Chi è consapevole? [A186-sdc10]

Per arrivare a comprendere in maniera più articolata i rapporti che intercorrono tra i vari elementi in gioco e la consapevolezza è necessario avere un’idea chiara di che cosa essa sia, idea chiara che, sinceramente, non vi appartiene molto.

Come spesso vi accade, vi siete sentiti soddisfatti del termine ma siete rimasti in superficie nell’esaminarlo e nel cercare di comprendere meglio quali siano le sue caratteristiche e quali siano gli elementi che possono avere con essa una relazione di qualche tipo.

Vi ricordo che con la famosa triade conoscenza-cosapevolezza-comprensione vi abbiamo indicato non cose slegate tra di loro, bensì un processo continuo all’interno del ciclo akasico/fisico (o, se vogliamo descriverlo in un altro modo, il ciclo corpo della coscienza/Io) grazie al quale i frutti dell’esperienza vissuta dall’individuo nel corso della sua incarnazione arrivano a mettere a disposizione del corpo della coscienza nuovi elementi di comprensione da aggiungere a quelli fino a quel momento accolti al suo interno, ampliando, grazie a questo continuo scambio con l’esperienza fatta dalla sua parte incarnata, il suo sentire.

In altre parole gli attori in gioco sono principalmente due: il corpo akasico dell’individuo e il suo Io, considerato nel complesso delle sue componenti fisiche, astrali e mentali.
Le domande che possiamo porci sono le seguenti:

“Chi è che conosce, chi è che comprende e – cosa che ci interessa più da vicino, nell’ambito di cui ci stiamo attualmente occupando  – chi è che è consapevole?”.

Una di queste domande può ricevere una risposta immediata e definitiva: l’unica componente dell’individuo che ha i mezzi per comprendere veramente non può essere altri che il corpo della coscienza dal momento che la comprensione è ciò che alimenta, struttura e definisce il sentire dell’individuo, armonizzando tutte le sfumature che lo uniscono alle altre comprensioni raggiunte sulla base di riferimento fornita dalle istanze stabilite dagli Archetipi Permanenti e, di conseguenza, dalla Vibrazione Prima

È solo in questo caso che si può giustamente parlare di comprensione vera e propria, dal momento che è solo nella porzione akasica dell’individuo che esiste la possibilità di tener conto e verificare tutti gli elementi che caratterizzano e definiscono una qualsiasi comprensione. 

Nei corpi inferiori questa possibilità non esiste se non in maniera frammentaria e limitata dai meccanismi di difesa e dalla reazione dell’Io dell’individuo, tanto che ogni volta che pensate o affermate di aver compreso qualcosa significa quasi sempre solamente, nella più ottimistica delle situazioni, che avete portato all’attenzione del vostro Io qualche sfumatura di comprensione che lo raggiunge nel ciclo di ritorno delle vibrazioni provenienti dal corpo akasico e che, inevitabilmente, finiscono con l’essere molto settoriali, nel senso che sono limitate, quasi sempre, alla percezione di aver compreso qualche cosa dal punto di vista intellettuale o emozionale e, di conseguenza, non possono che risultare frammentarie o incomplete.

Trovare una risposta alla domanda “chi è che conosce” è, in definitiva, altrettanto semplice. Avevamo definito in passato la conoscenza, all’interno del ciclo di cui stiamo parlando, come il prendere atto, da parte dell’individuo, dell’esistenza di un problema sulla base dell’osservazione compiuta dall’individuo stesso degli elementi che l’esperienza mette di volta in volta a sua disposizione. Si tratta, come avevamo detto in passato, di un prendere atto di qualche cosa che, però, viene ancora considerato come un fattore prettamente esterno, dal momento che l’Io non è ancora riuscito ad accettare il fatto che anch’esso può essere interessato allo stesso tipo di problematica che è così pronto a individuare e a notare negli altri suoi compagni di esperienza.

