Il fatto di aver voluto collegare il concetto di potere con quello di volontà ha reso necessario dover chiarire meglio quest’ultima, magari cercando di osservarla ancora una volta, come abbiamo fatto in precedenza per altri termini – con riferimento agli ultimi argomenti trattati e, in particolare, a quanto abbiamo detto a proposito sia degli Archetipi Permanenti che di quelli Transitori.
Procedendo in quest’ottica, sarà molto probabile che arriveremo anche a trovare le risposte alle molte domande in merito che vi avevamo sottoposto di recente e che concernevano proprio il concetto di volontà.
Risulta difficile parlare di volontà e non fare riferimento al detto “Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli” di un Vittorio Alfieri che si faceva legare alla sedia per non venire distratto dai suoi intenti, quasi sempre portato ad esempio di una grande forza di volontà. Ma siamo davvero sicuri (anche supponendo che l’aneddoto sia veritiero) che sia proprio così? (Nei passaggi successivi Scifo ironizza sull’Alfieri e sostiene che, se si faceva legare, una gran forza di volontà non l’aveva. Ndr)
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È evidente, in questo caso, che ci troviamo di fronte a una volontà completamente appannaggio dell’Io il quale non fidandosi di se stesso e rendendosi conto che correva il rischio di non riuscire a trovare la forza di mediare tra il suo desiderio di diventare famoso e di imporsi come importante autore e pensatore e gli altri desideri, più materiali, che lo attiravano verso soddisfazioni meno auliche e più immediatamente soddisfacenti – ha pensato bene di ricorrere all’autocostrizione per raggiungere l’obiettivo che, in fondo, riteneva per lui primario in quanto, una volta raggiunto, avrebbe grandemente dato risalto, importanza e gratificazione a se stesso.
Senza dubbio, quindi, ci troviamo dinnanzi a un esercizio di volontà, volontà, tuttavia, chiaramente delimitata ed esercitata dall’Io all’interno di se stesso.
Come certamente alcuni di voi avranno pensato che è possibile distinguere almeno due tipi di volontà: quella messa in atto – come nell’esempio appena fatto – dall’Io e quella riferibile invece alla parte più elevata dell’individuo e che tende ad andare al di là di quelli che sono i desideri tipici dell’Io dell’individuo.
Si tratta di due concezioni che si differenziano non tanto nella loro estrinsecazione all’interno del mondo della materia quanto nel fare riferimento a sorgenti ben diverse tra loro anche se accomunate dal processo evolutivo che le contempla entrambe e all’interno del quale, in fondo, posseggono la stessa importanza e una comune necessità di esistenza.
Vediamo, adesso, di trovare l’aggancio con quanto avevamo detto nei tempi passati a proposito sia degli Archetipi Transitori sia degli Archetipi Permanenti.
Sappiamo che gli Archetipi Transitori si formano allo scopo di permettere all’individuo incarnato (e con i processi dell’Io, di conseguenza, fortemente in atto) di sperimentare in tutte le sue gradazioni e sfumature un qualche particolare attributo esistente nel complesso vibratorio che appartiene agli Archetipi Permanenti.
E sappiamo anche che viene messo in essere un processo temporaneo che ha lo scopo di far evolvere verso una maggiore comprensione un particolare frammento della coscienza dell’individuo.
Certo, questa è la teoria di base, e sono certo che ormai, a furia di sentirvela ripetere condita in tutte le salse, l’avrete fatta vostra. Ma, al di là della teoria di base, avete davvero ragionato su che cosa significhi, in realtà, tutto questo e su quali siano gli addentellati che la costellano, integrandola e completandone la strutturazione?
Il percorso che viene attuato all’interno dell’Archetipo Transitorio scandisce il graduale passaggio da un sentire inferiore a un sentire superiore: in parole spicciole, nel corso della sperimentazione compiuta lungo il percorso dell’Archetipo Transitorio, l’individuo passa da una concezione dell’aspetto in via di sperimentazione totalmente egoistica a una concezione che, invece, non è più sottoposta all’influenza dell’Io, ma solo a quella del sentire raggiunto.
In fondo, se ci pensate bene, non stiamo parlando d’altro che di un processo di decodifica: il simbolo vibratorio appartenente alla Vibrazione Prima ha subito, nel suo tragitto all’interno dell’individuo, le varie decodifiche che lo stato della sua evoluzione gli ha permesso di attuare, col risultato che il simbolo arriva a venire manifestato nell’azione sul piano fisico in maniera difforme rispetto alla corrispondente vibrazione (fissa e immodificabile) appartenente alla Vibrazione Prima.
Possiamo, di conseguenza, immaginare il percorso compiuto nella sperimentazione dell’Archetipo Transitorio come un continuo adeguamento, un incessante aggiornamento di tale decodifica del simbolo, avvicinandolo sempre più a uniformare la sua corrispondenza con il simbolo-guida presente nella Vibrazione Prima. Il risultato finale, raggiunto al termine della sperimentazione dell’Archetipo Transitorio risulta allora, evidentemente, essere la perfetta coerenza tra la vibrazione simbolica presente nella Vibrazione Prima e la vibrazione corrispondente che viene inscritta nel corpo della coscienza dell’individuo.
A quel punto l’individuo non ha più la necessità di sperimentare quel particolare Archetipo Transitorio e la sua coscienza, avendo trovato la totale identificazione tra il simbolo che ha trascritto nella sua coscienza e quello presente nella Vibrazione Prima si staccherà da quel particolare Archetipo Transitorio.
Come potete rilevare da quanto ho appena detto l’Archetipo Transitorio può venire considerato il punto di passaggio necessario per creare l’unione armonica tra il sentire dell’individuo e la Vibrazione Prima e, di conseguenza, avvicinarlo sempre di più alla sua identificazione con l’Assoluto.
Quello che è importante tenere presente – come sempre, del resto: l’unità dell’emanato è un concetto cardine e imprescindibile per garantire al suo interno lo svilupparsi costante del processo evolutivo – è che l’Archetipo Transitorio non è a sé stante e svincolato dall’Archetipo Permanente e che la sua presenza è necessaria per garantire il passaggio della coscienza dell’individuo a un grado di evoluzione superiore, proprio grazie alla sempre più esatta decodifica di qualche simbolo nell’interiorità dell’individuo che finisce con il portarlo a combaciare perfettamente con il simbolo originariamente trasmesso dalla Vibrazione Prima. (Continua)