Avete qualcos’altro da contestare? Sto parlando seriamente! Tutto sommato, sentirvi confutare qualcosa che io sembra abbia detto ci fa piacere, anche perché rientra nel discorso che (chissà come mai!) negli ultimi incontri abbiamo ripresentato più di una volta.
Noi non desideriamo essere presi come delle Bibbie, ma vogliamo essere ascoltati, introiettati e poi discussi secondo quello che a voi sembra giusto o meno, e non accettando per oro colato tutto quello che diciamo.
Ricordate che lo abbiamo detto anche ultimamente? Cosa che tendete a non fare, solitamente: tendete spesso a dire: “Ah, se l’ha detto lui o l’altro certamente è vero”, senza tener conto che in questi diciassette e passa anni di insegnamento noi, più di una volta, abbiamo seguito una tecnica particolare, cioè quella di dire appositamente qualcosa di sbagliato per far sì che tutti voi restaste un attimo sull’attenti e foste pronti a verificare quello che avete compreso o che non avete compreso.
Forse c’è ancora qualcuno che ricorderà una famosa seduta sull’Astrologia, portata avanti per tutta la serata, in cui il qui presente Scifo ha detto, una dopo l’altra, delle sciocchezze enormi che sono state accettate tranquillamente soltanto perché le dicevo io, svelando poi l’arcano, chiaramente, a fine seduta.
E’ proprio un metodo di insegnamento, anche questo, uno degli strumenti che a volte usiamo, perché non sono sempre “rose e fiori” seguire quello che noi diciamo e facciamo. Qualche volta programmiamo a lungo termine anche qualche bastonatina per raddrizzare un attimo… non dico le schiene, ma il cammino di tutti voi che faticate qua, al nostro cospetto. Sicuri che non ci sia altro da contestare? Eh, dopo avervi messo questa pulce nell’orecchio, chi è che ha il coraggio di parlare!?
Dunque, il vostro ignorante Scifo – se non vado errato, e non credo – nel corso dell’ultimo incontro, parlando della genetica (che era l’argomento che più ci premeva, rispetto a tutto quello che avete discusso stasera, in realtà) ha attribuito la genetica a un certo Mendeleev e, con tutta la cultura dei presenti, nessuno ha rilevato la cosa, nessuno ha posto l’accento sulla cosa anche soltanto per dire: “Scifo, sei un grande ignorante”.
Questo cosa significa? Può significare tante cose: può significare che siete caduti nella disattenzione mentre parlavo; può significare che magari, chi l’ha rilevato, per amore, per rendere le cose più belle ed evitare qualche critica a noi ha preferito far finta di niente.
C’è chi ha pensato: “Ma magari Scifo comincia, dopo 17 anni, ad essere un po’ stanco e allora fa un po’ di confusione”, e via e via e via e via.
Invece, niente di tutto questo; Scifo l’aveva detto apposta nella speranza che venisse rilevato, sperando per una volta di ricevere le vostre critiche invece di dover essere lui a rivolgere critiche a voi. Ahimè, non è successo.
E’ successo invece che c’è stata una critica – e questo è già qualcosa – su una frase mal interpretata: il discorso delle 80-100 incarnazioni illusorie. Il senso della mia risposta era semplicemente che l’individualità, l’individuo, compiendo le sue esperienze, facendo la sua vita, si illude di poter vivere 80 o 100 vite, o meglio: pensa che con un certo comportamento, sforzandosi di comprendere, acceleri la propria evoluzione.
In realtà è un’illusione perché questo non può essere: il numero di vite che un individuo vive è quello e non può essere che quello, nessuno può finire prima, nessuno può finire dopo, ma finisce perfettamente in sincronia con quelle che sono le sue necessità, le sue spinte che motivano e condizionano tutta la sua evoluzione. Hai capito, mia carissima e tormentata ragazza?
D – E allora il sedersi?
Il sedersi… cosa?
D – Cioè, se tanto c’è già tutto, io sto lì seduta…
Ma tu pensi davvero di poter restare seduta?
D – Ma no, certo.
Tu puoi dire: “Io sto lì seduta”, ma bisogna poi vedere se puoi star seduta.
D – Senti, ma allora questo continuo vostro dire “conosci te stesso” che mi tormenta da sempre, a cosa serve?
