I modelli di riferimento nel senso di colpa [A197-sdc21]

Al fine di analizzare i sensi di colpa che influenzano, spesso anche pesantemente, la vita quotidiana e le reazioni dell’individuo incarnato, si rende necessario porre un punto di partenza ben preciso dal quale partire, in maniera da sviluppare, grazie ad esso, un ragionamento coerente e il più possibile logico.

Tale punto di partenza è stato indicato, in maniera chiara, nei messaggi precedenti ed è individuabile nel meccanismo stesso che avvia il processo che ha la conseguenza di portare alla formazione dei sensi di colpa. Tale processo – ormai lo sappiamo, avendolo ripetuto a più riprese –  ha alla sua genesi il raffronto che il sentire del corpo akasico effettua nei confronti dei modelli di riferimento che costituiscono il termine di paragone giusto/sbagliato rispetto alle vibrazioni emesse senza sosta dalla Vibrazione Prima e contenuti nella massa vibratoria degli Archetipi Permanenti.

E, fino a questo punto, mi sembra che il discorso possa essere ben chiaro e privo di alcuna possibilità di essere travisato o mal interpretato. Naturalmente, dal momento che ci troviamo all’interno di un processo evolutivo, le prospettive di osservazione possono essere diverse e non solo: il fatto che l’individuo sia inserito in un percorso di tipo evolutivo sottintende che vi sia un graduale ampliamento del suo sentire e che, di conseguenza, le variabili in gioco cambino o si trasformino in continuazione, accompagnando il cambiamento o la trasformazione che subisce il sentire del corpo akasico a mano a mano che le esperienze affrontate dall’individuo nel corso della sua esistenza aggiungono e sistemano al suo interno nuovi elementi di comprensione.

L’elemento principale che bisogna considerare per poter ragionare sulle variabili che via via si possono presentare alla nostra analisi è il modello a cui il senso di colpa è collegato o, per dirlo in maniera forse più comprensibile per tutti voi, ciò che il modello propone al corpo akasico come “giusto” a cui fare riferimento e che fa sorgere all’interno dell’individuo quella sensazione di inadeguatezza rispetto al modello presentato che avvia il processo di formazione del senso di colpa.

Soffermiamoci per un attimo sul concetto di “modello”, così come ve l’abbiamo presentato nel tempo, domandandoci da dove provengono i modelli che influiscono sul percorso evolutivo dell’individuo nel corso della sua incarnazione.

Mi sembra sia evidente che quanto abbiamo detto fino ad ora non possa che essere, con tutta evidenza, collegato al concetto di Archetipo Permanente, ovvero quei modelli fissi e immutabili che la Vibrazione Prima trasmette alla totalità del Cosmo fin dal momento in cui esso viene generato e prende il via nel suo complesso il processo evolutivo cosmico.
In questa prospettiva gli Archetipi Permanenti possono venire considerati degli strumenti, indispensabili al dipanarsi del processo evolutivo in seno al Cosmo, la trama che dà forma e colore al tessuto cosmico.

Sappiamo, per averlo notato a più riprese nella nostra analisi della Realtà, che molto spesso (seguendo il principio del “così in alto, così in basso”) gli elementi cardine all’interno del Cosmo si trovano ripetuti nella loro funzionalità allorché si sposta l’attenzione dal macrocosmo al microcosmo, anche se ciò avviene, solitamente, con caratteristiche in qualche modo differenti a seconda dell’ambito in cui essi si trovano ad operare.

E così accade anche questa volta: gli Archetipi Permanenti, strumenti primari necessari alla formazione e allo sviluppo del Cosmo in ambiente macrocosmico trovano il loro analogo nella formazione di quegli strumenti temporanei che sono gli Archetipi Transitori e che hanno la funzione di incanalare nei binari di esperienza più utile la vita incarnativa di gruppi di individui accomunati dalla necessità di sperimentare le varie sfumature di quelle comprensioni che non sono ancora riusciti ad acquisire e a inserire all’interno del sentire dei loro corpi akasici individuali.

Come abbiamo visto, i modelli di riferimento dei sentire individuali sono gli Archetipi Permanenti che, ormai lo sappiamo, sono fissi e immutabili, in quanto dettano le condizioni necessarie e indispensabili per la formazione e lo sviluppo evolutivo del Cosmo nella sua totalità, ed è dal raffronto che il sentire fa con essi che si sviluppa il senso di inadeguatezza che avverte il corpo akasico individuale, con i conseguenti sensi di colpa che ne derivano, scaturendo dalla dissonanza tra lo stato del sentire momentaneo dell’individuo e ciò che gli Archetipi Permanenti gli presentano come modello a cui tendere.

