Senso di colpa conscio e inconscio per l’Io [A198-sdc22]

Abbiamo visto che i sensi di colpa derivanti dall’inadeguatezza del sentire rispetto ai modelli degli Archetipi Permanenti risultano essere inconsci rispetto alla possibilità di consapevolezza dell’individuo incarnato. 

Ovviamente – e questo lo dico per i “puristi”, per prevenire eventuali perplessità rispetto a questa affermazione – a mano a mano che l’evoluzione dell’individuo si avvicina alla completezza del suo sentire si riducono gli elementi che ostacolano la percezione del suo reale sentire. Questo significa, allora, che egli riesce a scorgere quei sensi di colpa e, di conseguenza, a lavorare su di essi consapevolmente?

No: significa che i sensi di colpa derivanti dal raffronto con il sentire individuale raggiunto saranno sempre più pochi e sempre meno influenti, dal momento che la percezione del suo reale sentire sarà sempre più accurata in conseguenza del suo graduale avvicinarsi ai modelli proposti dagli Archetipi Permanenti. 

Per quanto essi diventino più rari e meno rilevanti continueranno, comunque, a provocare riflessi nell’ambito microcosmico in cui l’individuo compie il suo percorso evolutivo e resteranno difficilmente percepibili con esattezza dalla sua consapevolezza la quale dovrà continuare a operare sulla scorta dei riflessi che essi provocheranno sulla reattività dell’uomo incarnato rispetto ai modelli derivanti dagli Archetipi Transitori e dall’esperienza che, di conseguenza, egli sarà avviato ad affrontare.

Piuttosto diversi, in fondo, sono, invece, i ragionamenti che possiamo fare esaminando i sensi di colpa dell’individuo all’interno del suo percorso incarnativo ovvero dell’ambiente microcosmico in cui egli compie la sua esperienza.

È evidente che ci troviamo, a questo punto, all’interno dell’ambiente raggiungibile dall’Io dell’individuo il quale si trova a dover interagire con l’esperienza di vita attraverso gli elementi che lo sollecitano e gli strumenti temporanei che possiede. In questa prospettiva i sensi di colpa (riflessi parziali, non dimentichiamolo, di quelli suscitati nella zona di confronto sentire dell’individuo/modelli degli Archetipi Permanenti) scaturiscono dal raffronto che fa l’Io con i modelli forniti dagli Archetipi Transitori che sta sperimentando.

I fattori che entrano in gioco sono, ancora una volta, le incomprensioni presenti nel sentire dell’individuo e la consapevolezza di essi che egli possiede. Le incomprensioni del sentire sono graduate e rese relative e soggettive dagli strumenti temporanei che l’individuo possiede nel suo ambito reincarnativo, proiettandosi in riflessi parziali dell’incomprensione generale del corpo akasico.

Esse vengono costrette dalla fissità della costituzione genetica dei corpi inferiori dell’individuo a inoltrarsi lungo percorsi ben precisi (quelli, per intenderci, che più gli sono congeniali e che, di conseguenza, può più facilmente sperimentare) che inducono l’incarnato a reagire all’esperienza mettendolo di fronte ai risultati provocati al suo interno e al suo esterno dalla manifestazione della sua reattività all’esperienza di volta in volta affrontata fornendogli, in questo modo, elementi con cui alimentare la sua consapevolezza.

La consapevolezza di cui stiamo parlando è, ovviamente, quella dell’Io, anch’essa riflesso parziale della consapevolezza che appartiene al corpo akasico. In questo continuo interagire tra consapevolezza dell’Io, reattività all’esperienza e osservazione dell’esperienza affrontata, si inseriscono i sensi di colpa derivanti dal raffronto tra l’immagine di se stesso che ha l’Io e i modelli suggeriti dagli Archetipi Transitori.

Anche in questo caso, ovviamente, entra in campo il senso di inadeguatezza che avverte l’Io: esso, spinto dal suo bisogno di gratificazione e di espansione del suo potere sulla realtà in cui si trova ad operare, avverte l’impulso e la necessità di tendere a uniformarsi in maniera sempre più adeguata ai modelli che gli vengono via via proposti dagli Archetipi Transitori (mettendo in atto, in questo modo, la sorta di “scalata” a cui avevamo accennato a suo tempo e che porta l’individuo ad avanzare lungo il percorso tracciato dall’Archetipo Transitorio fino alla sua completa sperimentazione e al raggiungimento del sentire collegato all’aspetto che l’Archetipo Transitorio ha la funzione di far sperimentare).

La percezione che ha l’Io dei sensi di colpa che scaturiscono da questo lavorio interno dell’individuo varia e si perfeziona a mano a mano che la sperimentazione procede, riflettendosi sulla consapevolezza dell’Io rispetto ai suoi processi interni e, in particolare (dato che questo è ciò che più direttamente e con maggiore intensità gli interessa) ai disagi interiori che essi gli provocano, sfociando in quelle manifestazioni osservabili dall’Io che abbiamo chiamato “somatismi”.

