Avete mai amato davvero?
Riflettete attentamente, cercate di essere sinceri con voi stessi, poiché la chiarezza e la sincerità non sono mai stati così necessari come in questo caso.
Dal canto nostro per aiutarvi a chiarire questo punto, faremo alcune considerazioni, che poi voi – come siamo soliti dirvi – dovrete vagliare e decidere se accettare o rifiutare.
Se dovessimo noi rispondere alla domanda che vi abbiamo posto, risponderemmo che sì, avete amato in passato, ma non è stato amore quello che provavate per i vostri genitori, non è stato amore quello che avete provato, in età più adulta, per altre persone, non è stato amore quello che dite attualmente di provare per chi vi sta a fianco, o per i vostri figli.
C’è stato solo un breve periodo di vero amore in ogni uomo: i suoi primi attimi di vita. Moti
Osservate il neonato: egli esce nudo, indifeso, incapace di fare del male, incapace di operare una scelta, tanto che ama così istintivamente, inconsapevolmente, da lasciarsi cullare da chiunque lo prenda in braccio, abbandonandosi al sonno senza ansie, senza timori di alcun genere.
Subito dopo non ama più: contrariamente all’immagine stereotipata che si ha del bambino, questi non è l’angelo che l’ideale romantico descrive, non è l’essere che ama sempre spassionatamente e con sincerità. In realtà, invece, il bambino è l’essere più vicino all’immagine del demonio che esista: è tremendamente egoista, smodatamente interessato, eccezionalmente fazioso, implacabilmente crudele, sottilmente ipocrita, oltre ad essere apertamente lussurioso e dedito all’esibizionismo, anche se tutto ciò gli è necessario e non è certo il caso di fargliene una colpa proiettando, come spesso si è usi fare, su di lui i propri sensi di colpa o le proprie vergogne.
Ma come avviene che, dopo i primi momenti di vita, il bimbo non sa più amare veramente, non sa più essere imparziale nel concedere la sua fiducia e nell’accettare allo stesso modo tutto e tutti?
Accade semplicemente che – sotto le spinte delle sensazioni fisiologiche – nasce la prima larvata coscienza di essere un Io che deve affermarsi e che, per poterlo fare, deve continuare a vivere, deve allontanare quella sensazione di minaccia alla sua incolumità fisica che gli proviene dall’apparato digerente.
“È normale e naturale tutto ciò”, direte voi. Infatti, così è. Non sto facendo un processo al bambino o al neonato, ma sto semplicemente constatando il meccanismo che fa perdere al neonato la capacità di amare veramente e incondizionatamente.
Accade, infatti, che nel momento in cui il neonato avverte la fame e lo dichiara al mondo in modo quasi sempre chiassoso, il suo Io assume una forma più differenziata, modellandosi in modo orientato dal fatto che la sua fame viene appagata.
Ecco la prima scelta dell’oggetto d’amore, il primo frantumarsi del suo amore totale in frammenti diretti a seconda del proprio tornaconto; e, da quel momento, il suo amore più grande sarà per chi soddisfa i suoi bisogni corporali ovvero – solitamente – la madre.
Questo è nell’ordine naturale delle cose: stiamo infatti parlando di una coscienza larvata, istintiva, non ancora indirizzata coscientemente ma scaturente dallo scontro fra la realtà interna e quella esterna. Tuttavia il bimbo ha perso il vero amore: ama la madre perché lo sfama, separandola dallo sfondo, dalla totalità indistinta che prima raccoglieva tutto, in egual misura, il suo amore.
È necessario che proceda nell’analisi, che cerchi di spiegare meglio ciò che intendo dire? Non credo. Penso che basti affermare che l’amore si frantuma sempre di più a mano a mano che l’Io del neonato si modella sotto la spinta del proprio fisico, e si atomizza addirittura allorché viene praticamente costretto a operare altre scelte dall’ambiente e dalle persone che gli stanno intorno. Scifo
Quante volte vi è stato chiesto, quando eravate bambini: “Ami di più tuo padre o tua madre, tuo nonno o tua nonna, tuo fratello o tua sorella?” mettendovi davanti a un obbligo di scelta?
E riflettete un attimo: la vostra scelta di allora è stata operata davvero in base a un impulso di amore vero, o è stata dettata dal vostro egoismo del momento e in vista del vostro tornaconto più immediato?
Non avete per caso scelto chi era solito darvele più vinte, o chi più di sovente giocava con voi, o chi più di frequente vi faceva compagnia?
E ancora: quante volte, alla stessa domanda, avete risposto in modo diverso a seconda del vantaggio che una risposta diversa da situazione a situazione poteva fornirvi?
