L’Archetipo del potere e i somatismi comportamentali [A163-pot4]

Come abbiamo osservato in passato, il lavoro che stiamo cercando di fare è strettamente collegato all’osservazione delle reazioni dell’Io. E questo risulta ancora più evidente e importante nel momento in cui la nostra ricerca della genesi dei somatismi si viene a occupare di quelli che abbiamo definito “somatismi comportamentali”.

Ma vediamo un attimo di riesaminare le differenze concettuali tra somatismi che sfociano in sintomi prettamente fisici e somatismi, invece, di tipo comportamentale.
Nell’esaminare i primi il percorso che abbiamo tracciato nel tempo è, in fondo, abbastanza chiaro: data l’espressione sotto forma di sintomo di un’incomprensione, utilizzando alcuni concetti teorici di base e delle tecniche facilmente applicabili, risulta relativamente agevole trovare i collegamenti tra la manifestazione del sintomo e gli elementi che influiscono su di essa.

Per esempio, è abbastanza immediato individuare il posizionamento del nucleo del somatismo sul corpo che più ne influenza la manifestazione, e l’applicazione dell’analisi dei sogni o dell’applicazione della tecnica delle parole associate può arrivare a fornire elementi convergenti lungo gli stessi percorsi e, di conseguenza, tracciare un percorso lungo il quale avviarsi per risalire dal somatismo all’incomprensione che ne provoca il manifestarsi.

Successivamente, com’è ovvio, tutti questi elementi vanno messi in rapporto tra di loro ed è poi compito della persona che ha il somatismo elaborare (se vuole farlo) i possibili percorsi indicati, cercando di arrivare a individuare il settore in cui situarli esaminando anche gli archetipi transitori che tracciano la sperimentazione di una determinata incomprensione all’interno della vita fisica di ogni individuo.

Senza dubbio non è un percorso semplicissimo da farsi, tuttavia è comunque un’osservazione di se stessi che, quanto meno, avvicina alla conoscenza e alla consapevolezza di quei punti dolenti nell’interiorità dell’individuo che gli segnalano, come cartelli indicatori lampeggianti, quali siano gli aspetti sui quali il corpo della coscienza possiede una comprensione ancora incompleta.

Come avevamo già accennato in passato, il lavoro diventa molto più ostico allorché si cerca di analizzare i somatismi comportamentali e di rintracciare gli elementi che possono portare a una loro maggiore conoscenza e comprensione.

La reazione comportamentale, infatti, è molto più complessa della reazione che sfocia in un somatismo di tipo fisico: viene a mancare la fissità fornita dalla presenza dell’elemento fisico, aspetto concreto, innegabile e ben visibile, rispetto al quale esiste la notevole spinta interna dell’Io dell’individuo incarnato a cercare di superare la sofferenza o il disagio che la manifestazione fisica del somatismo può comportare.

Il somatismo comportamentale, invece, non ha un sintomo concreto come sua manifestazione all’interno della vita dell’individuo, ma il suo manifestarsi si traduce in un comportamento, ovvero in una reazione all’esterno in cui vengono messe in atto contemporaneamente più che reazioni fisiche e fisiologiche (che, tuttavia, possono essere presenti, anche se, solitamente, principalmente come reazioni secondarie e accessorie quali la sudorazione, il pallore o il rossore, l’agitazione nervosa e via dicendo) reazioni emotive e intellettive, mescolate tra di loro spesso così inestricabilmente che può risultare difficoltoso riuscire a comprendere quale di esse sia la parte preminente, l’innesco della reazione comportamentale sul piano fisico.

In questa situazione diventa poco utile cercare di seguire il percorso che fino a questo punto avevamo tracciato per il somatismo con sintomo fisico: anche quello che era sembrato piuttosto facile da farsi, cioè individuare il posizionamento in uno dei corpi dell’individuo del nucleo principale del somatismo diventa decisamente difficile da praticarsi con certezza, dal momento che è problematico trovare il giusto punto di partenza sul quale ragionare, proprio in conseguenza del fatto che, come dicevamo prima, l’elemento fisico è relativamente trascurabile e la commistione tra emozione e pensiero è talmente intricata che, a seconda del punto di vista di chi cerca di rintracciare il nucleo del somatismo comportamentale, può apparire che esso sia alternativamente sul corpo astrale o su quello mentale.

