Al medico può presentarsi questo problema: qual è il limite oltre il quale è bene non andare nella terapia di un sintomo? Questa è una domanda a cui è difficile dare una risposta, anche perché non è possibile generalizzare.
Direi che dipende non tanto dal paziente, quanto dalla sensibilità del medico di rendersi conto di cosa è meglio per il paziente.
Quando vi sono casi in cui certi dolori del paziente sono ben sopportati, alla fin fine, possono servire veramente a comprendere; vi sono altri casi in cui, invece, il dolore è tale per cui il paziente ne resta sopraffatto e quindi non può trarre nessun beneficio, almeno finché il dolore resta a quei livelli; ecco quindi che è giustissimo, allora, intervenire a livello medico.
D’altra parte, il medico fa il medico per guarire e per curare e non può porsi neppure la domanda: “Questa persona la guarisco, quest’altra no perché penso che…”; diventerebbe veramente difficile gestire il proprio essere medici in questa maniera.
Quindi il medico non può fare altro che cercare di curare tutto ciò che può curare.
D – Scusa… il medico in realtà, non cura niente! Il medico elimina i sintomi.
D – Non diciamo stupidaggini! Stavo proprio dicendo che parte integrante della professione del medico è interessarsi della totalità del suo paziente; e quindi cercare – se lui ha dei problemi – di risolverglieli: altro che storie!
D – Tu puoi aiutare… ma solo l’individuo può eliminare le cause che gli hanno fatto manifestare una malattia.
D – Ma molte volte la comprensione aiuta la terapia anche dei sintomi ed aiuta anche le malattie a guarire meglio.
Purtroppo spesso non è offerta al medico la possibilità di comprendere l’ammalato…
D – Ma è l’ammalato che deve comprendere se stesso!
L’ammalato va dal medico perché ha bisogno d’aiuto; s’aspetta di essere aiutato! E’ un modo per comprendere e, se non volesse comprendere, non andrebbe neanche dal medico…
D – Cercherebbe di risolvere la malattia da solo…
No, proprio non la risolverebbe; si rotolerebbe nel suo vittimismo, ben contento di avere un modo per far vedere come sta male di fronte agli altri e quindi attirare l’attenzione degli altri. Nel momento in cui l’individuo va dal medico, è perché sente che è ora di uscire da una situazione che lo sta disturbando; e che lui è pronto per uscirne, in realtà.
E poi pensa, caro, una piccola cosa: potrebbe anche essere, semplicemente, che l’individuo deve comprendere che deve saper chiedere aiuto agli altri…
D – Forse è una questione legata alla mia personalità, alla mia esperienza personale: nel momento che avevo dei disturbi, dei problemi, non mi sono sognato di andare da un dottore a dire “Dammi una cura”, per il fatto, appunto, che sapevo che dovevo sbrigarmela per conto mio, perché la causa che mi aveva procurato questa disfunzione, questa malattia, era da ricercare dentro me stesso.
Forse è un po’ semplicistico…
D – Alcuni, che muoiono di polmonite, fanno lo stesso ragionamento…
D – E’ chiaro: non era un sintomo talmente psicosomatizzato da procurarmi una malattia di questo genere! Avevo dei disturbi, stavo male… alla pancia, non riuscivo a dormire, ecco: più sintomi psicologici che malattie.
Comunque… D’accordo: psicosomatismo al 90%, al 99% o al 100%; va bene questo discorso. Però, non dimenticate che esiste una realtà esterna a voi, che agisce – o cerca di agire – su di voi.
Senza dubbio voi potete essere considerati psicosomatici sempre, quando permettete che essa agisca. D’accordo?
Tuttavia esistono dei virus, esistono delle cause esterne, che possono essere sconfitte. Se poi veramente questa debolezza, per esempio, nei confronti dei virus potesse essere psicosomatica, allora, senza dubbio, l’individuo troverà un altro modo per far uscire il suo psicosomatismo; che può essere semplicemente una momentanea poca capacità di difesa, da parte dell’organismo.
Voi sapete che consumare molte energie provoca degli squilibri, ad esempio; sapete che non sempre i chakra sono equilibrati nell’emettere o nell’assorbire energie; ecco che questo provoca – o può provocare – nel corpo fisico dell’individuo degli scompensi e, quindi una minore reattività nei confronti di ciò che cerca, dall’esterno, di incidere sul fisico.