Ma serve, cara, a portare a termine le vostre incarnazioni. Voi “dovete” fare quel cammino, voi “dovete” arrivare a conoscere voi stessi perché “dovete” arrivare a compiere – che so io: come diceva qualcuno – 93 vite. Voi quelle 93 vite dovete viverle, abbiamo detto, e per viverle dovete conoscere voi stessi. Noi vi ricordiamo, semplicemente, che dovete conoscere voi stessi.
D – Ma uno fa una fatica pazza per conoscere se stesso e non riesce, tra virgolette… è difficilissimo…
Questo non è vero.
D -… e in ultima analisi, per che cosa? Tanto, le 93 vite che devo vivere sono scritte, e io le vivrò comunque.
Però c’è modo e modo di viverle interiormente. Voi continuate a fare confusione, errore di proiezione, di prospettiva, nell’osservare la vostra vita fisica con come la vivete interiormente. E’ diverso il discorso.
Le vite che voi state vivendo, anche se comprendete, continueranno ad essere così come le vivete * .
È il modo però come le vivete interiormente quello che cambia!
Quindi potete vivere una vita di sofferenza, di malattia e via dicendo con serenità, o potete viverla con dolore, con affanno, con tristezza, con disperazione.
La vostra vita sul piano fisico la vivrete allo stesso modo, però interiormente sarà vissuta molto diversamente ed è questo che a noi e voi preme: vivere la vostra vita interiormente nel modo migliore perché è la vostra parte interiore quella che soffre, non è la parte fisica.
D – Cioè, praticamente, vuoi dire che noi ci poniamo di fronte a questa vita che dobbiamo vivere in un modo migliore, così avremo meno sofferenza?
Ma certamente.
D – Ciò non toglie che il tuo cammino è quello, punto e basta.
Senza dubbio, non può essere che così; se no sarebbe un gioco di bussolotti, di dadi, aleatorio; uno tira e quello che succede succede. E se è impossibile pensare che possa accadere per una vita, non può essere possibile pensare che accada per tutte le vite di tutte le persone incarnate. Sarebbe una confusione terribile.
D – Quindi io posso migliorare la qualità del modo in cui mi vivo le situazioni?
Certamente.
D – Cioè sta lì quel famoso libero arbitrio relativo?
Senza dubbio.
D – Però appunto questo non farà sì che certe esperienze io le faccia e altre no? Cioè, quando io l’altra volta ti ho chiesto se il fatto di essere…
Diciamo che se per esperienze intendi gli accadimenti della vita che ne so: lasciare un ragazzo, ad esempio – se tu per esperienza intendi questo, certamente il ragazzo lo lascerai comunque * ; quello che puoi cambiare è il fatto che tu possa più o meno soffrire per aver lasciato il ragazzo.
D – Ma allora, scusa, cos’è che nell’esperienza determina la sofferenza e cosa invece, in altre situazioni, in altri momenti, la stessa esperienza viene vissuta magari con serenità? Ci sono magari delle situazioni che ci hanno procurato un dolore molto molto intenso; cos’è che deve cambiare di fronte a situazioni che magari si verificano ancora nella vita, situazioni simili?
Ma la differenza del modo di vivere un’esperienza, e di soffrirla o meno, dipende dal fatto che tu abbia compreso quello che l’esperienza ti doveva insegnare.
Nel momento in cui tu hai compreso, la stessa esperienza – che ti si può ripresentare – non ti farà più soffrire. Sarà meno difficile per te affrontarla, sarà più facile accettarla e, quindi, passare oltre l’esperienza, passare all’esperienza successiva.
Quindi è la tua condizione interiore che rende sofferente o meno l’esperienza che stai facendo.
D – Solo quella interiore?
Solo quella interiore. Tu pensa a tutte le persone che hanno una gravissima malattia e lo sanno, eppure riescono a sorridere e a vivere gli ultimi giorni della loro vita sorridenti: come è possibile? Soltanto perché hanno compreso qualcosa di interiore che riesce a far sì che loro accettino quell’esperienza con serenità, mentre altri si disperano e magari si suicidano.
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D – E’ anche relativo alla morte? Cioè accettare…
E’ anche relativo alla morte, per quanto possa esserci in tutte le persone, quando si avvicina il momento, la paura dell’ignoto; perché, per quanto voi conosciate, in realtà è sempre l’ignoto quello che voi andate ad affrontare. Vi è sempre la possibilità però di vivere la cosa più o meno serenamente e questo dipende, sempre e comunque, da una condizione interiore, mai da qualcosa di esterno.
