La rabbia legata alla non comprensione 4 [A28]

È evidente che il senso di colpa, nel contesto della rabbia, scaturisce nel momento in cui l’individuo fa qualche cosa per ottenere altro, e questo comportamento si scontra con quelli che sono gli archetipi a volte permanenti, a volte transitori – e la comprensione dell’individuo stesso.

Tanto è vero che, se ci pensate – ritornando al nostro neonato – pensate forse che questo, nel momento in cui esprime la rabbia, con tutte quelle movenze, tutte quelle particolarità di cui abbiamo parlato prima, faccia nascere in lui dei sensi di colpa?
Penso proprio di no, e questo perché? Perché non s’è ancora uniformato e quindi non può nascere il senso di colpa.

[…] Per aver una parziale risposta a quello che tu chiedevi, io direi di ricordarci che cos’è la rabbia: è un picco. Cosa significa che è un picco? Significa che investe con un picco vibrazionale molto forte tutta la parte incarnata dell’individuo. Ora questo cosa significa ancora?

Significa che questa forte vibrazione attraversa tutti e tre i corpi inferiori dell’individuo e, attraversandoli con una certa forza, una certa potenza, è come se quello che incontra fossero dei birilli che vengono buttati da una parte perché questo picco di vibrazione ha bisogno di esprimersi. Ecco che questi birilli che vengono di volta in volta abbattuti sono le varie barriere che vengono poste dalla coscienza, o dall’Io, o dalle vibrazioni degli archetipi, e che vengono soppresse temporaneamente dalla violenza del picco.

D – Ma questo picco può arrivare al punto da andare a smuovere, diciamo, questa «parte oscura» dell’individuo?

Sì, certamente. Più che andare a smuovere, può arrivare al punto di lasciare che trapeli in qualche maniera, però ricordati che il picco un po’ alla volta svanisce e, quindi, tutti i birilli ritornano a posto e la parte oscura ritorna nella posizione che le compete.

D – Ecco, ma questa parte oscura c’è sempre e comunque, indipendentemente dall’evoluzione dell’individuo? Cioè, può essere sollecitata anche una persona che è all’ultima incarnazione?

Teoricamente sì. Ricordate che nella catena genetica – come avevamo detto in passato – ci sono tutti i geni, tutte le possibilità; e quindi l’individuo, in realtà, ha tutte le possibilità, sia di essere buono che di essere cattivo, di essere dolce come di essere duro.

D – Scusa un attimo, tornando al discorso del farmaco, ma è possibile che un farmaco possa portare in superficie questa parte, attenuando il controllo della coscienza?

Direi di no o, quanto meno, può forse aiutare al venire a galla di determinate pulsioni, ma non riesce a mantenerle stabili; e quindi può esserci un affacciamento temporaneo di queste pulsioni, che però presto ritorna indietro.

D – Scusa, potrebbe essere una giustificazione il fatto di avere – proprio per ragioni farmacologiche – un’attenuazione dello stato fisico, dell’energia fisica e, quindi, il picco delle energie passa in modo più violento?

Sì, questo sì, questo può essere.

D – La nonna, che sembra non interagire più, si arrabbia? Come manifesta la sua rabbia sul piano fisico?

Tormentando la camicia da notte, o il vestito, o le mani, o la coperta della poltrona. Quindi diventa un’espressione della rabbia semplicemente a livello tattile, non come reazione delle altre componenti, come può essere il corpo astrale o il corpo mentale, che sono in grande parte ormai già scollegati da quello che è l’insieme della persona.

D – Tipo mangiarsi le unghie? Una persona che esprime la sua rabbia mangiandosi le unghie.

Ah, anche quello è un sintomo di rabbia e rientra nell’autolesionismo, così caro alla nostra amica L.!

D – Ma anche il nervosismo è dovuto alla rabbia?

Può essere dovuto anche alla rabbia, sì: può essere una conseguenza; poi, chiaramente, ognuno di voi – come dicevo prima – la rabbia la esprime a seconda delle proprie necessità, delle proprie comprensioni o incomprensioni; quindi chi lo esprime diventando freddo, chi lo esprime diventando nervoso.

D – Ma la rabbia è per forza un’emozione negativa? Non ci può essere, non so, la rabbia verso un problema, in merito alla forza di affrontarlo, una rabbia buona, diciamo?

Diciamo che ci può essere la rabbia meno arrabbiata (non saprei come definirla!); la rabbia, per esempio, che prova l’individuo verso qualche ingiustizia che vede, di fronte alla quale si trova impotente a reagire, a fare qualche cosa per modificarla. Questo è un tipo di rabbia, diciamo, «più evoluto», però è sempre e comunque un picco che si manifesta perché l’individuo non ha compreso qualche cosa, perché altrimenti questa rabbia non uscirebbe.

[…] Però se tu vedi un’ingiustizia nel mondo, supponiamo le migliaia, i milioni di bambini che muoiono in Africa e, se ci pensi, hai una certa coscienza, ti viene un momento di rabbia perché pensi: «Queste multinazionali, queste case farmaceutiche, queste grandi nazioni sanno quello che sta succedendo, potrebbero fare qualcosa e non fanno niente»; è una cosa giusta e, sotto un certo punto di vista, anche apprezzabile che possa venire questa rabbia.

Ciò non toglie che se si manifesta, si presenta come rabbia, questo significa che c’è qualche cosa che tu devi ancora capire, perché altrimenti non ti arrabbieresti; ti renderesti conto che quello che capita, capita prima di tutto perché è scritto e giusto che deva succedere, secondariamente perché queste persone, questi bambini, purtroppo devono vivere del tutto l’esperienza.
Inoltre, molte altre persone sono sollecitate da questo stesso pensiero per arrivare a modificare un pochino il loro comportamento e, tutti assieme, un po’ alla volta cambieranno la loro evoluzione.

Quindi tutto ha un perché, tutto rientra nella logica e la rabbia non è una cosa alla fin fine poi tanto giusta neanche in questi confronti; è molto più giusto allora fare una piccola cosa per cambiare una piccola situazione, magari partendo da vicino, senza guardare i bambini dell’Africa.

D – Però, scusami, è l’emozione che è positiva o negativa, o è «l’uso» che ne facciamo poi noi?

È l’uso che ne facciamo.

D – Perché l’emozione è quello che è; punto. Poi siamo noi che ci facciamo travolgere o meno.

Certamente, certamente. Scifo

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Catia Belacchi

Chiaro.

Natascia

Letto

Leonardo

Grazie

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