D – Allora non solo a livello di virus, ma anche di situazioni ambientali, professionali…
D – Scusa, Scifo, posso chiederti un esempio molto pratico di una cosa che mi è capitata? Io ho avuto male ad una spalla, una male tremendo, fortissimo, non si muoveva più…
Dovevi prendere l’autobus?!
D – Io non prendo autobus, però, era un sintomo che non volevo fare qualche cosa, da fare con le braccia insomma; era un sintomo per quello?
Ma, magari, se ti coprissi un po’ di più, qualche volta, certi sintomi non li avresti…
D – Allora, io sono andata in ospedale, ma il dottore del pronto soccorso mi ha fatto la pranoterapia; e in due volte sono guarita perfettamente. Che vuol dire?
Che avevi voglia di stare meglio!
D – Allora il discorso era funzionale al fatto di aver preso freddo? O è psicosomatismo anche il fatto di prendere freddo?
Bisogna vedere per quale motivo ti volevi punire prendendo freddo!
D – Ho capito… grazie.
Sto facendo in poche parole, lo psicanalista: in quanto è possibile spiegare tutto con tutto, specialmente per quello che riguarda la psicoanalisi… voi, nei discorsi che avete fatto oggi, comunque, avete già parlato di ciò di cui volevo parlare io; quindi me la caverò velocemente, in quanto avete parlato della condensazione, come meccanismo dell’individuo.
Vi ricordate quando ne avete parlato, creature, o siete così inconsapevoli che non ve ne siete neppure resi conto?
Cosa ne sa il mio “antagonista”? Ne hai parlato proprio tu se non sbaglio…
D – Io non lo so… sono inconsapevole!
Dunque, cos’è la condensazione… vediamo… Francesco (una entità, ndr)? Una bella definizione di condensazione
D – Per quel che mi ricordo, è un meccanismo onirico, attraverso il quale più elementi e pensieri onirici vengono condensati in un’unica immagine onirica…
Va bene. Direi che è abbastanza giusto. Ed è quello che esattamente avete detto oggi, quando avete detto che più sintomi si condensano sullo stesso organo bersaglio, no?
Un altro dei meccanismi tipici dell’inconscio è lo spostamento, e di questo ne abbiamo parlato a iosa, mi sembra, creature, quando parlavamo appunto del sintomo, che non si manifesta attraverso un determinato organo, ma finisce su un organo diverso: quindi si sposta da un organo all’altro.
Un altro meccanismo può essere la repressione… dica qualcosa Francesco, visto che è così bravo.
D – La repressione è un meccanismo di inibizione di un sintomo, per esempio, di un pensiero, di un’emozione; tentativo di eliminarli dalla coscienza. Bisogna vedere a che cosa ci si riferisce: se ci riferisce a un sintomo, tentativo di eliminare un sintomo; se ci riferisce ad un pensiero, tentativo di eliminare dalla coscienza, dalla consapevolezza questo pensiero…
E la rimozione?
D – La rimozione è un meccanismo inconsapevole: l’individuo non se ne rende conto e tenta di non far arrivare alla consapevolezza quello che lo disturba…
Quindi rimozione e repressione sono in realtà due meccanismi essenziali per la nascita degli psicosomatismi, in quanto ciò che voi avete interiormente e non riuscite a comprendere, si manifesta attraverso uno psicosomatismo, proprio perché, senza rendervene conto, cercate di reprimere e di rimuovere ciò che esso vuole sottoporre alla vostra attenzione, alla vostra comprensione.
Questo, perché? Perché, molto probabilmente, il vostro Io, se si accorgesse di questi elementi, di questi fattori, si renderebbe conto che non è poi quella gran creatura che si crede di essere. Vedete quindi, per quello che riguarda questi meccanismi – senza entrare poi nel merito di tutti i meccanismi, più o meno grandi, più o meno piccoli, citati dal nostro buon Freud – che essi possono essere abbastanza importanti per comprendere ciò che avviene allorché si parla di psicosomatismo.
Rendiamo quindi merito al buon Sigmund, per avere, una volta per tutte, indicato, censito questi meccanismi.
Qualcosa da chiedere, su questo argomento?
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D – Volevo chiederti: non necessariamente un sintomo psicosomatico è visibile nel fisico, anche se mi sembra una contraddizione in termini; una persona non è che necessariamente somatizza nel dolore vero e proprio in un organo, in un arto eccetera; però può manifestarsi anche a livello più psichico, cioè confusionale, alterazione di qualche tipo. Soprattutto il discorso della rimozione: voler rimuovere una causa, perché l’Io preferisce non sentirla chiaramente, ma la vuole nascondere, non si può manifestare anche con altre cose meno evidenti del mal di denti o del dolore in un posto o nell’altro?
