L’argomento della “scelta” è qualcosa che riguarda tutti quanti, costantemente, nell’arco di tutte le vostre esistenze; è qualche cosa di importante che deve essere necessariamente sentito, avvertito da ogni individuo nel corso della sua esistenza.
Vorrei, quindi, brevemente mettere qualche punto fermo.
Uno dei punti principali da tener presente è che, comunque sia, qualsiasi scelta voi facciate, in realtà si tratta, in misura maggiore o minore, di una scelta egoistica.
Immagino che non tutti sarete d’accordo su questa mia affermazione; d’altra parte, però, tenete presente che quando voi vi trovate di fronte una possibilità di scelta, quali sono i criteri che usate per scegliere?
Quello che vi porta meno sofferenza, o quello che vi dà un aiuto pratico, materiale, o quello che vi indirizza verso un’apertura futura della vostra esistenza; insomma la scelta in realtà è mirata, finalizzata ad ottenere qualcosa per voi stessi e, quindi, strettamente egoistica.
Allora, visto che sappiamo che in partenza la scelta è egoistica, cos’è che c’è di importante nello scegliere, qual è la prospettiva in cui osservare la propria scelta per trarre il maggior utile dalle scelte che uno compie?
E’ ovvio che, per quello che riguarda la coscienza individuale, all’interno della scelta è compresa l’intenzione con cui l’individuo compie la scelta, ma non l’intenzione cosciente, bensì l’intenzione più profonda, quella che riporta alla coscienza dell’individuo; siccome, però, molto spesso l’individuo incarnato non riesce a comprendere la sua vera intenzione, ma si ferma a quelle più vicine, a quelle più facilmente raggiungibili, è difficile che possa essere importante – per te, uomo incarnato – osservare la tua scelta e tener conto della tua intenzione, in quanto difficilmente puoi essere sicuro che l’intenzione che tu individui sia quella reale e vera che sorge dalla parte più interna di te stesso.
Per rispondere alla nostra amica, che non era d’accordo sulla mia definizione di “scelta” come sempre partecipante all’egoismo dell’individuo, io posso dire che anche la scelta altruistica – apparentemente altruistica – ha sempre una connotazione egoistica.
Pensate, ad esempio: “Ho scelto la tal cosa perché la mia compagna, o il mio compagno, in questa maniera sarebbero stati più felici“. Questa, apparentemente – voi direste subito – è una scelta altruistica”.
Secondo me non è una scelta altruistica. Nella maggioranza dei casi, si fa una scelta di questo tipo non tanto per far felice l’altra persona, quanto perché rendere felice l’altra persona porta dei benefici al rapporto e si riceve qualcosa in cambio.
Allora: cos’è che c’è d’importante, da tener presente nell’osservare le proprie scelte se non è l’intenzione, dal momento che quella profonda è così difficile da raggiungere?
La scelta, se ci pensate bene, non è altro che l’esame finale di quello che voi state facendo. Nel corso della vostra vita vi trovate a dover scegliere di fronte a situazioni che in qualche maniera si sono smosse e che dovete affrontare o, al limite, anche non affrontare, ma comunque vi trovate di fronte ad una scelta.
Quello che è importante, nel trovarsi in questa situazione, non è il risultato finale della vostra scelta, non è la proiezione all’esterno della vostra scelta, ma comprendere – osservando la vostra scelta – quali sono i motivi che vi hanno fatto scegliere.
Voi, invece, giustamente – poiché vivete sul piano fisico – date una gradazione emotiva o morale, o un giudizio per le vostre scelte in base ai risultati conseguiti; secondo il nostro punto di vista – che non tiene conto del punto di vista umano, e quindi dei condizionamenti dovuti all’ambiente, alla società – quello che è importante non è il risultato della scelta ma l’insieme delle cose che l’individuo può comprendere attraverso la scelta che fa.
Certamente, ogni scelta che compie l’individuo nel tempo ha una gradazione egoistica diversa; questo è ovvio, no? Questa gradazione egoistica – sempre ovviamente – è strettamente collegata anche all’evoluzione dell’individuo: più è bassa l’evoluzione dell’individuo, più la scelta sarà smaccatamente egoistica; più avanti sarà l’individuo nell’evoluzione, più la scelta avrà delle sfumature altruistiche.
Ciò non toglie che anche la persona più evoluta all’interno del piano fisico, nell’operare le sue scelte avrà sempre una componente egoistica.
