Fare da specchio all’altro

D – E’ stato detto spesso dalle Guide il “fare da specchio”. Vorrei, per cortesia, che ci dessi qualche delucidazione. Che cosa significa fare da specchio agli altri? Grazie.

Voi avete una vita di relazione con le altre persone che vi sono attorno; questo sta a significare che avete uno scambio, quello che vivete serve a voi ma serve anche alle altre persone, non siete mai chiusi soltanto in voi stessi.

Certamente voi date qualcosa all’altro, e certamente l’altro dà anche qualcosa a voi, però voi dell’altro non riuscite a cogliere la realtà, la sua verità; voi vedete “quello che volete vedere” nell’altro, tanto è vero che – se ci pensate un attimo – quante volte incontrate una coppia d’innamorati e, con fare a volte un po’ cattivello, a volte un po’ meravigliato, dite: “Ma come fa quella persona a essersi innamorata di quell’altro così brutto?!”.
Tante volte la dite, questa cosa, magari perché siete anche un po’ invidiosi, probabilmente.

Ora, come può accadere davvero una cosa del genere? E vi è anche attrazione fisica tra due persone! E, se vi è questa attrazione fisica, come è possibile che delle persone fisicamente accettabili possano innamorarsi di una persona molto brutta fisicamente? Ve lo siete mai chiesti?

D – Vedono oltre.
D – Sarà bella interiormente, probabilmente.

Qualche volta potrebbe anche essere così, ma altre volte – la maggior parte – invece è che in realtà una delle persone proietta quello che vuol vedere e vede quello che vuol vedere; proietta quindi sull’altra persona i propri bisogni e i propri desideri; ed ecco che l’altra persona, quindi, diventa uno specchio di quello che egli è.

Questo lo fate in continuazione nei vostri rapporti con gli altri; osservate i vostri rapporti coi figli, ad esempio: voi pensate davvero che i figli siano come voi li vedete?
No, miei cari, toglietevi quest’illusione! Se davvero riusciste a vedere i vostri figli come sono, non li riconoscereste come vostri figli, assolutamente!

Voi vedete in loro “quello che scegliete di vedere”,
quello che più vi ricorda qualcosa di voi stessi.

In questo senso “gli altri vi fanno da specchio”, perché se voi non riuscite a osservare voi stessi e a comprendervi e vi volgete all’esterno, avrete, comunque sia, il modo per arrivare al “conosci te stesso” di famosa memoria perché, anche se non guardate voi stessi direttamente, osservando gli altri e cercando di capire gli altri – quelli che vi stanno accanto – finite alla fin fine per pensare a voi stessi (*); perché ciò che vedete in quell’altro, che voi criticate e osservate, è qualche cosa che vi ha colpito perché risuona in voi, è qualcosa che riconoscete in voi e quindi è una proiezione vostra.

Molte volte, in persone che vi stanno accanto voi riconoscete soltanto certi difetti e non altri; sembrate ciechi a certi difetti anche grossolani che quella persona possiede, eppure voi proprio non li vedete, non è che facciate in modo da non vederli: voi proprio non li vedete perché vi sono altri aspetti che vi colpiscono di più perché vi ricordano qualcosa di voi stessi, e attirano la vostra attenzione per cui quegli altri aspetti non li osservate neppure.

D – Un esempio pratico – scusami – potrebbe essere che se io non apprezzo come è mia figlia, in effetti io dovrei osservare la mia rabbia, la mia non accettazione?

Dovresti osservarla perché il non accettare com’è tua figlia probabilmente è perché tu riconosci in tua figlia qualche cosa che non accetti in te stessa.

D – Qualcuno ha interpretato il “fare da specchio” andare da uno e dirgli: “Guarda che tu sbagli tutto, non capisci niente”. Mi sembra uno specchio parlante un po’ strano e ti chiedo conferma se per caso non è un’interpretazione valida.

Più che altro mi sembra presunzione, questa. Diciamo che può essere anche un’interpretazione valida, però questo è possibile che venga fatto soltanto da persone con una grandissima evoluzione, tale cioè da poter prendersi a esempio e quindi indicare all’altro quello che l’altro non vuol vedere; però l’Io deve essere quasi del tutto abbandonato per riuscire a farlo, altrimenti succede che lo specchio riflette soltanto quello che vuol riflettere e siamo punto daccapo.

D – Georgei, scusa, per finire questo discorso: tu vuoi dire che ognuno di noi può risalire – vedendo quello che proietta sugli altri – a delle cose di se stesso?

Ma certamente.

D – Ma ci vuole già una bella abilità!

Basta, mia cara, che tu guardi le persone di cui ti sei innamorata nella tua vita e che cerchi di capire come mai ti sei innamorata proprio di quelle persone; che poi magari, ripensandoci dopo, del tempo, dici: “Ma guarda che stupida sono stata! Non ne valeva proprio la pena”, però c’erano degli aspetti che ti colpivano.

