito
D – Se io devo comprendere l’altruismo, può darsi che il tipo di energia di quell’incomprensione sia convogliato attraverso il chakra che sta pressappoco due dita sopra l’ombelico, quindi metterò in atto un somatismo che prende come organo bersaglio l’intestino, secondo i vari possibili livelli di intensità, dalla colite al tumore. Potrebbe andare?
Dando per veri – sia per farti piacere, sia perché il discorso diventerebbe troppo lungo e con troppi addentellati per essere discusso nel breve tempo concessoci in questo spazio limitato dedicato alle risposte ai vostri dubbi e ai vostri perché – i presupposti che hai prospettato il tipo di ragionamento che hai fatto sul percorso che porta l’incomprensione alla sua esteriorizzazione in un organo bersaglio direi che sono corretti.
D – Possiamo avere consapevolmente (sempre come individuo incarnato) qualche barlume della vibrazione simbolica emessa dalla vibrazione prima?
Ci mancherebbe altro che l’individuo incarnato non potesse in qualche modo avere dei “barlumi”, come dici tu, della vibrazione simbolica emessa dalla Vibrazione Prima: ogni più piccolo elemento acquisito dal vostro sentire è un barlume di tale vibrazione! Il fatto è che il corpo akasico ne è certamente consapevole, dal momento che è esso che esamina la consonanza tra le sue vibrazioni interne e quelle della Vibrazione Prima mentre la consapevolezza dell’individuo incarnata, essendo limitata e confusa dall’influenza dell’Io, la percepisce quasi sempre soltanto in base alle reazioni di benessere e di equilibrio che l’incarnato avverte quando, spesso a dispetto del suo Io, agisce e reagisce in base al sentire che ha acquisito.
D – Se è vero che l’impostazione di base, nell’interazione individuo-ambiente, è il carattere e se è vero che, in questa interazione, l’attore, sul piano fisico, è la personalità, è anche vero che lo strumento per percepire la realtà è l’Io; senza l’Io, la personalità, sarebbe cieca. O no?
Non mi sembra il caso di far assumere anacronistiche caratteristiche antropomorfiche al concetto di personalità: non è vero che la personalità è l’attore sul piano fisico, tuttalpiù si può dire che la personalità e il tipo di recitazione che l’individuo mette in atto nell’interagire con la sua esperienza di vita.
Non sono del tutto convinto anche della tua affermazione che l’Io è lo strumento per percepire la realtà: se col termine realtà in questo caso intendi quella illusoria che percepisce l’Io posso anche concordare con te, ma se, invece, intendi la Realtà con la “R” maiuscola non è certamente l’Io lo strumento più adatto per recepirla correttamente.
Per non lasciarti passare proprio niente (d’altra parte non vorrei che lasciar passare un’inesattezza possa indurre in errate concezioni uno o più dei tuoi compagni di viaggio) direi che sarebbe più giusto dire che senza la messa in atto del carattere nel campo dell’esperienza attraverso quelle personali azioni e reazioni individuali che abbiamo denominato personalità, l’Io non avrebbe modo di interagire con le situazioni che la vita sul piano fisico gli presenta. In definitiva e più semplicemente, Io e personalità sono strettamente collegati tra di loro e indispensabili per alimentare e regolamentare la loro espressione all’interno del mondo dell’esperienza.
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