Abbiamo detto più volte nei decenni che l’individuo non ha una vera consapevolezza del reale grado di sentire che possiede, dal momento che la sua percezione di tale elemento, infatti, risulta alterata e condizionata da fattori contingenti e inevitabili in quanto conseguenza stessa del tipo di struttura del Cosmo: da un lato i bisogni di comprensione che lo riguardano, dall’altro la costituzione dei suoi corpi percettivi, mirati, nella loro stessa costituzione, ad offrirgli gli strumenti più adatti per poter acquisire nuovi elementi di sentire da inserire nel suo corpo akasico e, dal momento che essi sono centrati su quelle comprensioni che, nel corso di una determinata esistenza, egli può arrivare a comprendere, risultano essere restrittivi rispetto alla sua percezione del reale e completo sentire che egli possiede.

Sappiamo, anche, che ogni elemento collegato al sentire difficilmente riesce veramente ad essere percepito dalla consapevolezza dell’individuo incarnato, pur essendo, comunque e sempre, anche se in sottofondo, parte integrante della sua reattività (e, di conseguenza dell’espressione della sua personalità) nei confronti della vita che sta affrontando: se osserviamo il riflesso che arriva all’individuo dalle comprensioni che egli ha raggiunto non potremmo non notare che – come così spesso vi abbiamo sottolineato – tale riflesso è talmente connaturato allo stato di coscienza dell’individuo che esso fluisce spontaneamente nel suo modo di rapportarsi con le esperienze, in maniera talmente spontanea che egli, in linea di massima, neppure risulta esserne consapevole. 

Se vogliamo fare un’analogia esemplificativa per aiutarvi a comprendere questo aspetto, è la stessa cosa che accade, per esempio, quando cercate di leggere una scritta lontana che avete difficoltà a precisare: senza che neanche ve ne rendiate conto entrano in gioco tutti quei meccanismi acquisiti dal vostro corpo fisico nel corso della sua maturazione che gli permettono di migliorare la messa a fuoco temporanea dell’oggetto lontano e tutte le compensazioni visive messe in atto dai meccanismi cerebrali per compensare le difficoltà visive, in maniera da arrivare il più vicino possibile alla determinazione della scritta che si aveva difficoltà a precisare.

Si tratta, di conseguenza, di un lavorio inconscio, di cui l’individuo quasi sempre è inconsapevole ma che, tuttavia, agisce comunque sulla sua percezione della realtà soggettiva in cui egli si trova ad essere immerso.
Altrettanto si può dire riguardo al sentire: anch’esso, in fondo, può essere considerato l’autore di un lavorio inconscio all’interno dell’individuo.

Dal momento che i sensi di colpa che scaturiscono dal raffronto tra il corpo akasico dell’individuo e gli Archetipi Permanenti di riferimento provengono dall’analisi compiuta dal sentire su se stesso e sulla sua maggiore o minore coerenza con tali modelli, possiamo affermare che, in definitiva, tali sensi di colpa finiscono per risultare inconsci, ovvero tali da essere difficilmente percepiti dalla consapevolezza dell’individuo incarnato.

Il passo successivo, per altro, a mio avviso, perfettamente logico e consequenziale rispetto a quanto abbiamo appena detto, è costituito dalla constatazione che difficilmente l’individuo incarnato ha la possibilità di individuare e comprendere veramente tali sensi di colpa e, di conseguenza, di poter in qualche modo, intervenire direttamente su di essi, in quanto sfuggono, pressoché in maniera totale, alla sua possibilità di osservazione e interazione dirette.

Se ci fermassimo a questo punto della nostra analisi non potremmo che arrivare alla considerazione che, allora, l’individuo incarnato non ha alcuna possibilità di poter arrivare a sciogliere, con un suo qualche intervento, i sensi di colpa che derivano dalle sue incomprensioni e che non gli resta altra possibilità che aspettare che il sentire si ampli in maniera tale che tutto avvenga in maniera spontanea, anche se per lui inconsapevole, all’interno del corpo akasico… e, senza dubbio, tale constatazione sarebbe, per ognuno di voi, fonte di frustrazione e dell’accentuata sensazione di essere un semplice burattino in balia dei processi che orchestrano l’evoluzione all’interno del Cosmo.

Ma, ovviamente, non può essere veramente così, anche solo per il fatto che, altrimenti, andrebbero a farsi benedire alcuni dei presupposti fondamentali su cui si basano tutti i processi evolutivi del Cosmo, come, ad esempio, la circolazione delle vibrazioni in ogni punto e in ogni materia del Cosmo, senza la quale l’evoluzione nelle sue varie diramazioni (materia, forma e coscienza) non avrebbe alcuna possibilità di coinvolgere e interessare la totalità della struttura cosmica: lo sviluppo del Cosmo non può basarsi altro che su un processo logico e, come tale, fatto di elementi consequenziali in continuo e diretto rapporto tra di loro; se non fosse così l’integrità cosmica verrebbe a mancare e il Cosmo stesso finirebbe col frantumarsi velocemente: ogni elemento, ogni strumento interno al Cosmo ha la sua ragione d’essere e ha la sua genesi consequenziale proveniente dalla Vibrazione Prima, e questo aspetto è ciò che mantiene e preserva la vita e l’integrità del Cosmo in ogni suo punto.

