Una nuova comprensione del senso di colpa [A206-sdc28]

Dopo tante belle parole, però, qual è la ricaduta pratica di tali processi nella conduzione della vostra vita quotidiana?

Il punto di partenza è, e resta sempre, l’osservazione che ognuno di voi può compiere su se stesso, certamente; come senza dubbio osserverete, tale osservazione è gestita dal vostro Io ma, d’altra parte, il vostro Io, pur nella sua illusoria esistenza, è l’interfaccia che ogni individuo ha a sua disposizione per relazionarsi con se stesso e con l’esperienza.

Per prima cosa è necessario che ognuno di voi acquisisca una concezione diversa del concetto di senso di colpa, vivendolo non più come un macigno che rende insormontabili gli ostacoli che sembra mettere sul vostro cammino bensì come una segnaletica che vi indica la direzione in cui proiettarvi per trovare il percorso che vi faccia arrivare a superarlo. 

È essenziale che non vi sentiate inermi e impotenti di fronte ai vostri sensi di colpa, ma che acquisiate la consapevolezza che essi sono transitori e superabili. Per arrivare a questa consapevolezza bisogna che “alleniate” il vostro Io a non nascondersi dietro a un dito cercando di ignorare o di nascondere l’esistenza al vostro interno di sensi di colpa, perché il loro riconoscimento e l’accettazione della loro esistenza sono fattori essenziali per permettere all’Io di cercare di operare sugli effetti della loro presenza al suo interno.

Proprio per la tendenza dell’Io a nasconderli, la conoscenza dei sensi di colpa non va mai data per scontata ed è necessario ritornare sulla loro osservazione a più riprese, senza fermarsi alle prime risposte (che, solitamente, sono le più facili da accettare per l’Io e, quindi, le sue preferite), ricordando che mentre state compiendo la vostra osservazione di voi stessi state anche portando avanti la vostra esperienza all’interno del piano fisico e che, di conseguenza, è molto probabile che nel corso del vostro lavoro su voi stessi abbiate aggiunto nuove sfumature di comprensione al vostro sentire

L’aggiornamento del vostro sentire, anche quando avviene grazie a solo piccole sfumature, comporta sempre un ampliamento delle vostre possibilità di osservazione e, di conseguenza, la possibilità di comprendere e di precisare meglio quali siano gli elementi che caratterizzano un vostro senso di colpa.

Ma vediamo se riusciamo a trovare un modo più concreto per aiutarvi a cercare il bandolo della vostra matassa, invitandovi nel contempo a ricordare che riuscire a farlo significa per voi acquisire sentire e per il vostro Io diminuire o attenuare la sofferenza e il disagio interiore, in maniera che tale certezza possa costituire la spinta ad andare avanti e a non fermarvi davanti alle resistenze che potreste incontrare nel cercare di essere sinceri e obiettivi con voi stessi su quelli che sono i vostri veri perché.

Capita molto spesso, nel corso delle vostre giornate, di trovarvi di fronte alla possibilità di comportarvi in maniera più consona al vostro sentire senza tuttavia cogliere al volo l’occasione per farlo, cosa questa che fa nascere in voi una situazione di squilibrio e l’insorgenza di un senso di colpa che, alla lunga, può anche sfociare nel presentarsi di sintomi somatici.

  1. La prima risposta che, in tale situazione, si dà l’Io è quella di dire a se stesso che quel certo comportamento non l’ha messo in atto perché “non gli andava di farlo
  2. o perché “non era in armonia con il suo carattere”
  3. o perché “aveva paura delle conseguenze possibili derivanti dal suo agire inconsueto”. 

È del tutto evidente che si tratta di risposte insoddisfacenti che non hanno, alla fin fine, altro risultato che quello di permettere all’Io di cercare di ignorare il senso di colpa che è nato al suo interno in maniera da fingere di darsi una risposta senza, in realtà, fare altro che restare in superficie, evitando il vero nocciolo del problema, cioè – come ormai sappiamo – l’incomprensione che sta alla base di tutto il processo che stiamo esaminando.

Si tratta senza dubbio di risposte comuni e frequenti: se osservate il vostro vivere quotidiano noterete una quantità di azioni da voi non compiute basandovi su una (o addirittura su tutte, contemporaneamente) delle motivazioni superficiali che ho appena citato.

Ma, se analizziamo con obiettività tali supposte motivazioni mi sembra che risulti facile scorgere quanto, in fondo, esse siano inconsistenti e prive di un effettivo valore logico/razionale anche senza il bisogno di andare a cercare chissà quale allacciamento all’insegnamento etico o filosofico, ma restando semplicemente sul terreno del più immediato buon senso comune e della psicologia più spicciola.

