Padre mio,
io sorrido, io vivo, io scherzo, io trascorro i miei giorni col sorriso dipinto sul volto, eppure, Padre, quando mi guardo allo specchio mi sembra di vedere una maschera tragica che, dietro ad un sorriso dipinto e immobile sui lineamenti, nasconde, invece, una grande pena e una grande tristezza.
Sì, Padre mio, al di là di ciò che la mia bocca tende a mostrare agli altri, al di là di ciò che le mie parole cercano di far credere a coloro che mi circondano, al di là dell’immagine che io costruisco per gli altri, se soltanto mi fermo un attimo ad osservare me stesso, la maschera cade e trovo al mio interno tristezza e solitudine.
Padre, Padre mio,
eppure io sono sicura che Tu mi ami, e che usi mille modi diversi per venirmi incontro e per aiutarmi nel mio cammino verso di Te.
Ed io, Padre mio, che cosa faccio?
Lo so, lo so, Padre mio, che non faccio tutto quello che potrei fare, ma sono fragile all’interno, ed è proprio questa la mia sofferenza principale: il rendermi conto di non riuscire a fare ciò che vorrei e che saprei fare.
Anche quando, Padre, io ho l’immensa fortuna, la grande gioia, la felicità di poter sentire coloro che Tu mi mandi, messaggeri delle Tue parole, io mi rendo conto che molte volte non riesco a seguire ciò che dicono e mi comporto in modo diverso da ciò che loro mi mostrano.
Dimmi, Padre, dimmi Tu, che cosa posso fare per essere diversa, per essere davvero degna di chiamarmi una Tua creatura, felice di ascoltare le mille voci che mi parlano di Te? Viola
Figlia mia,
anche se tu non parli, non v’è bisogno di parole affinché ciò che tu senti e provi riesca a raggiungermi: le tue preghiere, per quanto mute e silenziose, arrivano a me con il fragore di un tuono, ed io non resto indifferente, figlia, come a te può sembrare, ma rispondo sempre; e se soltanto tu ti fermassi un attimo a cercare di udire, grande consolazione potresti trovare da ciò che io t’invio.
Figlia mia,
tu che hai la possibilità di essermi apparentemente più vicina degli altri – anche se per brevi momenti -attraverso il contatto diretto con coloro che io ti invio per farti sentire in un modo ancora diverso e forse, sotto certi aspetti, più completo, la mia presenza e il mio Amore, a te, figlia, io dico di cercare di rendere veramente fruttuoso ciò che queste creature ti dicono, perché è in questo modo che potrai arrivare non soltanto a conoscere me, ma principalmente a conoscere te stessa e quindi anche me. Perché, non dimenticarlo mai, figlia mia, tu ed io non siamo disgiunti, ma siamo un unico essere.
Ma che fare, se le lusinghe del mondo sembrano distrarti, renderti indifferente, apatica, sembrano farti partecipare alla comunione soltanto come un individuo che ha intenzione di prendere senza cercare mai di dare?
Figlia mia,
certamente ti sarà capitato di avere perso una persona cara, di cercare di ricordare anche il più piccolo respiro di quegli attimi da te vissuti, con passione, con rimpianto, con dolore, con attaccamento, perché sapevi che erano gli ultimi e che poi li avresti persi, forse, per sempre.
Figlia mia,
se ti ho parlato di quest’esperienza, non è per suscitare ancora in te il rimpianto o il dolore, ma è per dirti che il modo migliore per ascoltare le voci che io a te mando affinché ti parlino di me, direttamente o indirettamente di me, è quello di ascoltare ogni volta come se per te dovesse essere l’ultima volta che le potrai ascoltare.
In questa ottica, figlia, assaporerai ogni respiro, ogni frase, ogni emanazione, e la comunione ogni volta sarà da te vissuta nel modo migliore, indipendentemente da coloro con cui la starai vivendo, poiché vivrai l’esperienza che io ti mando, fino all’ultima goccia.
Figlia mia,
cerca di amare sempre te stessa e tutto ciò che ti succede, perché ciò che ti succede non è a caso, ma ti succede mosso dall’Amore che io provo per te. Moti
“cercare di di amare sempre te stessa e tutto ciò che ti succede, perché ciò che ti succede non è a caso, ma ti succede mosso dall’Amore che io prtovo per te. ” Possano le nostre comprensioni impregnarsi di ciò per farne pane in tempo di carestia e pungolo nel tempo dell’abbondanza. grazie
Sentimenti misti e contrapposti affiorano, figli forse di comprensioni parziali: gioia e consolazione da un lato se lascio prevalere la fiducia; protesta e rabbia dall’altro se considero che in realtà molte esperienze della vita sono assai dolorose e persino distruttive. Il culmine è la morte. Allora mi domando: a chi sono rivolte queste parole? A quale “tu”? Evidentemente non all’identità o meglio non ai corpi transitori che sono molte volte quelli vessati, abusati ed oppressi in questa vita; in certa misura asserviti alle esigenze impietose dei piani superiori; corpi da laboratorio. Fatico ancora a comprendere forse per paura, per una identificazione con i corpi transitori (disidentificazione potrebbe equivalere ad identificazione col corpo della coscienza?).
A Samuele. Eccola che torna, la vittima. In una versione più sofisticata, ma è ancora lei.
Dunque i corpi inferiori, l’identità, sarebbero vittime della coscienza carogna che pur di acquisire dati non si cura di abusarli..
E se fosse che il dolore ha invece l’unica sorgente proprio nel non essere sufficientemente collegati al sentire?
Grazie
Mi risunano molto queste parolo. Grazie
Grazie
Parole che accolgo a metà, nel senso che son chiari i concetti ma non appieno sostenuti nel sentire. Grazie per aver posto questo accento…