In quest’ottica riprendiamo il concetto di “riflesso” che abbiamo introdotto a più riprese nei nostri ragionamenti, pur senza approfondirlo. Il passaggio della Vibrazione Prima attraverso il Cosmo, nel suo cammino dal macrocosmo al microcosmo, dall’Uno ai molti, genera via via dei processi e degli strumenti che, a loro volta, si riflettono in processi dalla portata sempre più localizzata in ambiti più ristretti, i quali  adoperano strumenti temporanei necessari alla loro manifestazione.

Pensiamo al processo reincarnativo. Voi sapete che tale processo ha una durata temporale indicativa di circa centoventi vite e, secondo la vostra concezione del tempo, esso vi sembra di una durata quasi inconcepibile e vi viene spontaneo considerarlo un elemento del macrocosmo. In realtà si tratta di un processo molto limitato in senso temporale rispetto alla vita del Cosmo. 

Ma cos’è il processo reincarnativo? Esso è il riflesso in ambito microcosmico dell’evoluzione del Cosmo: dato il fine generale di adeguare la coscienza interna al Cosmo ai dettami della Vibrazione Prima, il percorso della Vibrazione Prima all’interno del Cosmo dà vita al processo evolutivo cosmico che, a sua volta, genera dei processi riflessi che portano alla costituzione di strumenti relativi a ogni particolare processo riflesso; ecco, così l’attivarsi dei processi di evoluzione della materia, della forma e della coscienza – processi riflessi e parziali del processo evolutivo cosmico – con i loro “strumenti dedicati”, quali il Dna e il carattere, che permettono lo svilupparsi omogeneo dell’intero disegno evolutivo del Cosmo.

Se vogliamo continuare a ragionare in termini di “riflesso” risulta facile pensare che gli Archetipi Transitori possano essere considerati un riflesso – anche se solo parziale – di un qualche aspetto particolare degli Archetipi Permanenti.

La differenza tra i due tipi di archetipi, tuttavia, è sostanziale: gli Archetipi Permanenti, come abbiamo visto, determinano i modelli a livello macrocosmico, mentre gli Archetipi Transitori, pur nella loro limitatezza e transitorietà, determinano, invece, quelli che sono i modelli a livello microcosmico. Questo significa che sono sperimentabili e sono osservabili dall’individuo attraverso il suo Io, cosa che, come abbiamo sottolineato, risulta pressoché impossibile per quanto riguarda gli Archetipi Permanenti.

Questo significa ancora che l’individuo incarnato non è ininfluente nell’evoluzione microcosmica né, tanto meno, che è in sua balia! Anzi, è vero proprio il contrario: con l’osservazione di se stesso e il confronto con i modelli che gli presentano gli Archetipi Transitori ha la possibilità di sperimentare l’esistenza fisica che sta affrontando, di interagire in maniera personale con essa e di trarre dalla propria reattività elementi per arrivare a comprendere in maniera più adeguata le sue spinte interiori, contribuendo, in questo modo, al fluire del piccolo ciclo vibratorio akasico/fisico/akasico che alimenta l’espansione del suo sentire, espansione che inserirà la coscienza dell’individuo in un processo di armonizzazione sempre più in consonanza con i modelli presentati dagli Archetipi Permanenti.

Mi rendo conto che il discorso può sembrare complesso e di difficile lettura, tuttavia penso che esso risulti necessario al fine di arrivare a comprendere che i sensi di colpa derivanti dalle incomprensioni del corpo akasico (e, come abbiamo visto, difficilmente raggiungibili in maniera soddisfacente dalla consapevolezza dell’uomo incarnato e, quindi dal suo Io) hanno il loro riflesso nei sensi di colpa che scaturiscono dal confronto che l’individuo fa tra le proprie azioni, le sue reazioni all’esperienza e i modelli che gli suggeriscono gli Archetipi Transitori a cui è collegato, costruendo un flusso vibratorio continuo tra il microcosmo e il macrocosmo, senza il quale l’evoluzione del macrocosmo non potrebbe ricevere gli elementi che permettono il suo costante tentativo di identificazione e adeguamento ai modelli proposti dagli Archetipi Permanenti, col risultato di ottenere quell’insieme omogeneo e interdipendente, pur nella sua virtuale frammentarietà, che è il Cosmo.

Ciclo sul senso di colpa

0 0 votes
Valutazione dell'articolo
Subscribe
Notificami
guest

0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
Vedi tutti commenti
0
Vuoi commentare?x