Nello Stadio Akasico/fisico si gioca il Torneo dell’Evoluzione Individuale, nel corso del quale le due formazioni contendenti si affrontano per determinare il vincitore dell’affascinante competizione che è seguita appassionatamente da una sterminata platea di supporters, così sterminata da includere l’umanità intera!
Il torneo si svolge nel consueto unico tempo di circa 50.000 anni, senza tempi supplementari, al termine dei quali il vincitore si potrà fregiare del titolo di Oltre la ruota del Karma.
La squadra della Coscienza – sponsorizzata dal Corpo Akasico s.n.c. (società in nome collettivo) – mette in campo una formazione molto agguerrita, la cui punta di diamante è Comprensione che guida l’attacco, coadiuvato, sulle ali, da Somatismo e Sensodicolpa che gli suggeriscono gli schemi per effettuare le sue conclusioni.
Alle sue spalle un centrocampo di tutto rispetto, formato da Dna, Carattere e Consapevolezza che cercano di interpretare gli schemi di gioco suggeriti dall’allenatore Evoluzione, tradizionalmente affezionato a una tattica poco aggressiva ma costante, che si basa essenzialmente sull’applicazione dei modelli appartenenti alla scuola di gioco degli Archetipi Permanenti.
Tutt’altra tattica viene usualmente messa in atto, invece, dall’altra squadra contendente, il Club dell’Io, sponsorizzata da Percezione Soggettiva S.p.A. (società per autoappagarsi) che è, invece, più portata per un gioco aggressivo e di attacco, più appariscente ma che risulta, alla luce dei fatti, anche più caotico e confusionario.
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Anche se, apparentemente, sembra che i suoi punti di forza siano nella fase dell’attacco dove i suoi attaccanti (Egocentrismo, Volontàdipotenza e Personalità) si adoperano senza posa per ottenere la supremazia sull’altra formazione, in realtà, il suo vero punto di forza è costituito dalla fase difensiva dove Censura, Autogiustificazione e Illusione, magistralmente coordinati, danno vita a una difesa rocciosa che si oppone con fermezza e decisione (talvolta oltrepassando anche di molto i limiti del gioco corretto) alle folate offensive della squadra della Coscienza.
Dal punto di vista strettamente tattico, l’allenatore è fedele alla concezione di gioco che fa capo agli schemi suggeriti dagli Archetipi Transitori ed è un maestro nel saper adattare alle qualità dei suoi giocatori le esperienze di gioco che via via si presentano sul terreno dello stadio Akasico/fisico, sfruttando le occasioni che si presentano alla sua squadra nel corso della partita interpretandole in maniera distorta, ma spesso efficace, per ottenere un’ingannevole supremazia territoriale.
Nel tempo, molti osservatori di fede Ioista hanno avanzato seri dubbi sulla regolarità della competizione, dal momento che le statistiche mettono in luce il fatto che, alla fine di ogni torneo, il vincitore risulta essere sempre lo stesso, ovvero la squadra della Coscienza.
Altri sostengono, al contrario, che questo significa, invece, che la squadra della Coscienza è intrinsecamente più forte, grazie anche al suo maggiore equilibrio e alla costanza delle sue prestazioni che le forniscono la possibilità di acquisire, con lentezza ma con fermezza, la supremazia territoriale in ogni zona del campo, fino ad annullare le folate offensive del Club dell’Io.
Malgrado tale disputa, il Torneo Mondiale dell’Evoluzione non ha mai perso, nelle varie epoche in cui si è svolto, il suo fascino e, a ogni ciclo evolutivo, appassiona e coinvolge la totalità della razza umana, dando luogo al più affascinante gioco cosmico di tutti i tempi.
Creature care, era giunto il momento di fare l’ennesima ricapitolazione di quanto siamo andati dicendo in questi ultimi tempi e, per non annoiarvi troppo, sono ricorso all’espediente di adoperare la metafora che vi ho presentato, nella speranza che vi sia risultata divertente e meno arida di una semplice ricapitolazione di elementi.
Colgo l’occasione per fare qualche piccola considerazione. Cercare di esaminare la propria interiorità viene spesso vissuto da voi con un feroce puntiglio, in maniera faticosa e anche un po’ opprimente.
