Un giorno Re Tlav andò a trovare il suo consigliere, un vecchio saggio che aveva tolto praticamente dal mendicare per strada e che aveva voluto alla sua corte per poter usufruire dei suoi consigli.
Questo vecchio saggio, che si chiamava Ahmed, viveva in una piccola casupola fatta di canne di bambù, senza molte suppellettili, senza lastre di marmo, senza cose pregiate; viveva in maniera molto semplice e, intorno a questa piccola casa fatta di canne di bambù, c’era un piccolo giardino che Ahmed curava con amore e con pazienza nelle sue lunghe giornate tranquille.
favole
Favola del comunicare la propria interiorità
In un paese lontano viveva un monarca, il Re Tlav.
Re Tlav, pur avendo tutte le cose che desiderava, avendo onori, ricchezze, terre e sudditi (tutto ciò, insomma, di cui abbisognava per una vita senza problemi) soffriva per un problema e la cosa proprio non lo lasciava in pace.
Il fatto è che, malgrado tutte le sue ricchezze, malgrado tutti i suoi possedimenti, si sentiva solo, non si sentiva capito, non si sentiva aiutato da nessuna delle persone che aveva attorno.
Una notte sognò un personaggio bellissimo, luminosissimo – forse un maestro, forse un angelo – che gli disse: «Re Tlav, io so il tuo problema e, affinché tu lo conosca, ti dico: il tuo problema è causato dal fatto che gli altri non sanno nulla di te».
Favola: affrontare le situazioni senza paura e rassegnazione
C’era una volta in un paese – e non vi dico qual era – un uomo che si chiamava Binda. Una mattina quest’uomo si svegliò e non riusciva più ad alzare la testa, ma continuava a restare con il capo completamente piegato in avanti e pesante.
Era un uomo abbastanza anziano che viveva solo in casa; era povero, non aveva amici e non aveva parenti, così non si curò di andare dal dottore perché «Ormai sono vecchio, cosa posso farci? Sono destinato, si vede, a finire i miei giorni in questo modo!» si diceva.
Favola: la consapevolezza del valore di ciò che si possiede
Il principe Shirab attraversava la sua città tra un’ala di popolino festante: gli uomini piegavano il ginocchio al suo passare, le donne restavano per un momento incantate dalla sua bellezza, quindi arrossivano e abbassavano il capo pudicamente; i bambini cercavano di toccare con le mani le stoffe pregiate che l’avvolgevano, emettendo meravigliati sospiri nel sentire la morbidezza del lino o della seta e nello scorgere la delicatezza dei ricami.
Favola del cane consapevole
Un cane ingoiò con gusto una briciola che era caduta dal tavolo un attimo prima che scoccasse la mezzanotte.
Nella stanza c’era allegria, grida e rumori.
«Evviva!»
«Tanti auguri!»
«Buone feste!»
Favola del cobra: non fermarsi alla prima impressione
Un uomo passò davanti ad un cobra.
Si fermò un attimo spaventato, poi vide che aveva gli occhiali ed esclamò:
«Ah … è vecchio!».
Rassicurato, continuò per la sua strada, fino a quando non cadde morto per il morso del cobra.
La favola dell’upupa
Al canto dell’upupa il guerriero guardò l’intrico della foresta e pensò tra sé:
«Senti come strilla. Certo sta preparandosi a difendere il suo nido dall’attacco di qualche nemico!» e riprese il cammino.
Il pellegrino udì l’hup… hup… hup e meditò:
«Canta ancora, creatura, la gloria di Dio» e continuò lungo la via.
Il mercante, adirato per la cattiva giornata, nell’udire il suono dell’uccello gridò, irritato, alla foresta: «Brutta bestiaccia, hai poco da prendermi in giro. Fatti avanti, così mi consolerò con un buon arrosto!».
La favola dei tre fiori
C’erano una volta tre fiori, nati nello stesso giorno di sole e nello stesso prato rigoglioso, simili perché della stessa specie, ma dissimili in quanto ogni componente di una specie è, in se stesso, una specie a sé, differenziato non solo da elementi formali ma anche, e soprattutto, dal diverso modo d’essere.
Questi tre fiori appartenevano ad una specie che, per ragioni biologiche, richiudeva la corolla al tramonto per riaprirla non appena il sole illuminava l’aria.
Nel loro mondo, da fiori, tutte e tre le creature avevano i loro pensieri.
Quando si avvicinò il loro primo crepuscolo – cosicché la reazione di chiusura della corolla avrebbe dovuto venire messa in atto – il primo fiore così andò pensando mentre, con riluttanza,