Si tratta, con tutta evidenza, di una conoscenza di tipo essenzialmente mentale, intellettivo. Avrete notato senza dubbio che non ho usato il termine “razionale” in quanto, molto spesso, per non dire sempre, in questa fase la razionalità c’entra ben poco e la tendenza messa in atto dall’Io è quella di tendere a ignorare o a censurare tutti gli elementi che potrebbero costringerlo a riconoscere che ciò che sta notando all’esterno di potrebbe esistere anche al suo interno, tanto che molto spesso, di fronte a determinati aspetti, anche la persona ritenuta più intelligente finisce col comportarsi in maniera più che evidente agli occhi degli altri (ma certamente non ai suoi) come la più stupida delle creature.

Ed eccoci, così, arrivati, alla domanda che più ci interessa in questo momento, ovvero “chi è che è consapevole”. Il diventare consapevoli che un problema gli appartiene significa portare all’attenzione dell’individuo il fatto di avere un particolare problema che non riesce più a nascondersi o a censurare dietro ai meccanismi di difesa messi in atto dal suo Io. 

Si tratta di un deciso ampliamento della prospettiva fornita dalla semplice conoscenza, un ampliamento che trasporta le risultanze dell’esperienza dall’esterno all’interno dell’individuo, aiutato dalla fase di ritorno verso il corpo della coscienza del ciclo vibratorio. 

Le barriere poste dall’Io mostrano delle crepe e incominciano a diventare sempre più inefficienti nel loro tentativo di celare la realtà interiore dell’individuo e questo fatto coinvolge (e, spesso, travolge) l’intera struttura dell’Io, interessando non più il solo corpo mentale ma anche quello fisico e in special modo quello emozionale.

L’intero Io, quindi, diventa consapevole, pur se tra mille resistenze, di qualche aspetto della sua realtà interiore che, fino a quel momento, era riuscito a mascherare o a occultare ai suoi stessi occhi.

Possiamo, di conseguenza, arrivare a dire che il momento della consapevolezza è una fase che appartiene tipicamente a una tappa del processo dell’Io e che, quindi, la risposta che stavamo cercando è proprio questa: colui che è consapevole è l’Io.

Se volessimo essere più precisi nell’analisi di questo processo, dovremmo arrivare a un’ulteriore considerazione che riporta la nostra analisi un po’ frammentaria – anche a causa della suddivisione in fasi del processo stesso – a ritrovare la sua unitarietà all’interno della costituzione dell’individuo.

Infatti, il corpo akasico, dal momento che è la sintesi finale dell’intero processo che va dalla conoscenza alla comprensione, in realtà racchiude in sé tutti gli elementi che sono serviti, nel corso del processo stesso, per arrivare alla comprensione: in esso, di conseguenza, non possono che essere incluse le risultanze del processo avvenuto all’interno dell’Io e, di conseguenza, trattiene al suo interno sia gli elementi di conoscenza che quelli di consapevolezza che hanno contribuito a fargli raggiungere quel particolare elemento di comprensione che ancora gli mancava, in quanto sono una parte integrante del percorso che conduce alla comprensione.

Tuttavia, ed è bene sottolinearlo, il corpo akasico non mette in atto alcun processo di conoscenza o di consapevolezza: entrambe le fasi del processo avvengono all’interno dei corpi inferiori dell’individuo (e, quindi, del suo Io) e al corpo akasico arrivano semplicemente i dati che da tali processi sono scaturiti e che portano alla conclusione del ciclo che stiamo esaminando, terminandolo con l’acquisizione di tali dati da parte del corpo della coscienza e dal loro armonico inserimento nella massa di elementi che costituiscono il suo sentire, permettendogli, in questo modo, di adeguare in maniera più dettagliata e più consonante la percezione di sé con le vibrazioni provenienti dalla Vibrazione Prima e dagli Archetipi Permanenti. Scifo

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Catia Belacchi

È consapevole il cak, perché da lui partono gli imput che conducono alla comprensione, i corpi transitori li decodificano per come possono e rimandano i dati che credono corretti al cak.
Quindi tutto parte dalla Coscienza individuale e lì ritorna.

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