La rabbia 2: “Affronta la situazione che ti provoca la rabbia” [A26]

[…] Se la rabbia viene espressa, certamente ti può provocare tremore, sudorazione, o salivazione, o reazioni di questo tipo; però, con lo scemare del picco della rabbia, scemano anche i sintomi psicosomatici che l’accompagnano.

Ma nel momento in cui la rabbia non viene espressa provoca una condizione di alterazione vibrazionale interna per cui certe urgenze, certi comportamenti fisiologici interiori dell’individuo, vengono accelerati e restano accelerati, per cui alla fine possono diventare patologici.

Prendete questo individuo qua: questo individuo ha passato gran parte della sua vita a cosa fare? A cercare di non manifestare quali erano i suoi momenti di difficoltà per paura di apparire debole, per cercare sempre di portare avanti la sua idea dell’essere forti per poter aiutare gli altri. Questo, cosa ha portato un po’ alla volta? A una specie di cronicizzazione di quella che è poi diventata la sua ipertensione, sfociata in sintomo cardiaco. Questo non sarebbe accaduto se questa persona qua avesse lasciato uscire la sua rabbia tutte le volte che tendeva a manifestarsi.

[…] D – Qual è questa modalità più soft per esprimere la rabbia senza fare tanto male a e agli altri?

Il modo migliore sarebbe quello di affrontare la rabbia, di affrontarla magari con la situazione che la provoca: affrontare la situazione invece di fuggirla e di continuare a nascondersi, cercare di essere chiari e sinceri nel rapportarsi con la situazione che suscita quell’emozione; di non finire, alla fine, per aggiungere alla rabbia anche i sensi di colpa per tutti i danni che si sono provocati per non averla saputo governare in maniera giusta.
Quindi ritorniamo un po’ al «se vuoi cambiare la tua vita cambiala»: se vuoi cambiare la tua rabbia affrontala!

D – Ma dopo il picco della rabbia, non ti viene in mente di capire perché ti fa rabbia?

[…] Bisogna – come dicevo prima – affrontare la propria rabbia. E come si affronta la propria rabbia? Affrontando la situazione che provoca la rabbia! Fatelo, non c’è nessun altro modo! Non è che ci sia chissà quale tecnica particolare o difficile da fare! Quando c’è qualcosa che non va, bisogna affrontarla, invece di nascondere la testa sotto terra! Vi sembra così difficile da fare?
È qui, forse, che dovete cambiare mentalità; perché, altrimenti, continuerete fino alla prossima vita a portarvi avanti questo tipo di comportamento, pur sapendo che è sbagliato!

D – «Affronta la rabbia» mi immagino, dal punto di vista pratico, significhi andare a indagare che cosa muove la mia rabbia…

Significa «affronta la situazione che ti provoca la rabbia». Non è un ridurre la rabbia soltanto a un rapporto tra la rabbia e te, ma pensare che la rabbia è un rapporto tra te e quello che l’ha suscitata, o quelli, o la situazione che l’ha suscitata; allora la puoi risolvere nel modo più facile osservando il tuo rapporto con te e la situazione o le persone che hanno suscitato la tua rabbia, e questo lo puoi fare se ti rapporti direttamente con la fonte esterna della tua rabbia.

[…] Cerco di essere più chiaro per chi non avesse capito: quello che vi capita e che vi suscita la reazione rabbiosa è inutile che lo andiate ad affrontare dopo che è diventata tutta una serie di rancori, di altre situazioni, di dissapori, di rivalse col protrarsi nel tempo degli stessi episodi di rabbia. Diventa difficile, a quel punto, uscire da quella situazione; diventa una specie di circolo, di fantasma vibratorio in cui continuate a rivoltolarvi senza uscirne più! Questo non accade se, invece, fin dalla prima volta che la rabbia si manifesta, la rabbia e la situazione che la provoca viene affrontata direttamente.

[…] C’è modo e modo di esprimere un’emozione, di lasciare che si manifesti sul piano fisico. Ripeto: voi continuate ad associare «necessariamente» l’aggressività alla rabbia e non è detto che sia così. Secondariamente, quando io parlo di affrontare la situazione non dico che dovete partire lancia in resta per cercare di prevalere sull’altro, ma dico che dovete cercare di rendervi conto di quali possono essere i vostri motivi ma anche i motivi degli altri.

[…] E le volte che non è possibile vuol dire che avete compreso che non era il caso al momento di esprimerle; e questo già provoca un mutamento del picco della rabbia, perché si riconosce che non è possibile dialogare o esprimere con l’altro la propria rabbia.
Voi dimenticate che la rabbia non è dell’altro ma è vostra, e rientra proprio nella seconda fase, di cercare di capire cos’è che sta al vostro interno e muove la vostra rabbia. E se non capite qual è il vostro motivo, la rabbia sull’altro si scatenerà sempre, comunque.

D – È quando l’altro rifiuta il confronto che sorge la rabbia
La reazione dell’Io dice: «Come? Io mi sto mettendo a tua disposizione per poter dialogare e tu…
D – Si potrebbe stare meglio se…
«Io mi sono messa a disposizione per trovare un dialogo con te, tu stai rifiutando questo dialogo e questo mi fai arrabbiare».
D – Esatto!
E perché ti fa arrabbiare?
D – Perché mi fa prima star male…
Perché ti fa star male?
D – Perché mi piacerebbe riuscire a dialogare; soprattutto con le persone con cui uno, comunque, in qualche modo…
No, ti fa star male perché ti senti sminuita, senti che non ti è stata data importanza.
E da qui nasce la rabbia.

D – Scusa, e come ci si difende dalla rabbia dell’altro?

Non si può generalizzare, dipende da caso a caso. Ci sono i casi in cui c’è un certo rapporto con l’altra persona e puoi rispondere alla sua rabbia con la tua rabbia, per esempio. In questo modo poi starete tutte due meglio, e potrete poi rimettervi in contatto, cioè senza aver bisogno di ricorrere di nuovo alla rabbia per cercare di attirare l’uno l’attenzione dell’altro, per esempio.

Poi si può rispondere facendo finta di niente, lasciando che l’altro esprima la sua rabbia, nella speranza che il suo picco emozionale un po’ alla volta si trasformi e diventi poi possibile avere un punto di contatto. Certamente non si ottengono buoni risultati se ci si gira dicendo: «Ma, tanto, a me non me ne frega niente!» o «Sì sì, arrabbiati pure, è un problema tuo.»

D – Ma il nostro Io rimane ferito dalla rabbia dell’altro.

Certo, perché l’Io sente che non gli è stata data abbastanza importanza; e voi sapete che l’Io è la cosa più importante di tutto il mondo, per se stesso. Anzi, la sua rabbia è più rabbia di quella degli altri!
Il problema è che l’Io non vuole riconoscere di avere questi problemi, questi difetti, e tende a spostare l’accento della nascita della sua rabbia sull’altra persona o sulla situazione che l’ha fatto nascere.

La soluzione definitiva è che sparisca l’lo – quando si arriva al momento dell’abbandono della ruota delle nascite e delle morti – ciò non toglie che è necessario e indispensabile – e d’altra parte sarà così, perché non può che essere così – che, con l’avanzare della comprensione, l’Io diventi sempre meno forte; e, quindi, la rabbia e tutte le dinamiche interiori, e le espressioni delle emozioni diventino sempre più governabili, sempre più questioni di un momento e più facilmente risolvibili col passare del tempo.

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Catia Belacchi

Chiaro

Leonardo

Grazie

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