È a questo punto che è possibile applicare al senso di colpa l’etichetta di inconscio o di conscio:

  • sarà inconscio il senso di colpa non ancora riconosciuto e osservato dalla consapevolezza dell’Io,
  • mentre sarà etichettabile come conscio nel momento in cui l’Io ne prenderà coscienza, diventando consapevole dell’azione che esso esercita al suo interno, del fatto che esso gli appartiene e che ciò che lo provoca non deriva da qualcosa di esterno ad esso ma è diretta conseguenza di ciò che giace al suo interno e che mette in moto la sua reattività in maniera difforme dai modelli suggeriti dagli Archetipi Transitori che sta sperimentando.

È evidente che su questi sensi di colpa l’Io ha la possibilità di intervenire modificando, attraverso l’osservazione e l’esperienza, la tipologia delle sue reazioni. 
Il primo impulso sarà quello di negare la loro esistenza, secondo la logica dello struzzo che nasconde la testa sotto terra pensando, a questo modo, di eliminare ciò che avverte come un problema destabilizzante ma, sotto la spinta inesorabile dell’esperienza, alla fine arriverà a rendersi conto che l’unica maniera per ristabilire il suo equilibrio interno pericolante è quello di affrontare a viso aperto il senso di colpa, cercando di individuarne la sorgente. 

Questo significa, per l’Io, operare la transizione del senso di colpa da inconscio a conscio, ovvero da inconsapevole a consapevole. Una volta che il senso di colpa diventa consapevole arriva a essere, inevitabilmente, alla portata dell’osservazione effettuabile su di esso dall’Io il quale, di conseguenza, potrà cimentarsi nel cercare di trovare il percorso per raggiungere, puntualizzare e stemperare l’incomprensione relativa che sta alla sua base.

Non dimentichiamo, però, la direttrice da cui è scaturito tutto il nostro ragionamento, che è quella di comprendere le dinamiche e i collegamenti tra il senso di colpa e i somatismi che lo accompagnano. Il somatismo risulta essere, con tutta evidenza, un effetto dell’incomprensione che arriva nella vita dell’individuo attraverso il suo percorso dal corpo akasico alla sua manifestazione all’interno del mondo fisico in cui l’individuo compie la sua esperienza di vita. La sua funzione, come abbiamo detto più volte, è quella di attrarre l’attenzione dell’Io dell’individuo sui punti “dolenti” della sua interiorità, focalizzandola su di essi al fine di spingerlo a cercare di escogitare una soluzione che gli faccia trovare un nuovo punto di equilibrio più soddisfacente.

Non vorrei che il mio ragionare vi avesse portato a concludere – per altro in maniera errata – che i somatismi scaturiscano semplicemente dai sensi di colpa inconsci dell’individuo incarnato, perché non è così: i somatismi scaturiscono in primo luogo dal’inadeguatezza che avverte il corpo akasico individuale rispetto ai modelli proposti dagli Archetipi Permanenti e prendono forma e sostanza nel procedere delle vibrazioni inviate dal corpo akasico verso il piano fisico, riflettendosi all’interno dei corpi dell’individuo fino a concretizzarsi nelle forme che conosciamo, ovvero quelle di somatismo fisico o somatismo comportamentale.

Il fatto che il senso di colpa collegato ad un somatismo sia inconscio o conscio non cambia, in realtà, la sostanza del somatismo che resta costante e presente in entrambi i casi. E, se ci pensate per un attimo con attenzione, potete facilmente comprendere che non può essere che così, dal momento che il senso di colpa (e di conseguenza il somatismo ad esso associato) si modifica o viene annullato soltanto allorché viene modificata o annullata l’incomprensione che sta alla sua base: essere consapevoli di un proprio senso di colpa non significa affatto avere annullato tale incomprensione e, di conseguenza, non può avere una reale conseguenza sulla presenza del somatismo nella vita dell’individuo.

Il punto importante nel passaggio da inconscio a conscio della percezione del senso di colpa da parte dell’Io è il fatto che l’Io diventa consapevole della sua presenza al suo interno e tale consapevolezza – pur non avendo la conseguenza di annullare il somatismo dal momento che l’incomprensione non è stata ancora risolta – lo mette in condizione di poter lavorare su di esso inviando in questo modo nuovi dati al suo corpo akasico grazie ai quali esso vedrà alimentarsi la sua comprensione e avrà la possibilità di aggiornare in maniera continua la sua coerenza con i modelli proposti dagli Archetipi Permanenti.

In definitiva, il compito principale dell’individuo incarnato consiste proprio nel cercare di portare allo stadio della consapevolezza le incomprensioni che infarciscono la sua interiorità, in maniera da offrirle – con l’aiuto della sua reattività all’esperienza che affronta nel corso della sua incarnazione – alla possibilità di osservazione da parte dell’Io; ed è proprio grazie al processo che conduce alla consapevolezza che il circolo akasico/fisico ha la possibilità di venire alimentato e aggiornato a mano a mano che l’incomprensione tende a trasformarsi, finalmente, in comprensione e, di conseguenza, in sentire acquisito, contribuendo, a questo modo, al processo evolutivo non solo dell’individuo ma anche dell’intero Cosmo. Vito

Ciclo sul senso di colpa

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