E questo, perché? Per la semplice ragione che, finché l’individuo è incarnato, non può in nessun modo prescindere dal fatto di possedere un “Io”.
L’Io è una parte integrante dell’individuo, è un fantasma che non esiste e che pure in qualche modo influenza il comportamento dell’individuo; è qualcosa che l’individuo non crea a suo piacimento, ma che viene creato dalla sua conformazione, dalle sue comprensioni e dalle sue incomprensioni; è un meccanismo, non se ne può fare a meno; è strettamente necessario all’esistenza dell’individuo stesso sul piano fisico; è strettamente necessario (questo meccanismo) per aiutare l’individuo a raggiungere comprensione e, quindi, evoluzione.
Il fatto stesso che l’individuo sia portato a incarnarsi e reincarnarsi più volte all’interno del piano fisico è giustificato dal fatto che esiste questo “Io” che, un po’ alla volta, continua a crearsi per i bisogni provenienti dalla sua coscienza.
Pensate a uno dei più famosi insegnamenti : “Restate nel qui e ora”, cosa significa questo “qui e ora”?
Essere nel “qui e ora” significa vivere l’attimo, vivere il presente, significa non dare importanza a quello che c’è stato prima né a quello che ci sarà dopo, ma osservare il momento che state vivendo per comprendere che cosa “quel momento” vi aiuta a comprendere.
Ecco, quindi, che i presupposti sono importanti soltanto perché vi hanno portato a quel punto; e quello che succederà in futuro sarà importante soltanto perché dimostrerà quello che avete capito mettendolo in pratica nella vita che state conducendo.
Quello che è veramente importante è quello che vivete “in quel momento”, che sentite “in quel momento”, che recepite “in quel momento”; non dico “quello che pensate” perché, senno, tutti vi fermereste a livello mentale, mentre io sto parlando di qualche cosa che va al di là del livello mentale.
Molto spesso la paura di quello che può succedere dopo, il giudizio che può essere dato su di te, la figura che puoi fare, o anche l’aver fatto male a qualche persona inavvertitamente bloccano, o condizionano le scelte individuali, e scegliere non è mai uno scegliere tra il bianco e il nero, ma vi è tutta una gradazione di sfumature, ed ogni sfumatura dà un’analoga sfumatura di comprensione.
Non si può connotare una scelta come giusta o sbagliata: se osservate la scelta dal punto di vista della vostra vita all’interno del piano fisico, allora si può dare una connotazione di “giusto” o “sbagliato” in base alle conseguenze di quello che porterà una determinata azione ma, dal punto di vista della coscienza, la scelta “giusta” o “sbagliata” o la “non scelta” sono tutte e tre giuste perché portano una possibilità di comprensione al corpo akasico. […]
Un altro elemento della “scelta” è la responsabilità. Voi siete abituati, le responsabilità, a distribuirle graziosamente all’esterno di voi, no? “Se lui non mi rispondeva a quel modo io non avrei reagito così”..
In realtà, la scelta è così difficile perché vi mette davanti alle vostre responsabilità.
Ogni scelta comporta l’assunzione da parte vostra di una responsabilità personale. Lo stesso tentativo di non scegliere, in realtà comporta una vostra responsabilità in quello che accade, e ricordate che quando noi vi diciamo che non siete soli ma che avete bisogno degli altri come gli altri hanno bisogno di voi, questo significa che ogni cosa che fate rientra nella vostra responsabilità non tanto e soltanto per ciò che attiene a voi, ma anche per le conseguenze che ogni vostra azione ha su tutti coloro che vengono a contatto con le vostre scelte.
Certo, se voi, nel momento in cui vi trovate a dover scegliere vi metteste a fare questi ragionamenti, non scegliereste mai! Vero? “Questo non lo posso fare perché sennò la tal persona soffrirebbe, e poi me la farebbe magari anche pagare”, “Questo no, non va bene, perché sai che figura farei”, e via e via e continuereste a essere come degli asini di Buridano, senza essere capaci di scegliere tra le vie da percorrere.
Ecco, così, che vi viene in aiuto solitamente quello che è l’egoismo; perché voi l’egoismo lo vedete soltanto dal punto di vista negativo, ma ricordate che, se esiste, come ogni cosa non è mai del tutto negativa, ma vi è anche qualcosa di positivo e l’egoismo è quello che vi induce, comunque sia, a scegliere mettendo da parte quello che accade agli altri.
