[…] Noi, dal canto nostro, vogliamo adesso prospettarvi un punto di osservazione del tutto diverso e svincolato dall’analisi soggettiva dell’individuo, proponendovi di collegare il concetto di etica a quanto abbiamo fin qui detto a proposito degli Archetipi Permanenti.
Sappiamo che gli Archetipi Permanenti possono venire considerati come attributi dell’Assoluto, all’interno dei quali sono state poste tutte le indicazioni per l’evoluzione del Cosmo e, di conseguenza, anche di tutte le creature che lo popolano.
Essi hanno in sé l’indirizzo delle mete finali da raggiungere attraverso i vari processi evolutivi e, in particolare, quello dell’evoluzione della coscienza, stabilendo i percorsi e i modi giusti di percorrenza dell’evoluzione della coscienza per riscoprire e ripristinare i collegamenti, ancora esistenti ma non adeguatamente percepiti, con la Coscienza Assoluta.
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Ecco, così, che possiamo arrivare ad affermare che le giuste norme etiche possono venire individuate all’interno del percorso suggerito in ogni Archetipo Permanente, e la coscienza, nel suo cammino evolutivo, compie continue adeguamenti interiori tendendo, grazie all’esperienza che via via accumula, ad avvicinarsi sempre di più alla meta evolutiva finale suggerita da ogni Archetipo Permanente.
Ovviamente sono proprio queste mete evolutive finali ad avere il crisma della vera etica, in quanto appartengono come dotazione evolutiva all’universalità delle creature e, allorché vengono acquisite, sono prive di variabilità e di influenze derivanti dalla soggettività, in quanto sono parte dell’Assoluto e, come tali, assolute anch’esse.
Da questo ragionamento deriva la constatazione che le norme etiche dettate dagli Archetipi Permanenti sono, per la stessa natura propria di tali archetipi, fisse e immutabili e che ciò che cambia nel loro rapportarsi con le coscienze in evoluzione è non la loro natura, ma soltanto la percezione che la coscienza ha di esse in conseguenza diretta del grado di sentire che essa ha raggiunto in quel particolare momento del suo percorso evolutivo.
La stessa operazione che abbiamo compiuto collegando il concetto di etica a quello di Archetipo Permanente possiamo effettuarla anche tra il concetto di morale e quello di Archetipo Transitorio.
Sappiamo che gli Archetipi Transitori nascono dal bisogno di comprensione delle individualità incarnate di particolari aspetti comuni derivanti dai dettami degli Archetipi Permanenti, fornendo dei percorsi di sperimentazione temporanei nelle vite degli individui incarnati all’interno delle storie personali che ognuno di essi vive all’interno del piano fisico.
E sappiamo, inoltre, che essi esercitano la loro influenza non soltanto sul singolo individuo ma anche su tutti gli altri individui che sono collegati, in forza dei loro bisogni di comprensione, a uno stesso Archetipo Transitorio, finendo col diventare estremamente importanti nello sviluppo sociale dei gruppi in questione sia dal punto di vista pratico (dal momento che determinano lo sviluppo in senso storico e sociale della razza all’interno di un pianeta) che da quello interiore, poiché regolano la relazione tra gli individui e i gruppi e, di conseguenza, stabiliscono delle regole di condotta e delle modalità di rapporto che, seppure non fisse e immutabili, tuttavia hanno una loro esistenza che si protrae più o meno a lungo nel tempo e che inducono determinati orientamenti e sviluppi sociali all’interno del piano fisico.
Possiamo, di conseguenza, affermare che la concezione di morale è strettamente collegata alla vita pratica degli individui incarnati e che essa è costituita dall’insieme di norme temporanee che vengono delimitate dalla comprensione raggiunta dai singoli individui che sono collegati a un particolare Archetipo Transitorio e a quel particolare aspetto dell’etica che esso aiuta a sperimentare.
La morale così intesa, evidentemente, non può essere che una morale temporanea, destinata a modificarsi e a cambiare in conseguenza dell’ampliamento di coscienza degli individui e della comprensione che essi raggiungono a mano a mano che portano a termine la sperimentazione di un determinato Archetipo Transitorio.
Con queste spiegazioni possiamo, adesso, darvi ragione del nostro aver usato così spesso, negli anni passati, il simbolo “insegnamento etico-morale”. Tale simbolo, apparentemente semplice da interpretare, racchiude, invece, una complessa interazione di elementi, di tematiche e di percorsi.
Per prima cosa esso indica che l’etica e la morale sono strettamente in collegamento tra di loro e che mentre il primo termine definisce e fissa le mete evolutive da raggiungere, invariabili e permanenti, il secondo riguarda i percorsi da compiere individualmente dalle varie coscienze all’interno delle varie incarnazioni sul piano fisico, per avvicinarsi sempre più a esse fino ad arrivare a iscriverle definitivamente all’interno del sentire individuale.
Inoltre segnala il fatto che non si tratta di due concetti separati o separabili ma che il secondo è una diretta conseguenza del primo e che, inoltre, formano un ciclo nel quale entrambi gli elementi sono necessari per permettere all’evoluzione della coscienza di strutturarsi e di ricevere la dinamicità che le serve per raggiungere sempre più ampie porzioni di sentire. Vito