Gesù, a coloro che gli dicevano che Sua madre e i Suoi fratelli lo stavano cercando, rispose che non aveva madre e non aveva fratelli e la sua risposta non era sintomo, come può apparire a prima vista, di indifferenza o di disaffetto, ma era amore vero: Sua madre e i suoi fratelli non possedevano giustamente titoli preferenziali per il suo amore; non poteva essere altrimenti, poiché egli amava davvero come nei primi momenti di vita del neonato, senza cioè imporre una direzione, una scelta, al suo amore.
Passiamo ora a una seconda domanda; seconda ma non per questo meno importante della precedente: state amando?
Chi tra di voi è riuscito a stabilire, a costruire un rapporto d’amore con un’altra persona certamente risponderà di sì. Noi possiamo dirgli, in questo caso, che forse è un piccolo passo in avanti rispetto ad altri, ma che non sta ancora amando davvero.
Il suo amore, infatti, è ancora orientato verso la parzialità e non verso quella totalità che è la qualità essenziale, secondo noi, perché si possa parlare davvero d’amore. Stiamo infatti cercando di parlare dell’amore vero, non di quello che, generalmente, l’uomo adulto – quell’uomo, cioè, che ha pronti tutti i mezzi per elevarsi ma che difficilmente riesce a usarli in piena coscienza – intende per amore. Moti
Esaminiamolo un attimo l’amore dell’uomo adulto.
“Amo mio marito o amo mia moglie, la mia donna o il mio uomo, il mio compagno o la mia compagna…”
Questo, di solito, è considerato amore e additato come esempio di amore vero. Ma basta considerare quel “mio” per avere già molte cose da obiettare sulla purezza e sulla verità di quell’amore, in quanto quel “mio” implica già, di per se stesso, che quell’amore non è poi così slegato dall’egoismo, ma è possessività, parzialità e gelosia. Non è quindi davvero amore, anche se può essere l’embrione dal quale spunterà poi quello che abbiamo definito come amore vero.
Come si concretizza quest’amore, diciamo “coniugale”? Solitamente in un rapporto sessuale che, di per sé, non è amore, in quanto può non essere un annullare se stessi nell’amore stesso, dimenticando la propria esistenza, dimenticando di dimostrare a se stessi quanto si è “potenti”, quanto si è “caldi”, quanta “resistenza” si ha, quanta “ripresa” si possiede, quanta “fantasia” è in noi. L’atto fisico può essere una manifestazione d’amore – non un complemento, perché l’amore vero non abbisogna di complementi – ma non è l’amore, anche se vi è la tendenza a compiere un’identificazione tra atto sessuale e atto d’amore. Se così fosse, anche l’atto d’amore omosessuale, invece di provocare reazioni scandalizzate, dovrebbe fregiarsi tranquillamente dell’etichetta d’amore.
Bene, a costo di scandalizzarvi – anzi, proprio allo scopo di farlo, affinché voi esaminiate il perché della vostra reazione – noi affermiamo con tranquillità e sicurezza che non vi è nessuno scandalo, nessun “andare contro natura” nell’omosessualità.
Come potrebbe d’altra parte qualcosa che succede all’uomo essere “contro natura”? Sarebbe illogico e cozzerebbe contro l’idea di un Dio perfetto e assoluto in ogni sua manifestazione:
Basta, per portare argomenti a favore, che voi pensiate a tutte le vostre vite precedenti. Se è vero ciò che noi e altri abbiamo sempre affermato, voi siete stati a volte maschi, a volte femmine, ed entrambe le esperienze hanno concorso a formarvi come attualmente siete: passate mascolinità e passate femminilità sono state la causa di quell’effetto che voi siete oggi.
Allora ditemi: per quale motivo scandalizzarsi o meravigliarsi o restare traumatizzati se si scopre in se stessi o negli altri delle tendenze omosessuali?
Non esiste ragione per ritenerle contro natura perché fanno parte della vostra natura e, anch’esse, possono essere una manifestazione d’amore in quanto, non dimenticatelo, l’Amore non può avere sesso… altrimenti – scandalo, scandalo! – dovreste ammettere che spesso l’amore che ritenete di nutrire per i genitori o per i figli maschera degli impulsi sessuali, cosa già affermata da certe correnti di pensiero ma non proprio ben accetta dalla massa.
O meglio: ben accetta se la teoria è rivolta agli altri, ma rifiutata come certamente assurda se rivolta a se stessi.
“Potete anche aver ragione, in parte; ma io son sicuro, ad esempio, di amare davvero i miei figli, così come amo tutti i bambini in generale”, potrebbe obiettare qualcuno di voi.
Se voi affermate: “Non saprò amare gli adulti, ma amo certo i bambini”, per noi non c’è via di scampo: ciò è indice che non possedete l’amore vero perché, ve lo ricordiamo ancora una volta, l’amore vero non può amare per categorie o operare delle preferenze. In quanto al vostro amore per i vostri figli, quale poca cosa si dimostra solitamente a un’analisi più accurata, obiettiva e spietata!
Pensate: amate i vostri figli allo stesso modo sempre o vi sono dei momenti in cui li amate di più?