Tu pensa che quegli aspetti non erano i veri aspetti di quella persona, che magari aveva anche quelle sfumature, però tu vedevi “quegli” aspetti, erano “quegli” aspetti che ti interessavano; e allora, dal renderti conto che erano quegli aspetti che ti interessavano, puoi risalire al perché ti interessavano e cos’è che andavi cercando, e che magari vai cercando ancora senza trovarlo.

D – Scusa un attimo, ma quando questi aspetti invece ci appaiono soltanto contrastanti, e ci attirano per questo motivo, allora cosa vuol dire?

Ma è lo stesso identico discorso. Tu intendi dire quando ti attira una persona che è così diversa da te?

D – Esatto. Che pare che ti completi in quanto tu non hai quel qualche cosa che invece trovi in quella persona.

Ti sei risposta da sola, mia cara! E’ proprio perché tu, evidentemente, desideri essere diversa e più completa e vedi nell’altro un aspetto che tu vorresti fosse tuo e allora sei attratta da questo aspetto. Georgei

*Tesi discutibile: se proietto me stesso sull’altro e non ne sono consapevole, in che modo questo mi aiuterà a conoscermi? Mi aiuterebbe se fossi consapevole del mio proiettare, ma non essendolo vedo soltanto i “difetti” dell’altro e non riesco a ricondurli a me. Ndr.


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salaris

a ndr che dice: Tesi discutibile: se proietto me stesso sull’altro e non ne sono consapevole, in che modo questo mi aiuterà a conoscermi? Mi aiuterebbe se fossi consapevole del mio proiettare, ma non essendolo vedo soltanto i “difetti” dell’altro e non riesco a ricondurli a me.

Secondo me il tuo ragionamento sarebbe condivisibile se la comprensione fosse collegata solo a quello di cui l’individuo incarnato è consapevole. Fortunatamente non è così: il corpo akasico si accorge delle proiezioni e ne elabora l’utilità ai fini della comprensione anche se l’incarnato non ne ha consapevolezza.

Luisa

Grazie per la specificazione, era ciò che pensavo anch’io ma non ne ero sicura.

Nadia

Penso ad un fraintendimento, credo infatti sia ovvio a tutti che è come tu affermi.
Catia lo spiega molto bene e il redattore non parla del processo di comprensione ma di consapevolezza che sta alla base di un percorso di conoscenza di Sé.
Penso che lo sguardo sia inizialmente incentrato solo di noi e il puntare il dito ai difetti dell’altro ne è dimostrazione.
In un secondo momento , si acquisisce consapevolezza e si inizia a comprendere che l’altro mi fa da specchio.
Infine, quando lo sguardo si fa ancora più ampio, l’altro da me, si palesa semplicemente per quel che è.
Grazie a tutti per i contributi.

Natascia

Posso tradurre “fare da specchio” con il termine transfert, tanto caro alla psicologia?

salaris

Secondo me sono due cose molto diverse dato che mi sembra che il transfert sia strettamente collegato al legame “emotivo” che si crea tra paziente e analista mentre lo specchio che fa l’altro è una propria proiezione che può anche (ed è molto facile che sia così!) non essere riconosciuto e, quindi, perdere la sua forza dimostrativa per chi si trova di fronte…
Forse, se si vuole fare un accostamento con la psicanalisi, si può riconoscere il “fare da specchio” nel comportamento silenzioso dell’analista nei riguardi del paziente. Ma anche in questo caso l’analogia mi sembra un po’ azzardata.

natascia

Grazie del chiarimento.

Catia Belacchi

Per poter venire a capo di quanto affermato da Georgey, Admin in nota e Salaris nel commento, ho bisogno di partire dalla mia esperienza. Fino a che, attraverso la psicologia del profondo e gli insegnamenti del CI, non ho messo mano al “conosci te stesso” non avevo avuto affatto consapevolezza che gli altri fossero il mio specchio.
Vedevo il comportamento altrui impattare col mio e ne attribuivo all’altro la responsabilità.
Quando ho cominciato a conoscere i miei meccanismi comportamentali, ho potuto, consciamente, prendere consapevolezza delle proiezioni e di altro.
Pertanto il “conosci te stesso” porta chiarezza sulle motivazioni dei propri comportamenti che poi la Coscienza traduce in comprensioni.
Ciò non toglie che la Coscienza apprende anche attraverso le proiezioni ed altri dati inconsci come ad esempio le informazioni sensoriali che le giungono da individui coi corpi inferiori compromessi, altrimenti dovremmo dire che la loro vita è senza apprendimento.
Mi vien da ribadire, pertanto che la coscienza usa due modi per apprendere: uno conscio ed uno inconscio.

Luca

Grazie

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