Beh, quelli non è detto che siano sintomi, sono effetti di quanto sta accadendo.
D – Non diventa più psicosomatismo, diventa solo disturbo psichico, allora?
Psicosomatismo sottintende una sofferenza fisiologica…
D – E gli attacchi di panico, cosa possono essere?
Gli attacchi di panico sono certamente dei sintomi, provenienti da quell’organo bersaglio che è il cervello.
D – Cosa possono farti capire, se tu sei spaventata e non riesci neanche a vivere?
Intanto, analizzando la tua paura, puoi vedere in che direzione sei spaventata; cos’è che ti spaventa…
D – Scusa, Scifo… è stato spiegato quell’1% che non è psicosomatico?
E’ stato spiegato, sì! Lo leggerai da qualche parte…
D – E’ quello legato alle varianti?
Sì.
D – Da qualche parte, in un libro, ho letto che l’uomo può progredire, nel suo cammino umano, solo attraverso la sofferenza (mi sembra di avere capito). Può progredire nello stesso modo – ed anche di più – con un vivere sereno, in armonia con le altre persone?
La sofferenza – noi lo diciamo sempre – è l’ultima arma che ha l’Assoluto per indurre alla comprensione, per costringere l’individuo ad incamminarsi verso la comprensione.
Non è strettamente necessario e indispensabile soffrire: l’individuo può vivere la sua vita tranquilla, più o meno serena (certamente tutti, sempre e comunque, avranno dei problemi), però senza grosse sofferenze, senza grossi traumi, tuttavia, avanzare e comprendere lo stesso. Non vi è, dunque – ripeto – nessuna necessità della sofferenza.
Nessuno però mi ha fatto una domanda, che secondo me avrebbe potuto avere importanti sviluppi e che vi lascio prima di salutarvi. Abbiamo parlato di questo povero psicosomatismo in termini negativi; ma esiste lo psicosomatismo positivo (lo so che non vi interessa, perché preferite soffrire!)?
Visto che abbiamo una specie di teoria, l’altra faccia della medaglia esiste?
Esiste uno psicosomatismo – ripeto – positivo, un sintomo di felicità, di gioia, di allegria, di spensieratezza, di buon umore, di amore e via e via e via?
D – Certo… sì… certo…
Rispondere “certo” è troppo facile: motivatelo per la prossima volta. Scifo
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Il post dà ulteriori elementi per comprendere gli psicosomatismi.
Come sempre, grazie a Scifo e a chi lavora per pubblicare i post.
Interessante. Rimanda al conosci te stesso come possibilità di guarigione o prevenzione. Ne ero conoscenza, ma qui mi si sono chiariti alcuni aspetti.
Un approfondimento degli psicomatismi che getta una nuova luce sulla possibilità di indagare su se stessi.
Da rileggere e interiorizzare.
Grazie.
Argomento complesso, numerosi spunti chiarificatori. Grazie
La Metamedicina mi pare che possa dare degli ottimi spunti di riflessioni sulla lettura simbolica del sintomo e quindi anche un aiuto nel risolverlo . Chiaro che la Medicina occidentale per come è strutturata presenta lacune pazzesche e sarebbe auspicabile da parte del Medico che prende in cura un paziente , in buona capacità di vedere nell’insieme l’individuo e la sua storia .
Io riporto il caso di una mia amica: per 7 anni di matrimonio no riusciva ad avere figli, hanno fatto entrambi tutti gli accertamenti e non c’era nulla di anormale. Poi all’improvviso senza l’aiuto di nessun tipo di cure mediche è rimasta gravida. Dalla prima ecografia si è visto che i bambini erano 3 in 3 sacche distinte. Il ginecologo ha poi così commentato: il suo inconscio sapeva che avrebbe affrontato una gravidanza difficile e si è presa tempo finché lei non si sentisse pronta ad affrontare l’evento.
Ha partorito al 9 mese con grande gioia e serenità! Oa è nonna e orgogliosissima dei suoi tre meravigliosi figli!
Questo può essere un esempio di psicosomatico che porta alla gioia e all’amore
Nessuna novità ma tanto ancora da ruminare…
Dopo tutti questi incontri sugli psicosomatismi sto riuscendo a capirci qualcosa e il mio disturbo psicosomatico è sparito
Non bisogna mai abbassare la guardia,
Anche a me rimanda al conosci te stesso, per una vita migliore.