Attenzione, però: questo è valido per le persone normali, per le persone che non si pongono problemi su sé stesse, sulla propria interiorità. Per tutti voi che avete scelto di seguire la strada che va all’interno di voi stessi e non solo all’esterno di voi stessi, questo comporta che avete una maggiore responsabilità nell’osservare le vostre scelte; questo comporta che ai vostri stessi occhi voi siete responsabili delle scelte giuste o sbagliate che fate; questo significa ancora – e ricordatelo, creature – che i peggiori giudici di voi stessi, alla fine, sarete voi stessi in persona. Scifo
(Le frasi in grassetto sono evidenziate dal redattore)
Grazie.
Alcune cose sono, credo, dei punti fermi: la scelta fino a che siamo incarnati non è del tutto pura (una parte per quanto piccola di egoismo rimane), come viene sottolineato non esiste una scelta sbagliata perché da tutto si impara, ma il grado di sofferenza può essere diverso; più la coscienza è evoluta e più la responsabilità della scelta è presente, più si riesce a fare uno spazio di vuoto dentro di noi e più si è in grado di disconnettere e vedere l’intenzione profonda.
Con una pratica meditativa quotidiana è più facile coltivare quello spazio.
è vero… solitamente diamo una “gradazione emotiva o morale, o un giudizio per le nostre scelte in base ai risultati conseguiti” e non consideriamo che “l’importante non è il risultato della scelta ma l’insieme delle cose che possiamo comprendere attraverso la scelta che facciamo”
grazie
Argomento scomodo, quello di assunzione di responsabilità. Mi accorgo sempre più quanto sia usuale la modalità di scaricare su altri la responsabilità delle proprie scelte. Forse nella nostra cultura “italiota” questo atteggiamento è ancora più consolidato che da altre parti, certo è che sembra più semplice demandare ad altri quelle che è un preciso diritto/dovere di scelta che compete a ognuno di noi. Solo quando mi rendo protagonista delle mie scelte, posso sperare di apportare un cambiamento ad una situazione che non mi piace. Finché rimango nell’atteggiamento in cui penso che il cambiamento dipenda dagli altri e, quindi non è una mia responsabilità, non sarò mai artefice della mia vita. Considero questo comportamento molto più egoistico di quanto lo sia fare una scelta che comporti un qualche tornaconto. Non voglio fare moralismi, ma mi convinco sempre più che la capacità di assumersi la responsabilità delle proprie scelte, sia proporzionale al proprio grado di sentire, quindi mano a mano che si procede verso la conoscenza di sé, diventa più difficile dire: “Ho agito così a causa della reazione dell’altro”. Sempre abbiamo la possibilità di scegliere, consapevoli del grado di egoismo che questo comporta.
E’ proprio vero che la strada per la conoscenza di se’ non è affatto piana! Grazie per questo post che dovrò sicuramente rileggere di tanto in tanto.
Grazie.
Letto ora.. Grazie.
“Molto spesso la paura di quello che può succedere dopo, il giudizio che può essere dato su di te, la figura che puoi fare, o anche l’aver fatto male a qualche persona inavvertitamente bloccano, o condizionano le scelte individuali, e scegliere non è mai uno scegliere tra il bianco e il nero, ma vi è tutta una gradazione di sfumature, ed ogni sfumatura dà un’analoga sfumatura di comprensione.”
Rileggo questo post in un momento in cui devo fare una scelta piuttosto importante.
Sono parole che offrono un valido orientamento e ringrazio.
Nella mia vita ho fatto scelte difficili e a volte mi sorprendo ancora nella tentazione di pronunciare le tipiche parole del rimpianto: “ma chi me l’ha fatto fare!”, ma non posso, non posso più farlo, prendo atto e me ne assumo la responsabilità. In cuor mio so a quali comprensioni mi hanno portato scelte scomode per l’identità e che hanno innescato processi che ancora sono in atto e che porteranno a altre comprensioni.
Il momento della scelta è per me sempre un momento di difficoltà, perché non riesco a scegliere con la logica della convenienza, sto giorni e giorni a soppesare questo e quello e alla fine apparentemente scelgo a caso per sfinimento, ma non è così. In realtà avevo già fatto la mia scelta, ma non ero in grado di riconoscerla e accettarla, questa è la netta impressione che mi rimane alla fine di ogni scelta.
In ogni caso rimango in fiducia e sento sorgere in me proprio in questo momento un senso di gratitudine per le opportunità che la vita mi sta offrendo e una preghiera risuona: sia fatta la tua volontà.