  1. Affermare di non aver fatto qualcosa perché non si aveva voglia di farlo è una chiara ammissione di rifiuto delle proprie responsabilità: tale affermazione tronca sul nascere ogni altra possibile disanima permettendo all’Io di trincerarsi dietro all’ammissione di un proprio comportamento egoistico. Questo offre la possibilità all’Io di cercare di apparire agli occhi degli altri (ma anche ai suoi stessi occhi) una persona onesta con se stessa e con gli altri e consapevole dei propri limiti. In realtà, come mi sembra che sia evidente, è solo una maniera – e neanche poi tanto elegante – per evitare di andare in profondità e per spegnere sul nascere eventuali discussioni.
  2. Anche l’attribuire al proprio carattere la motivazione che sta alla base di una non-azione possiede gli stessi elementi a favore dei giochetti messi in atto dall’Io per distogliere l’attenzione dai veri perché egoistici che motivano il suo non agire. Ma anche questo elemento risulta essere superficiale e poco credibile: se ogni individuo si comportasse sempre e comunque soltanto come la sua base caratteriale gli suggerisce non vi sarebbe la possibilità di creare dei rapporti interpersonali, o dei reali legami affettivi, o, allargando la visuale, addirittura la formazione di stati sociali di massa dal momento che ogni individuo resterebbe aggrappato alle spinte fornitegli dal suo carattere diventando un’isola a stante senza reali possibilità di contatto o di interazione con le altre isole di Io che gli stanno accanto.

    Ovviamente, in realtà, questo non può accadere per diversi motivi: prima di tutto perché, comunque, esiste nell’Io l’influenza del sentire che modula l’espressione del carattere individuale nel suo relazionarsi con l’esterno e, in secondo luogo, perché esistono gli Archetipi Transitori che, a loro volta, forniscono al carattere dei modelli di espressione sempre più aderenti al sentire a mano a mano che l’individuo avanza nella sperimentazione di tali archetipi e, in conseguenza di tale sperimentazione, aggiunge sfumature di comprensione al suo sentire ampliando costantemente la gamma di possibili comportamenti reattivi tramite i quali il carattere può venire espresso nel corso dell’esperienza di vita.
  3. L’avere paura delle conseguenze possibili derivanti da un agire inconsueto rispecchia in pieno una delle caratteristiche di base dell’Io, cioè quella di avere paura di tutto ciò che è nuovo e diverso rispetto all’immagine che esso si è creato di se stesso e del cambiamento che l’inserire il “nuovo e diverso” in tale immagine può comportare in termini di destabilizzazione interna.

Se osservate in quest’ottica la vostra vita vi renderete facilmente conto che tutto il suo percorso sembra essere dominato proprio dalla paura: paura di fare o di non fare, paura di amare o di essere amati, paura di esprimere le vostre emozioni o di trovarvi di fronte a quelle espresse dagli altri, paura di fare dei figli o di non essere in grado di farne, paura di non essere in grado di affrontare le situazioni inaspettate, paura di non avere abbastanza di che vivere…

Ogni piccola o grande paura che vi trovate a dover gestire non è altro che il riflesso delle paure che attanagliano il vostro Io e, spesso, sono totalmente prive di una vera consistenza reale.

Anche osservare approfonditamente un proprio senso di colpa non è esente da paure: scoprire che una personale incomprensione ha scatenato effetti somatici, ha creato problemi di rapporto, ha fatto nascere contrasti e dissidi, ha avvelenato l’interazione con le altre creature non è mai di facile accettazione per un Io che tende a ritenersi perfetto e quanto di meglio l’esistenza abbia dato mai alla luce.

Eppure, se riuscite ad accettare il fatto che sciogliere un vostro senso di colpa comporta grandi benefici alla vostra vita (e, di conseguenza, anche al vostro Io) dovete anche arrivare a comprendere che superare il vostro egoismo, imparare a esprimere voi stessi in maniera più consona al vostro sentire, andare al di là delle catene che vi impongono le vostre paure sono percorsi che renderanno la vostra vita sempre più facile da affrontare e da vivere.

In fondo, il vostro Io, pur nel suo egoismo e nel suo continuo tentativo di illudere se stesso alterando nella maniera a sé più confacente la sua percezione della realtà che affronta nel corso dell’incarnazione, non è soltanto egoismo, insincerità e illusione ma è anche bisogno di sentirsi in comunione con gli altri, speranza e certezza di un continuo cambiamento in meglio, soddisfazione e gratificazione per ogni passo compiuto che rende il sentire dell’individuo più vicino all’armonioso contatto con gli Archetipi Permanenti e, quindi, con il Tutto.

Ed è in questo continuo gioco di alternanza tra egoismo e altruismo, di resistenza e di accettazione, di mascheramento e di svelamento di se stesso che si compie il percorso evolutivo di ogni creatura fino al raggiungimento di quello stato in cui non vi è più alternanza, non vi è più illusione, non vi è più dualità ma soltanto la percezione di appartenere all’eterna armonia che permea la Realtà. Scifo

Ciclo sul senso di colpa

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