È evidente che una tale interpretazione dell’osservazione di se stessi è un derivato delle resistenze del vostro Io, dilaniato da una parte dal dimostrare a se stesso e agli altri di voler portare avanti tale compito e di essere in grado di farlo e, dall’altra, dai timori che un tale tipo di osservazione gli provoca, in quanto si rende conto che la sua immagine di se stesso potrebbe venir stravolta – se non addirittura travolta – da quello che potrebbe andare scoprendo e che, magari, per tanto tempo ha cercato di nascondere ai suoi stessi occhi.
Se posso permettermi di darvi un consiglio (in realtà so benissimo che posso permettermelo e che, qualunque possa essere la vostra risposta, ve lo darei lo stesso, ma devo pur dare al vostro Io l’impressione di avere una vera voce in capitolo!) cercate di non dimenticare che andare alla ricerca di se stessi è, prima di tutto, un modo per stare meglio e, di conseguenza, un’implicita fonte di soddisfazione e di gratificazione.
Riuscire a sorridere di se stessi e a essere autoironici è uno dei modi migliori per allentare i conflitti interiori, in quanto fornisce all’Io la sensazione di avere tutto sotto controllo e di possedere quelle qualità di arguzia e furbizia con le quali può pavoneggiarsi dimostrando di essere in grado di esercitare il potere del suo fascino all’esterno di se stesso, condizionando il loro giudizio a suo favore.
Senza dubbio arrivare a conoscere se stessi non è un’impresa semplice, tuttavia non risulta meno difficoltoso se si fa di tale ricerca un peso opprimente: il risultato che si ottiene, solitamente, è decisamente controproducente, in quanto finisce con l’irrigidire l’Io e col rendere anche le scoperte più facili ed evidenti da riconoscere degli ostacoli pesanti da superare, finendo con l’impantanarsi nei dettagli e perdendo di vista la visione d’insieme, estremamente necessaria per aumentare il proprio grado di consapevolezza.
Infine, cercate di mettere da parte la vostra “ansia da prestazione”, dal momento che non dovete dimostrare niente a nessuno: quello che state cercando di fare è, in fondo, un sovrappiù al vostro normale percorso evolutivo che, cerchiamo di non dimenticarlo, proseguirebbe comunque anche se voi non indirizzaste il vostro Io verso l’osservazione di se stesso, anche se la vostra osservazione può portare al risultato di rendere il vostro percorso più agevole.
Tale ansia da prestazione, molto spesso vi induce ad avere fretta nell’arrivare a delle conclusioni e a sentirvi frustrati se non trovate presto – se non addirittura immediatamente – delle possibili risposte alle domande che vi state ponendo su voi stessi, dimenticando che, magari, avete passato cinquant’anni a consolidare le vostre difese, rinchiudendo la vostra realtà interiore all’interno di pareti di diamante talmente compatte che non è sempre possibile frantumarle da un momento all’altro, tanto che l’unica maniera per poter incominciare a creare in esse delle brecce è quella di compiere con costanza e perseveranza piccoli passi alla volta.
D’altra parte, se nei vostri ipotetici cinquant’anni di vita il vostro Io ha lavorato con successo per non affrontare veramente se stesso e le sue problematiche, convincerlo ad abbandonare o a sgretolare le sue strenue difese non può essere certamente l’affare di un attimo!
È evidente che se non siete riusciti, nel corso della vostra vita, ad affrontare veramente e con sincerità voi stessi questo significa che non eravate davvero in grado di farlo, altrimenti lo avreste fatto. Naturalmente quanto ho appena detto può essere vissuto come una giustificazione valida al proprio non agire ma, in realtà non è così.
Se, infatti, può essere vero che non avete compreso quello che dovevate comprendere perché non eravate pronti per affrontarlo, è altrettanto vero che, comunque, avreste almeno dovuto adoperarvi per fornirvi o affinare gli strumenti interiori per poterlo affrontare, e il non averlo fatto in maniera adeguata resta comunque e sempre una vostra mancanza di accettazione delle vostre responsabilità sia verso voi stessi, sia verso i rapporti che intrecciate con l’esterno a voi.
Chiudendo con una nota positiva, vi esorto a far sorreggere il vostro lavoro non dalla speranza bensì dalla certezza che, comunque – e anche se non nei tempi che voi auspichereste – le crepe nelle vostre pareti di diamante incominceranno a formarsi e a diramarsi, sbriciolando le barriere che avete eretto al vostro interno fino a permettervi di vedere completamente e in maniera sinceramente obiettiva la vostra Realtà. Scifo
Ciclo sul senso di colpa