[…] Tra le varie contestazioni che potevano esserci in quello che ho detto l’ultima volta, che era tutto nell’ordine del contestabile, vi era il discorso della genetica, che – ripeto – avete sorvolato e invece non dovevate sorvolare, perché dalla genetica si ritornerà poi all’inconscio e dall’inconscio si arriverà a Jung e si continuerà il nostro bel discorso che avevamo incominciato.
E, visto che lo avete sorvolato – oltre a dirvi poi l’altra contestazione che era possibile – vi darò un compito di punizione: visto che vi siete dimostrati tutti così ignoranti in materia, sarà bene che qualcuno di voi faccia una piccola ricerca, in termini semplici, comprensibili a tutti, perché noi cerchiamo di parlare in modo che tutti capiscano – vero, L.? – e senza usare quindi grossi paroloni; una specie di, come si può dire, di abbecedario della genetica, in modo che quando parliamo di qualche cosa tutti quanti noi – visto che stasera è stato lamentato anche questo – usiamo gli stessi termini, lo stesso modo di parlare.
D – Scusami Scifo, la ricerca dovrà essere fatta in base a quello che avete detto voi, o su libri, enciclopedie, ecc.?
Basta poi, alla fin fine, parlare un pochino di… Mendeleev e delle teorie un pochino più moderne. Non preoccuparti di quelle modernissime perché stanno dicendo quello che sto dicendo io, e quindi mi stanno copiando.
D – Non per dare una giustificazione, ma non sono riuscita ad ottenere una cassetta udibile (dell’ultima seduta di insegnamento); sono diventata matta e quindi, non sapendo niente perché onestamente sono ignorante, molto, non sapendo niente di Mendel, mi sarà sfuggito questo nome e, anche se l’avessi sentito, non capivo neanche che cos’era. È per quello che ti chiedo su che cosa devo cercare.
Certo, ma la critica, l’appunto, era rivolto più che altro a quelli che “potevano” avere percepito la cosa e che non l’hanno percepita, e sarebbe giusto che capissero perché non l’hanno percepita, perché hanno preferito far finta di non percepirla.
Anche perché, se per una casualità questa cosa fosse stata scritta sul Bollettino, sarebbe andata in mano, all’esterno, a persone che magari leggevano soltanto quel fascicolo, avrebbero letto quello svarione di Scifo e naturalmente avrebbero bollato l’intero Cerchio come cosa da mettere da parte.
Quindi, quando noi vi diciamo di stare attenti, di criticare, è anche perché avete la responsabilità di far sì che le cose vengano comprese bene perché poi vanno in mano all’esterno; e se voi non fate le domande giuste noi non possiamo dare le risposte giuste, e se le domande vengono troppo lunghe o incomprensibili, chi legge non comprende, e via e via e via, perché non siete responsabili solo di voi stessi ma anche di come finisce che noi, attraverso le pagine che vengono pubblicate, ci presentiamo agli altri. Giusto?
Eh, questa oggi non ve l’aspettavate! D’altra parte, ripeto, era programmata, anche perché è per questo motivo che è stata messa una seduta d’insegnamento in più.
Anche questo è insegnamento (sapete che noi insegniamo anche con l’esempio, non soltanto con le parole) e ci dispiaceva togliere una seduta d’insegnamento vera e propria per un insegnamento “Zen” di questo tipo! Scifo
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È la condizione interiore che rende sofferente la esperienza che si sta facendo, afferma Scifo, ma imparare a disconnettere aiuta a non essere in balia della stessa.
Il dubbio sprona la ricerca. Mai adagiarsi. Se anche un disegno esiste, ma dovremmo concordare in cosa si intende per disegno, il conosci te stesso permette di vivere nel divenire con un tasso minore di sofferenza e magari dà l’opportunità di farsi strumento per l’evoluzione altrui.
Abbiamo una responsabilità nei nostri confronti, ma credo, anche verso gli altri, da che ho compreso che l’altro non è disgiunto da me.
Non rinunciare mai all’esercizio della propria facoltà intellettuale; esercitare sempre il dubbio.
Non validare mai niente che non sia passato per la nostra esperienza personale.
Grazie.
Grazie.
Consapevoli di costituire l’Immutabile, di far parte del Grande Disegno, nulla e’ dato modificare al piccolo umano.
L’unica cosa possibile e’ cambiare la propria percezione del Reale: ma questo e’ tutto!
Abbiamo la possibilità di vivere le esperienze più o meno serenamente ,
dipende sempre e comunque dalla condizione interiore.