In realtà il problema risiede proprio in questa contemporaneità di sollecitazioni di emozioni e pensieri, la quale finisce per creare una sorta di circolo tra i due corpi interessati che ha la conseguenza di costituire un piccolo ciclo interiore, un nucleo che interessa entrambi i corpi e nel quale le vibrazioni passanti da un corpo all’altro finiscono sia per alimentare che per venire alimentate dalle reazioni che avvengono all’interno dei singoli corpi come un serpente che si morde la coda, e all’interno del quale è difficile individuare con sicurezza in quale corpo si sia avviato il processo in corso.

Il nodo vibrazionale complesso che si è andato così formando risulta di difficile scioglimento, ed è per indicarvi una strada alternativa e, probabilmente, più fruttuosa, che siamo arrivati, questa volta, a parlarvi di Adler e delle sue teorie.

La considerazione che egli esamina nel presente le reazioni dell’Io e che il somatismo comportamentale si manifesta appunto nel presente, come reazione dell’Io, suggerisce che vi possa essere un’ottica da poter usare nell’osservazione del somatismo comportamentale, ottica che, comunque, fa riferimento preciso a un altro elemento importante che abbiamo a disposizione per compiere la nostra osservazione dell’individuo all’interno della sua esperienza di vita, ovvero il suo rapporto con gli archetipi transitori a cui fa riferimento per necessità evolutive.

Ovviamente voi potreste obiettare che, però, gli archetipi transitori di riferimento dell’incarnato sono molteplici e, di conseguenza, non sembra che l’osservazione possa essere facilitata ma, se mai, ancora più complicata. La questione va, allora, posta in un altra prospettiva, cercando una risposta alla domanda se è possibile trovare un archetipo transitorio che sia valido e comune pressoché per tutti gli uomini e che possa avere, contemporaneamente, collegamenti diretti con tutti gli altri archetipi transitori che influiscono sulla vita dell’individuo.

Ovviamente la risposta è affermativa e quest’archetipo transitorio riguarda lo stesso aspetto che ha cercato di indagare Adler nelle sue teorie, ovvero l’Archetipo del Potere.

Esso possiede tutte le caratteristiche che stavamo cercando: influisce sulla vita di ogni individuo incarnato (tanto che è possibile affermare che tutto quello che l’uomo vive è osservabile nell’ottica del potere che egli subisce o attua sulla realtà in cui si trova immerso – cosa che mette in atto, spesso inconsapevolmente, sotto l’influenza delle illusioni che gli vengono suggerite dall’Io) e, inoltre, a esso è possibile collegare qualsiasi comportamento dell’individuo, qualsiasi sua reazione e, di conseguenza, qualsiasi altra influenza proveniente da altri archetipi transitori.

La volontà di potenza dell’Io, come aveva suggerito Adler, può, dunque, essere il trampolino di lancio per esaminare meglio se stessi e le proprie reazioni (compresi i somatismi comportamentali che, infatti, sono reazioni dell’Io alle esperienze di vita).

Il cammino, a questo punto incomincia forse a prendere una piega più comprensibile e si può incominciare a scorgere se non l’intero percorso per arrivare a identificare l’incomprensione akasica che sta all’origine del somatismo comportamentale, quanto meno a trovare un punto abbastanza stabile di partenza su cui costruire l’osservazione di se stessi. Ad esempio cominciando a porsi alcune semplici (o, almeno apparentemente, tali) domande quali:

  • in che occasioni esercito il potere?
  • in che maniera lo faccio?
  • fino a che punto sono consapevole della mia responsabilità in questo esercizio di potere con cui mi vengo a relazionare?

E, domanda forse più importante di tutte:

  • quanto accetto davvero di avere delle responsabilità in tali rapporti di potere e non insisto, invece, a cercare di attribuire la responsabilità delle mie azioni, reazioni e comportamenti all’infuori di me?

Vi sembrerà un piccolo inizio, creature, ma vedremo se avrà degli sviluppi e se porterà a qualche frutto. Scifo

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