Perché, vedete, se ci sono dei momenti in cui voi li amate di più, ciò vuol dire che non li amate davvero e che la sensazione di amarli di più è relativa e nasce dal vostro Io che si sente più appagato o più esaltato, da qualcosa che hanno detto o fatto i vostri figli in quella circostanza.
Guardateli attentamente questi vostri figli: fino a una certa età avete teoricamente potere su di loro, li forgiate, consapevolmente o meno, secondo un vostro modello ideale che il più delle volte siete proprio voi stessi, cosicché non c’è niente di più vero che dire che i vostri figli sono il vostro Io, o come vorrebbe essere il vostro Io. […]
In quanto al vostro amore per tutti i bambini, basta che proviate a osservare il vostro comportamento con i vostri figli e con i figli degli altri. Vi sembra lo stesso? Certo no. E allora dov’è l’amore che non fa distinzione tra mio e tuo, tra simpatico e antipatico, tra bello e brutto?
“Ci state distruggendo, ci fate sentire meschini, ci umiliate, ci fate capire che siamo bugiardi, faziosi, ma insomma: ci amate o ci odiate, volete infonderci speranza o indurci alla disperazione, volete farci avanzare o farci fermare sotto l’impressione della più grande impotenza?!”
Niente di tutto questo, vogliamo solo spianarvi la strada verso il meglio di voi stessi, vogliamo incominciare a togliere da essa i primi ostacoli affinché riusciate ora a muovervi, domani a camminare, e dopodomani a correre felici e sicuri che l’amore vero è lì, dentro di voi, che aspetta solo di trovare il modo per uscire… Scifo
Eccoci ora alla terza domanda: amerete mai?
Com’è possibile pensare, figli cari, che non riuscirete a trovare prima o poi il vero amore? Che senso avrebbe tutto ciò che state soffrendo o godendo?
Certo, non avverrà domani, certo neppure in questa vita, ma lentamente supererete voi stessi e abbraccerete l’universo. Non è un augurio il nostro, né tanto meno, una speranza: è una certezza.
Ciò che più conta è che non abbiate fretta, che compiate i vostri passi con cautela, con naturalezza, che non pretendiate da voi molto di più di ciò che potete dare, che vi accontentiate di chiedervi solo un piccolo sforzo per volta, che vi accontentiate di imparare anche solo a chiedervelo poiché, molto spesso, non è che non sappiate sforzarvi ma è che fate in modo da evitare di trovarvi davanti alla possibilità di compiere anche il più piccolo sforzo.
Certo, può accadere che vi sforziate nel momento e nel modo sbagliati, ma questo non vi preoccupi né costituisca per voi un freno: qui e ora siete nella fase in cui dovete imparare a sforzarvi; dopo, quando ciò sarà naturale – e, quindi, non più sforzato – potrete preoccuparvi di amare nel modo e nel momento giusti.
E dopo ancora, quando anche questo sarà acquisito – e perciò naturale e spontaneo – allora amerete davvero.
Per questo noi, così spesso, vi diciamo di incominciare ad amare prima coloro che vi sono più vicini, poiché quella è la vostra tappa naturale e successiva, verso il superamento del vostro Io.
Dall’amore per se stessi – amore relativo e assolutamente egoistico – all’amore per le persone che vi stanno accanto – amore relativo ma dall’egoismo più attenuato – fino all’amore per il Tutto, cioè l’amore vero, quello dell’annullamento del proprio Io, quell’amore di cui si può dire, come è stato detto: “Quando la tazza sarà piena di latte non ci sarà più bisogno di Dio, perché sarà Dio stesso”.
Certo, questa è una meta lontana, in apparenza solo teorica e quasi inimmaginabile – oltre che paurosa a causa dell’Io che lotta davanti alla prospettiva del proprio annullamento – ma è bene conoscerla; così come è bene, per ogni uomo, preoccuparsi del “qui e ora” perché è nel “qui e ora” che deve vivere. Moti
Qui e ora con piccolo sforzo. Il mio carico è leggero e il mio giogo è soave, dice Gesù, se non ricordo male
Chiarissimo
Da masticare a lungo. Grazie
Grazie.
Grazie
“Qual’è la cosa che più conta? L’amore”. – Mi sono rimaste impresse queste parole, quando le ho sentite pronunciare, ero ospite in un casolare di campagna nei pressi di Marzabotto, per un week end di classi di bioenergetica. Li vivevano un anziano sacerdote e quella, che molto verosimilmente è stata la sua compagna. Due belle persone. Dedite all’altro, ospitali, che sentivo molto vere. Sarà per questo, che quelle parole, ascoltate quasi per caso, hanno avuto un impatto prorompente su di me e ancora mi risuonano. Il post mi ha richiamato a quell’episodio, perché è di quell’amore universale che si parlava e che mi aveva così tanto colpito e che oggi quando ci penso mi commuove.
Grazie
Molto bella!