C’era una volta in un paese – e non vi dico qual era – un uomo che si chiamava Binda. Una mattina quest’uomo si svegliò e non riusciva più ad alzare la testa, ma continuava a restare con il capo completamente piegato in avanti e pesante.
Era un uomo abbastanza anziano che viveva solo in casa; era povero, non aveva amici e non aveva parenti, così non si curò di andare dal dottore perché «Ormai sono vecchio, cosa posso farci? Sono destinato, si vede, a finire i miei giorni in questo modo!» si diceva.
E così, giorno dopo giorno, si trascinava per le strade sempre con la testa verso il basso e il collo piegato, continuando a fissare i piedi e il terreno che calpestava.
Poi, un giorno – dopo giorni, settimane, mesi passati nel dolore e nel dispiacere (perché in realtà continuava a dire: «Guarda come sono mal preso, guarda qua, guarda là,») – incontrò all’angolo della strada un predicatore.
Sentendo la folla che sussurrava chiese, sempre con lo sguardo a terra, a un vicino: «Ma chi è quest’uomo che sta parlando? Vedo tutti questi piedi intorno a me, sento tanta emozione nell’aria!»
L’altro gli disse che era un sant’uomo che andava in giro a predicare e che si diceva sapesse tutto di tutti, oltre a saper dare sempre buoni consigli e parole buone.
Aspettò che il predicatore avesse finito il suo discorso e, dopo avere pensato: «Chissà se si degnerà di dire qualcosa anche a me!» aspettò che la gente, un po’ alla volta, se ne andasse, poi, sempre con la testa china e fissando la terra, si avvicinò al predicatore e gli disse:
«Sant’uomo, tu che sai tutto di tutti, che conosci i malanni di tutti, vedi come sono ridotto: sono mesi ormai che sono in queste condizioni. Ho il collo piegato e continuo a guardare la terra e, sai, mi piacerebbe anche vedere il cielo qualche volta, ma mi toccherebbe fare le contorsioni per vederlo! Hai qualche cosa per me, puoi dirmi qualche cosa?»
Il predicatore stette un po’ in silenzio e poi disse:
«Buon uomo, sono mesi, hai detto, che sei in queste condizioni. Ma toglimi una curiosità: da quant’è che ti maceri nel tuo dolore e non provi ad alzare la testa?».
E se ne andò.
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Già, spetta a noi cambiare la nostra vita alzando la testa.
Non è sempre facile alzare la testa, dipende molto anche dal contesto in cui ti trovi a vivere, ciò non toglie che bisogna provare a farlo. Partendo sempre da un base di fiducia,naturalmente
Più ci penso e più la trovo persuasiva. Grazie
Macerarsi nel dolore ( = vittimismo) è un modo di guardarsi l’ombelico
Avrei voluto rispondere all’anziano Binda che se proprio ci teneva a vedere il cielo, avrebbe dovuto semplicemente stendersi a terra e alzare lo sguardo … per fortuna sua, ha incontrato un saggio!!!
Stanato il suo vittimismo…. e il mio.
Non ricordavo questa storia ma ho sorriso nel rileggere il commento scritto 4 anni fa.
Durante questa seconda lettura, ho infatti pensato alla stessa cosa già commentata in passato:
il mio senso pratico è rimasto invariato!